Addio Piana del Fucino! Megaprogetto per far rinascere l’antico Lago. Nella Marsica ritornano i pescatori ed esplode il turismo balneare
Ci risiamo e quel povero Fucino ritorna alla ribalta. Oltre 160 anni sono trascorsi da quando il progetto dell’Imperatore Claudio divenne realtà grazie al Principe di Torlonia che prosciugò il lago omonimo per coltivar patate, tra l’altro ottime.
Clima, flora, fauna, non interessava e tutto andò a remengo per quell’opera maestosa che oggi sarebbe vietatissimo realizzare proprio per i vincoli e gli eventuali danni ambientali. (Nell’immagine di testa una simulazione del lago Fucino come era).
Dopo un secolo e mezzo eccoci al redde rationem. Traendo spunto da un progetto del 2017 del professor Giannini ecco approvato il “Progetto Fucino” per restituire il lago alla sua giusta funzione entro il 2040.
ALLAGARE IL FUCINO?
L’idea ha raccolto molti consensi, soprattutto dal campo ambientalista. Secondo l’opinione di Walter Delle Coste di Wwf Abruzzo Montano il piano per riallagare il Fucino “potrebbe essere un elemento da valutare”. A sostegno del suo pensiero rincara la dose: “Adesso si pompa acqua a una profondità di 300 metri per riempire i canali” e poi prosegue “il problema va affrontato in modo serio, pensando anche all’eccessivo utilizzo dei trattori, accesi ininterrottamente e altamente inquinanti. E un invaso può essere utile anche alla luce delle emergenze incendi”.
Il progetto è avversato dai vari assessori, perché la produzione del Fucino deve essere tutelata, anzi incrementata con nuovi sistemi di irrigazione. Insomma il benessere di pochi prevarrebbe su quello dei molti. La pesca, poi, si è praticamente estinta con tutta la sua cultura e i poveri pescatori convertiti in novelli zappatori.
Non tutti sono a conoscenza che, anticamente, ma manco tanto, il microclima del lago era di tipo mediterraneo. Permetteva la coltivazione di viti e olivi, insomma clima marino tra lupi e orsi.
I BENEFICI DELL’IMPRESA
La miopia politica non vede futuri alternativi che non siano quelli esistenti. L’idea di ripristinare il Fucino nel suo vecchio stato comporterebbe non solo benefici effetti climatici, ma l’avvio di una nuova ricca stagione turistica dove chi non può, ad esempio, recarsi sulle spiagge del litorale, va al lago che, nel caso specifico è grande quasi come un mare.
Sfruttare quello specchio lacustre comporta una occasione unica: godere contemporanemante di più stazioni di balneazione e allo stesso tempo la possibilità di immergersi nel clima montano. Pesca, alberghi, agriturismo, ristoranti e botteghe artigiane.
Per non parlare della produzione agricola locale rinnovata con la disponibilità di una fonte d’irrigazione a portata di mano. Un rilancio dei dintorni della Marsica dove gli escursionisti potranno addentrasi nell’interland e visitare l’intera area geografica. Nell’impresa, inoltre, sono affrontate le emergenze, ambientali, stilata una mappa delle sorgenti. Una considerazione: quanti milioni di euro fruttano cento stanze di un resort a confronto della raccolta di patate e carote?
Ancora superficialità da parte della politica che non vede oltre il proprio naso e non pensa alla salute (impagabile) dei cittadini. Così si cita Telespazio: “dove la mettiamo?” Sostiene la politica. Ma dove le volete mettere quattro parabole? In tutto l’Abruzzo non si riesce a trovare un posto idoneo? Che sarà mai? l’osservatorio di Arecibo!
Tra l’altro, discorrendone, posti simili sono obbiettivi strategici e in caso di un evento bellico sarebbero i primi a saltare in aria con tutto quello che c’è intorno paesi compresi!
LA REALIZZAZIONE
Telespazio a parte, il progetto è affidato ad un pool di architetti, ingegneri ed etologi. I nomi di maggior prestigio mondiale ne apporranno la loro firma.
L’Architetto Renzo Piano si occuperà delle infrastrutture e del contenimento dell’invaso oltre alla realizzazione di un centro culturale e un museo delle arti e tradizioni popolari marsicane, mentre Massimiliano Fuksas realizzerà la struttura riservata al sistema di pompaggio e controllo dei livelli delle acque lacustri. Per il convogliamento degli immissari nel bacino, fiume Liri compreso, è stato stipulato un contratto con la Società Italiana per Condotte D’Acqua Spa.
L’Arpa provvederà al controllo sulla realizzazione dei sistemi di flusso delle acque reflue che, nel progetto vedrà l’allaccio di tutti i comuni limitrofi a un sistema di depurazione di ultima generazione.
I PUNTI SALIENTI DEL TRATTAMENTO DELLE ACQUE
La ristrutturazione idrica necessaria passa per punti ben precisi:
a) La qualità delle acque superficiali
b) Realizzazione reti fognarie in tutti gli agglomerati;
c) Tutela delle acque dai reflui urbani;
d) Trattamento dei reflui per ridurne del 75% fosforo e azoto, all’uscita dagli impianti di depurazione;
e) Controlli sullo scarico e smaltimento delle acque e dei derivati dei trattamenti di depurazione;
Sono idee ben più grandiose del progetto Torlonia che, però, assicureranno altri standard di vita alla popolazione.
