Porte magiche. Da quella di Palmoli in provincia di Chieti le misteriose storie di “passaggi” per altre dimensioni
C’è chi le chiama “Porte Magiche”, altri “Porte Alchemiche”; sta di fatto che in giro per L’Italia se ne trovano diverse: cosa sono? Solitamente sono antichi portoni sui cui stipiti sono incise formule che riguardano la magia, l’alchimia, simboli religiosi oppure tutti e tre. A cosa servano non si sa. Sono portali decifrate le cui iscrizioni si accede ad altre dimensioni? L’autore vuole donare agli iniziati le chiavi per rivelare segreti mai svelati quali la trasmutazione del piombo in oro? Sono bufale d’altri tempi? Chi lo sa.
LA PORTA ALCHEMICA A ROMA
Era il Millecinquecento, ancora non c’erano le botteghe dei cinesi, quando i Savelli (signori di Palombara) acquistarono dei terreni sul colle Esquilino. Quella proprietà fece uno strano giro: fu venduta al duca Alessandro Sforza che, poi, nel 1620 la cedette nuovamente ai Savelli di Palombara. Successivamente, il marchese Massimiliano, appassionato di alchimia, costruì nella villa un laboratorio a cui si lega una curiosa vicenda.
IL PELLEGRINO MISTERIOSO
Leggenda narra che da lui si presentò, proprio a Villa Palombara un pellegrino. Il viaggiatore, che aveva tra le mani un mazzetto d’erba (non pensate male), disse di essere a conoscenza della passione del nobile per l’arte alchemica di produrre l’oro e che intendeva aiutarlo.
Il pellegrino gettò il suo mazzetto d’erba in un crogiolo pieno di Liquore, pregando di non alimentare più il fuoco sotto di esso, quindi chiese al marchese di poter trascorrere la notte del laboratorio per sorvegliare da vicino l’esperimento. Il giorno dopo, il nobile, tornato, trovò la porta chiusa. Sfondata, il pellegrino non c’era più ma, vicino al crogiolo rovesciato in terra, una striscia di color oro che risultò, per l’appunto, essere il nobile metallo. Sul tavolo del laboratorio fu rinvenuta una formula.
IL MARCHESE ALL’OPERA
Il marchese fece scolpire parte dei quella formula sul Portone della Villa e parte su una piccola porta situata in quella che ora è piazza Vittorio. Il testo riportato sul portone recita: VILLAE IANUAM / TRANANDO / RECLUDENS IASON / OBTINET LOCUPLES / VELLUS MEDEAE / 1680 (Oltrepassando la porta della Villa, Giasone scopre e ottiene il ricco vello di Medea, 1680). Secondo lo studioso Gabriele Mino, il Vello d’Oro rappresenterebbe la pergamena su cui era vergata la formula per fabbricare il prezioso metallo e Giasone, il marchese Palombara. Per la cronaca il pellegrino era il noto alchimista Francesco Giuseppe Borri medico ricercatissimo dal Santo Uffizio (nel senso che l’istituzione religiosa lo voleva debitamente torturare e arrostire su una pira). Nottetempo era scappato da Villa Palombara per sfuggire alle grinfie dell’inquisizione.
LA PORTA
Nell’Ottocento la villa fu distrutta, ma l’unica cosa rimasta intatta fu proprio la porta del laboratorio dove il marchese fece incidere le formule alchemiche del Borri. Ancora oggi è in piedi tra due statue del dio egizio Bes, una divinità caratterizzata dalle fattezze di un nano deforme. Purtroppo le due statue non erano coeve alla villa dei Palombara, anzi non centravano nulla ed erano di epoca molto più antica. Furono ritrovate durante alcuni scavi nei pressi della Stazione Termini. Sapete perché sono lì a incorniciare la porta magica? Perchè semplicemente non sapevano dove metterle e quello sembrava il posto migliore. A Roma siam fatti così… .
LE ISCRIZIONI
Vogliamo esaminare anche le altre iscrizioni incise sulla porta? Magari qualcuno riesce ad interpretarne il significato… . Sulla cornice bianca sono scolpiti simboli alchemici tra i quali: un doppio triangolo a forma di stella a sei punte di re Salomone con sovrapposto un cerchio sormontato da una croce. Nella parte alta dello stipite la scritta ebraica “Spirito Divino” che sovrasta un riferimento mitologico a Giasone e alla sua ricerca del Vello D’oro, identificato dagli alchimisti con la pietra filosofale; seguono i simboli dei pianeti. Sul gradino della porta la scritta palindroma “si sedes non is” che letta da destra verso sinistra significa “se non ti siedi procedi”, mentre letta al contrario: “se ti siedi non procedi”. La porta magica, infatti, rappresentava la soglia che gli alchimisti dovevano oltrepassare per accedere ad un livello più alto di conoscenza e di purezza dell’anima.
