Un Cioccolatino Storico. “Il vescovo napoletano e la canzone di Natale”, storia di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori e della canzone “Tu scendi dalle stelle”

MAGLIANO DE’ MARSI- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al consueto appuntamento con i racconti del Cioccolatino Storico. Siccome siamo alla Vigilia di Natale ci piacerebbe raccontarvi la storia che si cela dietro una delle melodie natalizie più famose e cantate nel mondo, ovvero “Tu scendi dalle Stelle”. Siete pronti? Dai seguiteci, ne varrà la pena.

In foto: Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

“C’era una volta un vescovo napoletano che un giorno decise di scrivere una canzone natalizia” potrebbe sembrare una fiaba tale vicenda, ma non lo è. Il vescovo è esistito per davvero e la canzone è tutt’ora cantata in tutto il Mondo: stiamo parlando di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori (vescovo di Sant’Agata dei Goti) e della sua canzone “Quanno nascette Ninno” oppure, “Tu scendi dalle Stelle”.

In foto: lo spartito di “Tu scendi dalle stelle”

Siamo nel dicembre del 1754 quando Santo Vescovo scrisse questo testo: non sappiamo il luogo esatto ove lo scrisse, alcuni parlano di Nola altri nel convento di Deliceto (Foggia) fatto sta che tale canto da quasi trecento anni ci riesce ancora ad emozionare.

In foto: Giotto, Natività (Cappella degli Scrovegni, Padova)

Alfonso Maria de’ Liguori – che fu una delle personalità culturali più preparate e influenti della Napoli del ‘700-  ha voluto ideare un testo pieno sentimento e di fede. Ad esempio descrive Maria in un momento molto tenero e vero, quando cerca di far addormentare Gesù Bambino cantandogli una Ninna Nanna.

In foto: Libro sulla Novena del Santo Natale Sant’Alfonso Maria de’ Liguori

Molto probabilmente Sant’Alfonso mentre scriveva il testo della canzone alludeva al capitolo 18 del Protovengelo di Giacomo (vangelo apocrifo) in cui leggiamo:

 “Trovò quivi una grotta: ve la condusse, lasciò presso di lei i suoi figli e uscì a cercare una ostetrica ebrea nella regione di Betlemme. Io, Giuseppe, camminavo e non camminavo. Guardai nell’aria e vidi l’aria colpita da stupore; guardai verso la volta del cielo e la vidi ferma, e immobili gli uccelli del cielo; guardai sulla terra e vidi un vaso giacente e degli operai coricati con le mani nel vaso: ma quelli che masticavano non masticavano, quelli che prendevano su il cibo non l’alzavano dal vaso, quelli che lo stavano portando alla bocca non lo portavano; i visi di tutti erano rivolti a guardare in alto”.

In foto: Affresco della Napoli del ‘700

Comunque, questa Ninna Nanna piacque subito molto e le versioni popolari hanno aggiunto qualche strofa. Per tradizione, attualmente questa canzone viene cantata fino alla quarta strofa. E per salutarvi ci piacerebbe condividere con voi un frammento di tale canzone, lo abbiamo scelto perché è di una tenerezza disarmante.

(Versione in lingua Napoletana)

“Zombanno, comm’a ciereve ferute,
Correttero i Pasture a la Capanna;
Là trovajeno Maria
Co Giuseppe e a Gioja mia;
E ‘n chillo Viso
Provajeno no muorzo e Paraviso”.

(Versione in lingua Italiana)

“Saltando, come cervi feriti,
Corsero i Pastori alla Capanna;
Là trovarono Maria
Con Giuseppe e la Gioia mia;
E in quel Viso
ebbero un assaggio del Paradiso”.

Un Abbraccio e Buon Natale

PS: noi ci “rivediamo” domani, con un racconto tutto particolare.