Inchiesta Cannabis Terapeutica. La parola ai medici.
AVEZZANO – Prosegue l’approfondimento in tema di canapa. Oggi diamo la parola a due medici esperti, il dottor Felice Spaccavento , anestesista e rianimatore, attivo presso l’Unita’ Operativa Semplice di Fragilita’ e Complessita’ dell’ASL di Bari , referente Macroarea Nord, Sud e Murgia e il dottor Marco Bertolotto Direttore della Struttura Complessa Terapia del Dolore e Cure Palliative presso ASL 2 Liguria. Viviamo oggi in un contesto nel quale sembra si tenda a generalizzare, semplificando e raccogliendo sotto il termine “droga” una varietà di sostanze assai diverse fra loro, usando la tecnica dei due pesi e delle due misure. Sarebbe importante rimarcare, ad esempio, la distinzione fra farmaci oppiacei e farmaci cannabinoidi, che sfugge al lettore disattento. Perché quando non si e’ sufficientemente informati si tende a fare facilmente confusione…
E24 Benvenuto dottor Spaccavento, lei si occupa anche della terapia del dolore, approcciando ad essa anche con cannabis terapeutica. Proviamo a fare un po di chiarezza su alcuni punti. E’ vero che nella terapia del dolore si considerano farmaci di prima scelta gli oppioidi , (perché?) mentre sull’impiego di cannabinoidi si tende a “glissare” (!) , perché? La morfina, ad esempio, che e’ un oppioide, e’ somministrata in ambito ospedaliero, o anche fuori , chiaramente dietro imprescindibile prescrizione medica specialistica, ma non sembra che cio’ produca moti d’animo particolarmente scomposti, nell’opinione pubblica, cosi’ come pure nelle stanze della politica. E’ vero che il profilo di sicurezza dei farmaci cannabinoidi è più alto in termini di possibile assuefazione, cosa che genera una giustificata preoccupazione, rispetto all’uso di oppioidi, ed ancora in termini di possibili effetti collaterali puo’ evidenziare le peculiarità di queste due categorie di farmaci?
Dottor Spaccavento: “Facciamo chiarezza. Sicuramente gli oppiodi sono la terapia più usata per contrastare il dolore, soprattutto il dolore cronico. La terapia dei cannabinoidi è una terapia piuttosto nuova, che ha bisogno intanto di conferme da studi, e soprattutto di una ampia casistica che , ad ora , a differenza degli oppioidi non abbiamo. Si tende a glissare perché molti non conoscono il fitocomplesso e quindi si rivolgono a farmaci che conoscono meglio , quindi , l’auspicio è quello che ci sia più formazione, più studio, e soprattutto più studi statisticamente significativi che permettano di affermare che la cannabis e’ un’arma che si puo’ usare anche contro il dolore” …. “ Il profilo di sicurezza di questi farmaci è un profilo alto, ma anche questi possono dare degli effetti collaterali. Gli oppioidi, ad esempio, possono dare sopore, bradicardia , ipotensione, sudorazione, allucinazioni. Anche la stessa somministrazione di cannabinoidi non e’ esente da possibile comparsa di tachicardia, ipotensione, secchezza delle fauci, vertigini, effetti euforici o di disorientamento. Si tratta tuttavia di effetti che nella maggior parte dei pazienti non si verifica, forse , quello che piu’ si riscontra e’ la secchezza alla bocca , ma si tratta comunque di effetti che possono tranquillamente superarsi”
E24 Stessa e identica domanda al dottor Bertolotto , benvenuto , dottore, ci dica….
Dottor Bertolotto: “La cannabis ha un profilo di sicurezza maggiore rispetto agli oppiodi, ma ad oggi, nei corsi di medicina presso le Università italiane non si studia ancora il sistema cannabinoide e la possibilità di usare la cannabis terapeutica. Molto lavoro di formazione va fatto.”