L’INCILE (scusate le cifre)
L’incile vedrà un nuovo futuro. Il progetto prevede, infatti, l’inversione dei flussi idrici della preesistente galleria (non chiedetemi le specifiche). Attualmente il sistema principale di condotte ha una sezione costante di 19,611 metri quadrati netti, per una lunghezza di metri 6.301,48 e la pendenza del 2‰ per i primi 250 metri e lo scoscendimento dell’1‰ per i restanti 5.941,48 metri.
La portata “nominale” attuale è di 50 metri cubi d’acqua al secondo; m3/s’’ 49,60 “massima” per secondo (178.560 metri cubi per ogni ora), e m3/s’’ 35÷40 d’esercizio”: una velocità di scorrimento dell’acqua di metri 1,90 per ogni secondo: tutto da invertire e velocizzare. Numeri bassi per una opera d’alto profilo che dovrà riportare un lago tanto vasto alla primaria estensione in poco tempo e con flussi ben più importanti.
Ed ecco comparire il concetto di “rete intelligente”
LA RETE
Arriva una rete idrica evoluta che utilizza sia componenti preesistenti che di ultima generazione, affiancati da un sistema di controllo centralizzato che provvede a un insieme di funzioni:
1. gestione centralizzata della rete;
2. verifica costante della pressione, della portata;
3. verifica della funzionalità dei giunti e delle possibili perdite;
4. localizzazione immediata del danneggiamento e della perdita;
5. programma di manutenzione organizzato in base ai danni riscontrati;
6. controllo delle funzionalità in seguito e durante eventi calamitosi (frane e sisma ad esempio);
7. sicurezza per utenti a rischio;
CERTIFICAZIONI
Pare che una volta tanto ci sia la certificazione dei materiali da adottare. Cito testualmente dal progetto:
“6.4.1 Materiali e tubazioni
Tutte le tubazioni, nonché i pezzi speciali ed ogni genere di apparecchiature e strumenti previsti in progetto devono corrispondere alle norme nazionali vigenti in materia di unificazione (UNI, UNICERAB, UNIPLAST, ecc.) o, in mancanza, ai relativi progetti o proposte.
Tali prescrizioni riguardano la qualità delle materie prime, i metodi di fabbricazione, le dimensioni, le tolleranze, le prove di collaudo, ecc. e pertanto saranno dotate di marchio CE.
Le tubazioni sono accompagnate dal certificato di collaudo 3.1.B come da norma EN 10204, in ottemperanza della circolare ministeriale n. 2136 del 5.5.1966 e del D.M. LL.PP. del 12.12.1985.
L’EVACUAZIONE
Non intendo tediarvi oltre ma, dato il progetto valeva illustrare qualcosa. Ma veniamo al dunque. Hic sunt leones: la gente dove la mettiamo? Le fasi di evacuazione dal vecchio invaso comprenderanno abitazioni, aziende e impianti. Non è la prima volta che scompaiono paesi interi. Precedenti ce ne sono.
Uno per tutti il lago di Resia, situato a 1.498 metri di altitudine in Alto Adige.
È un bacino artificiale nato nel 1950 a causa della costruzione della diga che unì i laghi naturali di Resia, di Curon e di San Valentino alla Muta.
In quell’occasione fu sommerso l’abitato di Curon Venosta. Una curiosità: ancora oggi il campanile del paesino emerge dalle acque. D’inverno, quando le acqueo ghiacciano, è possibile raggiungerlo a piedi.
Sommariamente l’evacuazione dalle zone interessate al sommergimento avverrà per gradi, valutando i valori degli immobili, gli appezzamenti di terreno e l’apporto reddituale da essi generato per le famiglie interessate. Stessa valenza per l’eventuale abbandono di strutture tecniche quali impianti di irrigazione, stalle, silos e via discorrendo. Secondo questo decreto ognuno ritroverà collocazione nelle vicinanze dei luoghi abbandonati, capre e cavoli compresi.
STRUTTURE PUBBLICHE
Per i bisogni della popolazione evacuata saranno ricostruiti o realizzati ex novo edifici “a uso sociale” e pubblico (scuole, uffici, sedi governative, ospedali, caserme, centri direzionali, palestre) nel rispetto dei requisiti di sicurezza e di qualità massimi nel rispetto dei tempi brevi.
PER FINIRE IL VIAGGIO NEL FUTURO
Cosa dire di più? Riavere il lago, oggettivamente, è una gran cosa. Turismo, nuove occasioni lavorative, manifestazioni, attirerebbero visitatori da ogni dove. Paesi interi potrebbero riprendere vita e così un nuovo commercio agricolo con mandorleti, uliveti e vigne ad oggi quasi spariti. Pesca, gite sul lago, villeggianti e bagnanti, altro che patate e carote!
Per qualche minuto credo di avere catturato la vostra attenzione su un progetto mai approvato e che non esiste, spacciandolo per vero. Questo articolo è frutto di fantasia, ma non tutto e non troppo. Vi ho lasciati sgomenti oppure ho fornito un motivo di riflessione? Non me ne vogliate. Un saluto a tutti.