DI PORTA IN PORTA
Il Marchese di Palombara, un bel giorno, pensò bene di arruolarsi come soldato di ventura nell’esercito francese che all’epoca si trovava di stanza in Abruzzo. Siccome era un membro dello Stato Pontificio, allora avverso ai francesi e da questi avversato, si procurò dei documenti falsi: mal gliene incolse. Scoperto fu imprigionato ma fuggì. Mentre tornava a Roma, il brigante Giulio Pezzola non se lo fece scappare e lo rapì in cambio di un riscatto. Presi i soldi, il bandito se la filò a Pescara portandosi il povero marchese appresso. Ancora una volta il nobile riuscì a fuggire ed eccotelo finalmente a Roma. Curiosamente Abruzzo e Lazio s’incontrano non solo per le vicende del Nobiluomo romano ma per una seconda porta magica.
LA PORTA MAGICA DI PALMOLI
A Palmoli, non tutti lo sanno, esiste un antico portone rivolto nella direzione del sole. Così come a Roma l’antico portale è ritenuto un trattato esoterico. In effetti sulle due ante che lo compongono sono effigiati, con i chiodi che fissano il rivestimento in latta, simboli misteriosi.
Come la porta di Piazza Vittorio nell’Urbe, anche questa ha subito degli spostamenti, anzi pare levitata in alto. A causa degli sbancamenti effettuati per il riassetto urbanistico nel millenovecentosessanta chi la vuole trovare, oggi, deve cercarla a tre metri d’altezza.
GUARDIAMOLA
Tra i simboli raffigurati il Pentalfa pitagorico. Era la rappresentazione dell’Uomo Cosmico che poi ritroveremo nell’Uomo Vitruviano di Leonardo. a Seguire il Fiore Cosmico. I più informati ci dicono che il fiore potrebbe anche nascondere la rappresentazione della Stella di David. In basso, infine, una griglia.
In molti si sono rotti la testa sul significato di quest’ultimo disegno senza raggiungere ad una soluzione condivisa. A mio parere sembra solo ornamentale. Per gli addetti ai lavori è, però, impensabile che sia stato fatto un disegnino su una porta piena di cotanti simboli. E se così fosse…?
Non vi starò a raccontare di come, facendo astrusi calcoli, sulla povera porta si sia giunti alla convinzione che ad essere simboleggiato sia il tetragramma ebraico del nome di “Yahveh”. Il termine, fu coniato da Filone di Alessandria ad indicare le quattro lettere che compongono la forma scritta del termine ebraico usato per indicare il Dio d’Israele: “YHWH”; mancano le vocali perchè, secondo la tradizione ebraica, la frase esatta si pronunciava solo oralmente. Che vi devo dire?
I CALCOLI NELL’ARCHEOLOGIA
Ho una mia teoria sull’uso dei numeri e misure applicati ai reperti storici. Per spiegarla prenderò ad esempio la Piramide di Cheope. Agatarchide di Cnido, scoprì che la base della Grande Piramide era un ottavo di un minuto di grado in lunghezza. Moltiplicando la lunghezza per 8, poi per 60 ed in ultimo per 360, il risultato è quasi uguale alla circonferenza terrestre.
Seguì John Taylor il quale, all’inizio del 1800, capì che dividendo il perimetro della Piramide per il doppio dell’altezza si otteneva un valore molto simile al pi-greco. Tramite questa scoperta Taylor calcolò il rapporto tra l’altezza ed il perimetro come uguale al rapporto tra il raggio polare terrestre e la sua circonferenza: 2 pi-greco.
ANCORA CALCOLI
E ancora uno scozzese di nome Charles Piazzi Smith calcolò il “pollice piramidale” come 1/25 di cubito che era una misura usata dai greci e romani corrispondente alla distanza dal gomito alla punta delle dita (insomma s’andava un po’ a “spanna”). Nel 1864 Smith se ne andò in Egitto per far conti sulla Piramide. Il perimetro, in pollici piramidali, corrispondeva esattamente a 1000 volte 365.2 (il numero di giorni dell’anno solare) non solo, a suo dire la Piramide rivelava anche la distanza tra il Sole e la Terra se si moltiplicava la sua altezza in pollici per 10 alla nona potenza (10 a 9 era il rapporto tra l’altezza e la larghezza della Piramide).
Calcoli da mal di testa ma volendo moltiplicare, dividere, sommare o sottrarre numeri si ottiene qualsiasi cosa da qualsiasi antichità. A questo proposito, per suffragare questa tesi, è famoso il paradosso di un architetto il quale sostenne che, facendo opportuni calcoli sulle misure del Parlamento inglese e del Big Ben si potesse ottenere il peso medio di una sardina… . Chissà se l’autore delle iscrizioni della porta di Palmoli avesse realmente avuto avuto intenzione di disegnare quei simboli avendo conoscenza del loro significato esoterico. Magari aveva fatto tutto quell’ambaradàm solo per abbellire quell’uscio.
PORTALE DELLO ZODIACO
Poteva mancare Torino, quella che è definita la città magica per eccellenza? Ogni volta che in Italia si parla di arti occulte eccoti il sabaudo comune.
