Halloween all’italiana
ROMA – Tutti sono convinti che la notte di Halloween sia una festa americana: sapete la storia di “dolcetto o scherzetto”…. In verità anche questa volta gli italiani sono arrivati primi !
La solennità è antichissima, si chiama Su Mortu Mortu, si svolge in Sardegna ed è una tradizione che, per storia, nulla ha da invidiare alla più famosa festa americana. Siccome non ci facciamo mancare nulla, la festa assume nomi diversi a seconda della zona in cui si celebra: al Sud, “Is panixeddas”, sulla Costa orientale ” Petticocone”, nel nuorese “Su mortu mortu”.
“Pro su ‘ene” e “sas ànimas“ sono le frasi che i bambini sardi rivolgono a chi apre loro la porta durante le giornate di Ognissanti e della commemorazione dei defunti, porgendo i loro sacchetti che, sperano, a fine giornata, di trovare pieni di dolci e spiccioli. Altro che “dolcetto o scherzetto?” (trick or treat?) di statunitense origine, qui lo si fa da duemila anni!
Il fatto di bussare alle porte, trae origine da una sorta di convinzione secondo la quale la “gente di passaggio” quali i bambini, non ancora persone adulte, i viandanti e i pellegrini, hanno la capacità, di interpretare la lingua dei morti e di portarne i messaggi.
Nella tradizione accogliere con gioia quei bambini che chiedono in coro “a nollu dazes su mortu mortu?” (ce lo date un dono per i morti?) e dare e loro papassinos, frutta secca o dolcetti, forse, inconsciamente, scusatemi l’attimo filosofico, rappresenta la speranza che questo cibo sia di conforto alle anime che vagano, solo per poche notti, invisibili sulla terra.
Ma sentite quanto bella è la tradizione nella sua completezza: anche gli adulti festeggiano, ricordando i loro morti e assumendo una cena frugale, raccogliendosi, poi, intorno al camino per raccontare fatti del passato o leggende della zona. La tavola rimane apparecchiata tutta la notte per i defunti. In alcuni paesi anche le credenze sono lasciate aperte perché questi possano nutrirsi… Tutto nasce dalla convinzione ( o speranza) che ogni anno, per il giorno dei morti, i defunti tornino nelle case in cui hanno vissuto per banchettare.
Anche il menu da lasciare ai trapassati ha caratteristiche proprie: maccarrones longos, la pasta lunga condita con il sugo, oppure caffè, biscotti inoltre alcuni effetti personali che possano piacere ai parenti morti: sigarette, tabacco vero e proprio o il bastone da passeggio preferito. Naturalmente non si butta nulla: il giorno dopo la pasta o il caffè sono riscaldati e mangiati per buon auspicio. Una particolarità: per tutta la mattinata successiva non si può passare la scopa e sostare di fronte alle soglie e ai portoni per lasciar libero il passaggio ai morti che tornano nelle proprie tombe.
Oddio non è che la cosa sia, come dire, altruistica; infatti anticamente si era convinti che se i defunti, tornati a casa, non avessero trovato nulla da mangiare, si sarebbero successivamente vendicati, ecco perché la tavola imbandita “pro sas animas”, diventa una cosa un pochino meno romantica.
Manco la zucca è invenzione d’oltre oceano e se, da una parte, ad Halloween c’è Jack O’Lantern, in Sardegna c’è “Sa conca e mortu”.
Naturalmente anche questa non è una “cosetta” da prendere alla leggera, infatti la testa del morto illuminata al suo interno da una candela, esorcizza la morte cambiandogli significato: non è la fine della vita, ma momento di passaggio dalla vita terrena all’aldilà e metteteci una pezza!
Questa faccenda di Halloween contro Su mortu mortu, sta diventando una cosa seria e già si sente dire dai sardi: “Festeggerò halloween quando un americano farà la sfilata di sant’Efisio”
Attenzione: mica solo in Sardegna si usano le zucche per il giorno dei morti e si festeggiano i morti ma anche in Puglia, in Calabria, in Sicilia e in Abruzzo.
Per l’Abruzzo eccoti la festa dell’Halloween di Serramonacesca, in provincia di Pescara dove si narra che nelle nebbiose sere di Ognissanti e di tutti i morti, le anime dei defunti se ne vadano in giro per le vie del paese, fermandosi ad ogni casa chiedendo che venga dato loro qualcosa. Gli abitanti del posto chiamano la festa L’aneme de le Morte (le anime dei morti) ovvero la notte in cui i defunti tornano a casa. In questo periodo i serresi svuotano le zucche scolpendole in sembianze umane e illuminandole con candele. Le “Cocce de morte” (teste di morto, così sono soprannominate le zucche) vengono portate in giro dai ragazzi per le vie del paese bussando alle porte di ogni casa e chiedendo qualcosa in suffragio. Al bussare, il padrone di casa domanda chi è sentendosi rispondere “L’aneme de le morte” (che non vuole essere un insulto) per risposta apre e dona monete, frutta secca e dolci. Qualche volta, in altri paesi, i ragazzi vanno di casa in casa cantando un ritornello
“Ogge è lla feste de tutte li sande:
Facete bbene a st’aneme penande…
Se vvu bbene de core me le facete,
nell’altre monne le retruverete.”
Altro che Halloween, noi questa tradizione la portiamo nel cuore da sempre con tanto amore e rispetto per i nostri cari defunti. Che poi non è manco americana ‘sta cosa, ma una festa irlandese celebrata la sera del 31 ottobre e chiamata Samhain
Termino con una piccola informazione: la parola Halloween è una variante scozzese, di All Hallows’ Eve che tradotto significa “Notte di tutti gli spiriti sacri”.
Un saluto a tutti e… dolcetto o scherzetto?