E24 dottor Spaccavento, il bacino di utenza possibile fruitore di preparati a base di cannabis terapeutica sembra essere in crescita, ecco, a suo avviso , viene data una adeguata risposta alle varie e pressanti esigenze di salute circa l’utilizzo medico di questa preziosa pianta che Natura ci ha dato, il cui uso si perde nella notte dei tempi, in realta’….Siamo diventati cosi’ “moderni” da privarcene? Esiste sufficiente preparazione e formazione da parte della classe medica circa l’uso di questa pianta che, in teoria, al netto di tutto, spogliata del retaggio culturale di cui e’ “vittima” potrebbe/dovrebbe essere considerata un fitoterapico (e niente altro!) , o meglio , un fitocomplesso, in considerazione della compresenza di differenti principi attivi , tali da attribuire peculiari proprieta’ medicamentose, anche a seconda della diversa combinazione all’interno del preparato. Affermare che potrebbe rientrare senza particolari “sconvolgimenti” morali nella naturopatia, e’ forse una eresia? Si tratta di un concetto , quello del fitocomplesso, che si allontana da quello che regola il settore dei farmaci tradizionali, nei quali si tende a mettere l’accento sul singolo principio attivo, e sulle sue potenzialita’ terapeutiche , cosicche’ il farmaco di sintesi, deve, in genere, la sua azione ad una sola molecola . Occorrerebbe maggiore curiosita’ scientifica e mente sgombra da preconcetti , forse?
Dottor Spaccavento: “La cannabis come terapia va prescritta dal medico e non dal naturopata. Si tratta di un fitocomplesso la cui gestione spetta al medico specialista che deve avere avuto un percorso di studi e soprattutto una casistica di pazienti tale da potere gestire in autonomia , non ci si inventa prescrittori di cannabis da un giorno all’altro, su questo credo sia opportuno chiarire . Il fitocomplesso va dato da uno specialista che si e’ adeguatamente formato. Per quanto riguarda i punti importanti per cercare di eliminare questo retaggio culturale occorrono 1) studi clinici standardizzati che possano confermare gli effetti terapeutici del fitocomplesso 2) una formazione adeguata in modo tale che i medici prescrittori crescano in numero — oggi purtroppo bisogna percorrere trecento o quattrocento chilometri per trovare uno specialista — 3)creare una rete di specialisti che si interfaccino per operare in sinergia, in modo tale da crescere , sia in termini di crescita personale che di sviluppo e progressione dal punto di vista clinico nei confronti del paziente che , come ho sempre detto, merita di essere il centro di tutto.” … “La cannabis non puo’ essere considerata un unico principio attivo. In essa sono compresenti centinaia di sostanze che hanno un effetto terapeutico positivo e oltre alle varie molecole cannabinoidi (quali ad esempio TCH , CBD che non sono gli unici cannabinoidi in realta’ ) ci sono una serie di sostanze come i terpeni che insieme danno quell’effetto terapeutico cosiddetto di “entourage” . Cosa vuol dire questo effetto “entourage”? Vuol dire che l’azione terapeutica che si ottiene e’ il risultato dinamico ed armonico di tutte le sostanze contenute all’interno del prodotto, ed il risultato e’ dato, appunto, dall’impatto sinergico di cannabinoidi, terpeni e flavonoidi che si trovano nella pianta di cannabis quando consumati insieme. Cio’ crea un effetto maggiore della combinazione dei loro benefici individuali. Ecco perche’ io preferisco utilizzare tutto il fitocomplesso , e non parti di esso, proprio perche’ l’approccio e la potenza terapeutica e’ diversa . Occorre sicuramente una curiosita’ scientifica , i medici di oggi devono essere sicuramente piu’ curiosi , e non fermarsi davanti al preconcetto. La medicina e’ evoluzione . E’ studio. Oggi, ancora e di piu’ di ieri, questa evoluzione negli studi e’ molto veloce. Il cambiamento non si misura piu’ in anni , ma in mesi, ecco perche’ , in questo scenario in continua evoluzione, dove il progresso avanza celermente, il medico di oggi deve essere un medico curioso, come lo sono io. “
E24 stessa e identica domanda al dottor Bertolotto “ I farmaci oppiodi son prescrivibili non solo dal medico specialista, ma anche dal medico di famiglia. La cannabis, per la legge italiana è prescrivibile da qualsiasi medico che sia iscritto all’ordine dei medici. Alcune regioni hanno deliberato che la cannabis può essere data a spese del sistema sanitario, se prescritta da medici specialisti, indicati nella delibera. Ma va considerato che a pagamento, qualsiasi medico può prescrivere la cannabis.
E24 dottor Bertolotto , lei si occupa anche di malattie neurologiche che comportano spasticita’. Sappiamo che si puo’ approcciare al sintomo neurologico della spasticita’, che puo’ derivare da una infinita’ di patologie , con benzodiazepine , fra le altre possibili opzioni. Ecco fra queste altre possibili opzioni , il ricorso a farmaci cannabinoidi sembra “degradare” spesso al cosiddetto “piano b” come se fosse un ripiego. E’ vero che si giunge sovente all’uso di cannabis terapeutica quando si e’ ormai farmacoresistenti? E’ vero che il profilo di sicurezza dei farmaci cannabinoidi e’ piu’ alto in termini di possibile assuefazione, cosa che genera una giustificata preoccupazione, rispetto all’uso di benzodiazepine, ed ancora in termini di possibili effetti collaterali puo’ evidenziare le peculiarita’ di queste due categorie di farmaci (benzodiazepine / cannabinoidi)?