A Sant’Ambrogio di Torino c’è la Sacra di San Michele, una abbazia che ospita la così detta “Porta dello Zodiaco” e corrisponde perfettamente alla descrizione dettagliata fatta da Adso da Melk, personaggio del romanzo “Il nome della rosa”, della suggestiva abbazia teatro dei fatti narrati. Umberto Eco si ispirò, infatti, proprio alla costruzione che domina la cima del monte Pirchiriano, 60 km da Torino
Lo scalone dei Morti
Per raggiungere la Porta dello Zodiaco alla Sacra di San Michele, bisogna salire 243 scalini. Già dalla scalinata si ravvisano significati nascosti e qui ci risiamo con i numeri. Pronti a far calcoli? Si? Carta penna e calamaio: secondo la cabalistica, per ottenere il significato di un numero superiore a 22 si sommano le sue cifre fino ad ottenere un numero compreso tra 1 e 22.
IL NUMERO SACRO
Fatto? Dalla somma delle cifre che compongono il numero dei gradini (243) si arriva al numero 9, cioè il prodotto di tre moltiplicato per se stesso. Per gli antichi “Omne trinum est perfectum” cioè tre e multipli sono considerati numeri sacri. Nella religione cristiana il numero rappresenta il creatore “uno e trino”. Riguardo al gaio nome dello scalone, origina dall’usanza di ricavare, lungo il suo percorso, nicchie che custodivano i corpi dei monaci defunti. La cosa era diffusissima tra cristiani e cattolici della nostra penisola tant’è che l’Italia è piena di cimiteri religiosi che espongono cadaveri di frati e personalità dell’epoca ai quattro venti. Insomma lo scalone rappresenterebbe l’ascesa alla porta del cielo. Trova così spiegazione la collocazione dei poveri cadaveri lungo lo scalone che raggiungono la vita eterna lasciandosi con fatica, alle spalle, le umane miserie: “per aspera ad astra”.
ECCOCI ARRIVATI
Fatti tutti i gradini? Eccoci al portale sul quale sono incisi i dodici segni zodiacali da cui trae il nome.
Il Portale è l’apice dei simbolismi dell’abbazia e ci propone una serie di enigmi da decifrare. I capitelli intorno alla porta propongono storie bibliche e figure allegoriche ispirate ai fantastici bestiari medievali.
Sugli stipiti a destra sono raffigurati i segni zodiacali e a sinistra le costellazioni. Gli elementi sono segnati da una prolungata esposizione alle intemperie. Anche la mano dell’uomo ha lasciato il suo segno: il Portale nel corso dei secoli fu smontato e rimontato e probabilmente i pezzi cambiarono disposizione per essere posizionati in un diverso contesto. Vi propongo una breve elencazione di alcuni simboli presenti nelle formelle che ornano la porta.
FORMELLE E SIMBOLOGIA
L’uomo verde
Ricorre nelle immagini scolpite nella pietra delle chiese medievali in tutta Europa. Talvolta spunta dal fogliame o è composta da fogliame essa stessa. Cosa significa? Quando non si ha la certezza di un significato si fanno ipotesi su ipotesi e tutte infarcite di paroloni e concetti complessi. Questo è il nostro caso. Nessuno ne sa nulla di oggettivo e noi lasciamo perdere.
Il leone
L’animale, secondo la letteratura dell’epoca, aveva una caratteristica importante: quando partoriva, il cucciolo nasceva morto. Era risvegliato, dopo tre giorni e tre notti, dal ruggito del padre. Allo stesso modo Cristo fu resuscitato dal padre dopo tre giorni dalla sua morte. Nel Medioevo il leone era utilizzato quale simbolo di Resurrezione.
L’aquila
Secondo i latini, ormai vecchia, l’aquila vola verso il sole, che brucia le sue vecchie ali e la caligine dei suoi occhi, riacquistando in questo modo il vigore della giovinezza. Analogamente anche l’uomo deve guardare a Dio per poter rigenerare la propria coscienza. Sempre nel Medioevo rappresenta il simbolo dell’Ascensione di Cristo.
Il grifone
Nell’iconografia cristiana rappresenta le due nature cristologiche: quella divina e quella umana. Quello effigiato sul basamento delle colonne della sacra di San Michele rappresenterebbe un simbolo di salvezza: la morte terrena che permette l’accesso alla nuova vita in Cristo. Non dimentichiamo che la sua figura ha sempre rappresentato il tramite tra il mondo terreno e quello ultraterreno.
Vi ho illustrato alcuni dei portali presenti nella nostra bella Italia. Quanti misteri albergano nella Penisola e quanto turismo potrebbero attrarre se ben gestiti. Ho sempre sostenuto che solo grazie alle bellezze turistiche, ai tesori culturali e al buon cibo dovremmo vivere da signori senza la necessità di pagare tasse. Ma siamo fatti così, preferiamo stare male… . Un saluto.