120 anni fa la nascita di Ignazio Silone
PESCINA – Ricorre quest’anno il 120° anniversario della nascita di Ignazio Silone, essendo lui nato il 1 maggio 1900 a Pescina, paese della Marsica in provincia de L’Aquila.
Il Centro Studi Siloniani di Pescina – ubicato presso l’ex Convento dei Minori Conventuali – organizza – con l’intento di onorare al meglio la ricorrenza – una Tavola Rotonda telematica, perdurando, nell’emergenza che si sta vivendo, la necessità del distanziamento sanitario.
L’incontro è per martedi 2 giugno (Festa della Repubblica italiana) dalle ore 17:30 in diretta streaming sulla piattaforma del Comune di Pescina; il Sindaco Stefano Iulianella, porterà i saluti e darà l’avvio ai lavori che saranno coordinati da Ester Lidia Cicchetti, Presidente del Centro Studi Siloniani.
Il titolo dell’incontro è “Ignazio Silone e l’attualità delle parole-chiave del suo pensiero nel tempo dell’infodemia”. Dunque l’occasione di confronto – seppur a distanza – prende le mosse dalla attualità: la persistente “sacralità antropologica della parola siloniana” si contrappone alla empietà della parola vuota, vacua, inutile e alla gran quantità di informazioni attuali di cui spesso è impossibile rintracciare l’attendibilità (infodemia).
Relatori e parole-chiave andranno di pari passo, ognuno con il suo tema:
SCRITTURA – Liliana Biondi / RELIGIONE – Walter Capezzali / FRATELLANZA – Serena Circenzi / CAFONE – Ester Lidia Cicchetti / LIBERTÀ – Angelo De Nicola / DIGNITÀ – Antonio Gasbarrini / GIUSTIZIA – Diocleziano Giardini / CULTURA – Dante Marianacci / RIVOLUZIONE – Giulio Napoleone / SILENZIO – Maria Nicolai Paynter / VERITÀ – Alberto Vacca; gli ospiti avranno a disposizione 5/7 minuti ciascuno per illustrare la loro esposizione; in caso d’impossibilità tecnica del collegamento ad internet o di sopraggiunti impedimenti, sarà data lettura del testo a cura della giovane Annalisa Costantini.
Le parole-chiave esaminate andranno così a tessere, in trama e ordito, le “principali coordinate creative ed etiche” che hanno guidato pensiero e mano di Silone e rintracciabili in tutte le sue opere sia che si tratti di romanzi, di saggi o di articoli.
Fecondo narratore, giornalista, politico, saggista e drammaturgo, nel quale la coscienza primeggia sulla ideologia, Ignazio Silone ha compiuto, nel corso della sua vita, scelte che lo hanno profondamente segnato come uomo ed hanno inevitabilmente lasciato il segno anche all’interno delle sue numerose opere.
Nel devastante terremoto che colpì la Marsica nel 1915 perderà sua madre e l’ultimo legame con la sua benestante famiglia sarà irrimediabilmente spezzato; resteranno soltanto lui e suo fratello Romolo al quale rimarrà sempre profondamente legato.
Intorno al 1917 entrò nel movimento socialista e iniziò a scrivere per l’”Avanti” e “L’Avanguardia”; nel 1921 collaborò alla fondazione del P.C.I. e fu attivo dirigente della Federazione Giovanile. Ma erano gli anni dell’avvento del fascismo e, dopo l’arresto del fratello, fu costretto – assieme a Gramsci – a fuggire all’estero dove continuò nelle sue attività contro la dittatura italiana. Fu vicino a Palmiro Togliatti, con il quale spesso si recò a Mosca a rappresentare il movimento comunista italiano. Le purghe e le persecuzioni che Stalin mise in atto contro i suoi oppositori però, non incontrarono minimamente l’approvazione di Silone che, per comunicare in maniera chiara ed esplicita il suo dissenso, si allontanò dal movimento comunista aborrendo il carattere dispotico dell’organizzazione internazionale comunista, guidata da Stalin. Si può oggi dire che coerentemente con la giovanile formazione libertaria e cristiana (non va dimenticata infatti, la vicinanza che ebbe – quindicenne – con Don Orione), non poteva, il Nostro, esser dalla parte della violenza né stalinista né fascista e non poteva non schierarsi con i poveri contadini della sua terra, i cafoni, che vivevano in condizioni miserrime: “In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe. Poi vengono i cani delle guardie del principe. Poi, nulla. Poi, ancora nulla. Poi, ancora nulla. Poi vengono i cafoni. E si può dire ch’è finito” – cit. da Fontamara.
Le numerose opere del periodo 1933/1944 furono conosciute in tutto il mondo grazie all’opera di pubblicizzazione che ne facevano gli esuli antifascisti italiani ma erano tenute nell’oblio in Italia. Al termine dell’epopea fascista e della guerra, Silone tornò in Italia all’indomani della Liberazione, entrò nel Partito Socialista e fu alla direzione dell’Avanti. Ma il suo allontanamento dalla ideologia comunista non gli procurò buona critica: ponendosi al sopra delle mere posizioni politiche e partitiche, egli si presentava piuttosto come un superiore punto di riferimento per chi anelasse alla democrazia e alla libertà. Le opere del periodo 1952/1968 proseguono l’opera, avviata con quelle scritte all’estero, di difesa della libertà, dell’affrancamento dalla miseria e dell’emancipazione dallo sfruttamento a favore dei contadini della sua terra, di cui conosceva così bene le sorti.
Tuttavia, il suo scrivere, pur nelle potenti affermazioni e rivendicazioni che va raccomandando non è mai violento o truce ma misurato, contenuto, asciutto fino all’aridità, come ha ben colto il critico letterario Michel David su “Le Monde”: «Silone ha vissuto terremoti geografici, religiosi e ideologici, i quali lo hanno lasciato spogliato come i suoi cafoni. Ma come per essi, l’ironia calma, il silenzio prima delle parole, le parole che non superano mai la cosa da dire, la volontà di comprendere prendendo tempo e senza lasciarsi influenzare da mutamenti superficiali, gli hanno permesso di elaborare un’opera che è una testimonianza morale, ma anche una sorgente di piacere letterario».