Dottor Bertolotto: “La legge italiana, in modo scientificamente poco comprensibile, afferma che l’uso della cannabis terapeutica è possibile solo dopo aver sperimentato l’inefficacia dei farmaci tradizionali. Nella spasticità la cannabis è di grandissimo aiuto e i pazienti lo sanno molto bene. È esperienza quotidiana sentire pazienti affetti da spasticità, che affermano di assumere cannabis autoprodotta o comprata al mercato nero per risolvere la spasticità. Purtroppo il problema è dato dalla profonda mancata conoscenza e pregiudizio che c’è intorno al tema cannabis, da parte dei medici, che genera paura e rifiuto. Le benzodiazepine sono farmaci che danno grave assuefazione da cui è difficile liberarsi. La cannabis in confronto con le benzodiazepine è estremamente più sicura e maneggevole, ma va conosciuta e va personalizzato il dosaggio in modo preciso e continuo nel tempo“
E24 Ecco, molti medici sono scettici in quanto si tratta di “droga” , ed in ragione di cio’ andrebbe adoperata con perizia e cautela. In effetti hanno proprio ragione! Esiste forse qualche farmaco che viene somministrato da chi non abbia la preparazione necessaria per poterlo fare? Non e’ certamente la categoria dei farmaci cannabinoidi a dovere fare la differenza. Semmai a deficitare e’ la preparazione necessaria … L’accesso alla cannabis medica e’ un vero e proprio ginepraio. Possiamo affermare , dunque, che l’accesso a cannabis terapeutica e’ molto semplice se prescritto a pagamento, diventando invece decisamente piu’ complicato se a carico del servizio sanitario regionale (e la difficolta’ varia da regione a regione)? Chiaramente quando il paziente ne ha effettivo bisogno, ma non riesce a disporne in regime di convenzione sanitaria, dovendone affrontare un dato costo, il ricorso al mercato nero e’ dietro l’angolo con tutti i rischi del caso….
Dottor Bertolotto: “La legge italiana, da questo punto di vista è chiara: la cannabis terapetuica deve essere distribuita ai pazienti, con le spese a carico dello SSN. Ma viviamo una situazioine in cui ogni regione ha il suo Sistema sanitario regionale, e ciò che è possibile in una regione, non è fattibile in un’altra. Questo è l’assurdo che viviamo, ma non solo nel tema cannabis. In Italia le persone vagano da regione in regione per cercare la qualità della cura e la professionalità dei medici….. Il vero problema è che la politica nazionale, in tema cannabis terapeutica, nasconde la testa sotto la sabbia e non ascolta chi realmente conosce il problema. I consiglieri del Ministro della Salute (ne abbiamo provati di ogni colore e nulla cambia), son persone che non hanno competenza in questa materia, e spesso sono condizionati da pregiudizi o da interessi legati alle case farmaceutiche. In questo panorama politico è già un miracolo che si riesca a curare i pazienti con l’uso della cannabis terapeutica. Abbiamo più volte sottolineato ai referenti del Ministero Salute, che i dati ufficiali che loro hanno in mano, circa il consumo di cannabis terapeutica, sono sottostimati, perché una grande quantità di pazienti autoproduce la cannabis, o peggio la compra al mercato nero, perché non può comprala in farmacia o perché manca la fornitura ufficiale…. Ma parliamo a sordi, che non vogliono ascoltare: preferiscono fare finta di non sapere piuttosto che affrontare il tema in modo serio e scientifico. “
Nel ringraziare i gentili dottori che ci hanno fornito pillole del loro sapere e della loro esperienza, ci piace chiudere con un proverbio cinese che ci sembra calzare a pennello “Possiamo scegliere quello che vogliamo seminare, ma siamo obbligati a mietere quello che abbiamo piantato” . Ecco auguriamoci che questi “semi di conoscenza” contagino positivamente l’ambiente circostante e che nascano azioni diverse dal mimetizzarsi col malessere piuttosto che cercare di capire come muovere qualcosa che poi come “un gioco del domino” si ripercuota su tutto il clima generale in maniera positiva.