Un Cioccolatino Storico. “Réquiem aetérnam dona eis, Dómine”. Il 2 novembre nella tradizione abruzzese

AVEZZANO – Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico.

Oggi, 2 novembre, commemoriamo la memoria dei nostri cari defunti. È un giorno triste, ma come ci dice Papa Francesco è anche “un giorno di memoria del passato, un giorno per ricordare coloro che hanno camminato prima di noi, che ci hanno anche accompagnato, ci hanno dato la vita“.

Come in ogni parte d’Italia (e del Mondo) anche in Abruzzo si compiono determinati riti commemorativi dedicato a coloro che non sono più nel mondo dei vivi.

E questi riti sono stati ben descritti dal celebre antropologo Antonio De Nino nel testo “Usi Abruzzesi” (1879).

In foto: Antonio De Nino

Noi di Espressione24 vi proponiamo due paragrafi di tale testo assai interessanti, tra l’altro.

Prima paragrafo:

La veglia della Commemorazione dei morti

“I giovanotti di Sulmona e anche i ragazzi, più dispettosamente tenaci delle costumanze patrie, trascorsa che sia gran parte della notte, si mettono in giro con pallottole di calce fresca o con secchio di calce stemperata e con pennello, e scarabocchiano di bianco tutte le porte di casa per dove passano; e quei scarabocchi battezzano per teschi e scheletri.

Forse la costumanza ricorderà la simbolica morte del sole ma la ragione del simbolo oggi mai non si raccapezza. Quello che è certo si è, che la calce non manca di causticare la vernice delle porte e penetrare anche nei pori del legno; onde poi si rende difficilissima la scancellatura del bianco.

Ecco quindi costretto il Municipio o a vedere perpetuata la sconcia pittura o ad obbligare in qualche modo i proprietarii alla rinnovazione della vernice nelle porte. Dunque, o vilipendio del l’ornato pubblico o lesione dei privati interessi.

Per fortuna l’uso viene scomparendo mercè la raddoppiata vigilanza dei carabinieri e delle guardie municipali. Ricordo che nel 1874, quando appunto, credo per la prima volta, non si verificarono le so lite imbiancature, io non mancai di farne la debita lode alle autorità d’allora, in un giornale della provincia.

Più importuno, ma meno dannoso, è l’uso dei monelli chietini nella stessa ricorrenza. Essi si limitano a picchiare e ripicchiare in tutti i portoni. Recano anche in giro delle zucche vuote con fori che vi rappresentano occhi, naso e bocca di un teschio e con un lumicino dentro. Pongono questi arnesi anche sulle finestre. Ma meno male!”.

Seconda paragrafo:

Tornano i morti

“In quasi tutte le famiglie dei contadini, prima d’andare a letto, si ha cura di ricoprire di cenere i tizzi e le braci che restano nel focolare. Questa operazione si chiama abbelare il fuoco: quasi velarlo. Ma, la vigilia del giorno dei morti, in parecchi paesi, per esempio a Cugnoli, si fa tutto il contrario: si ha cura di non lasciare nessun car bone acceso, nessuna lura o scintilla. Il fuoco è simbolo di vita; e invece deve commemorarsi l’estinzione della vita.

Nella stessa sera, in Piemonte, non si leva dalle mense il resto delle vivande avanzate dalla cena, per farne elemosina la mattina. In Pacentro il rito è più bello. La mensa, nelle famiglie agiate, s’imandisce esclusivamente pei morti. E si crede proprio che le anime dei defunti s’appressino all’imbandita mensa: «Forse per vedere se i vivi si ricordano dei morti?». La mattina poi i cibi si distribuiscono ai poveri. Anche questa è una reminiscenza del convito funebre dei nostri antichi”.

Per concludere dedichiamo una preghiera ed un pensiero ai nostri cari defunti: “L’eterno riposo dona loro, o Signore,e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace”

Un Abbraccio Storico

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