Il fantasma del Terremoto di Avezzano. La storia drammatica di “Lisa la lattaia” che impazzì dal dolore per la morte della figlia Rosetta sotto le macerie
Dal punto di vista sismico la città di Avezzano è un po’ come San Francisco dove la terra trema ogni tanto. Al pari della più rinomata città statunitense risiede su una faglia che prende il nome proprio dalla città.
La situazione geologica è ritenuta pericolosissima, dimostrazione ne fu il terremoto del 1915. Viene da domandarsi se vivere qui significhi condurre, come cantava Vasco Rossi, una vita spericolata.
Quello di Avezzano è tuttora considerato uno degli eventi catastrofici più importanti d’Italia. In quell’anno sparì, in pratica, la città. In questa infausta ricorrenza non ho intenzione di tediarvi rifacendo la storia di ciò che accadde, ormai lo sanno anche le pietre. Nessuno, però, ha mai posto l’accento sulla sofferenza delle persone, di quelli che sono i piccoli, grandi drammi. Ho intenzione, di raccontarvi la storia non molto nota di Lisa il cui fantasma fu visto aggirarsi disperato tra le macerie della città. La vicenda, ormai, si fonde con la fantasia ma rende l’idea del dolore che avvolse questi luoghi.
LA VICENDA
Siamo nel periodo immediatamente seguente al terremoto. Pare che si udisse, tra le macerie della città, la notte, un singhiozzare frammisto a parole spesso incomprensibili.
In seguito alcuni abitanti dichiararono di avere visto il fantasma di una donna che vagava tra i resti delle case chiamando un nome. A volte lo spettro si soffermava come se chiacchierasse con qualcuno, altre fuggiva via piangendo in preda all’angoscia.
ALLA RICERCA DEL FANTASMA
Molte le ipotesi formulate. Alcuni sostenevano che le porte dell’inferno si fossero spalancate a causa del terremoto consentendo a qualche demone di vagare sulle rovine della città. Altri che fossero le anime dei morti alla ricerca delle loro case. Può mai un accadimento così misterioso non suscitare la curiosità? Così alcuni impavidi decisero di scoprire la verità diventando i primi “ghost buster” dei tempi moderni.
La storia (o la leggenda) narra che si riunirono per stabilire alcune postazioni allo scopo di acchiappare lo spirito con le mani nel sacco. Purtroppo le cose non andarono proprio bene. Avvistato l’essere immateriale i nostri intrepidi ricercatori se la diedero a gambe levate anche perché il fantasma, disturbato, li prese a sassate! Siccome quando si è coraggiosi nulla si teme, i nostri ricercatori del paranormale, procuratisi dei bastoni continuarono la loro investigazione. Fatto sta che la povera anima, infastidita continuamente da costoro, smise di girovagare e gli avezzanesi (quelli vivi) ritrovarono la pace.
Ora qualcuno suggerirà che, forse, quell’apparizione era uno “sciacallo” intento a rubacchiare qua e là. A suffragare questa teoria il fatto che mai s’è visto uno spirito cimentarsi con la sassaiola. Probabilmente quel ladro, disturbato nei suoi furtarelli, aveva smesso di trafugare la roba degli altri. Tutto è possibile ma la storia continua… .
LA STORIA DI LISA
Pare fosse stata la curiosità di una donna a scoprire chi era quell’apparizione. L’ardimentosa signora decise di spiare quell’anima disperata durante le sue passeggiate. Scoprì così che il fantasma era, invece, Lisa la lattaia, quella che riforniva di latte e di uova i negozi di alimentari e le famiglie di Avezzano. L’enunciato che recita: “La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede perfettamente” trovava in Lisa piena applicazione.
La ragazza aveva visto morire, anni prima, il marito a causa di un ictus lasciandola economicamente in mezzo ai guai. Orbene, aveva una bimba cui badare, Rosetta, che manteneva, con grandi sacrifici, in un collegio di suore. Purtroppo quel che guadagnava non era più sufficiente a pagare la retta e le brave suore, senza denari, non facevano grazie. La ragazza, dodicenne, dovette lasciare l’istituto e mettersi a lavorare per aiutare la madre.
Si diceva della sfiga. Era il 13 gennaio del 1915, un mercoledì come tanti e le due donne erano tornate a casa dalla messa ed ecco il terremoto. Tentata una via di scampo verso l’uscio furono travolte dalle mura dell’abitazione. Giorni dopo, alcuni soldati attirati da quelli che sembravano gemiti, scavarono tra le macerie della casa.
Trovarono una donna viva ma priva di conoscenza: Lisa. Appena riavutasi la lattaia chiese della figlia che fu ritrovata accanto a lei ma priva di vita. In preda alla disperazione la poveretta, preso in braccio il corpo della fanciullina, tentò in mille modi di rianimarlo. Non voleva più lasciare la figliola al punto che dovettero narcotizzarla per dar corso alla sua sepoltura.
IL FANTASMA DI AVEZZANO NELLA REALTÀ
Quando la donna si riprese e capì cosa era accaduto non parlò più con nessuno e secondo alcuni impazzì letteralmente dal dolore. Memori della carità che la donna aveva sempre fatto, gli avezzanesi provvidero a lei. Le regalarono una casupola dove vivere e quotidianamente le lasciavano del cibo davanti alla porta di casa.
Riprese le forze la donna iniziò a girovagare di notte tra i cumuli di macerie. Cercava, nella sua follia, la figlia, finendo per essere scambiata per un fantasma.
Siccome la follia dei soccorritori spesso supera quella di coloro che sono soccorsi, alcuni speravano che la donna morisse in modo da raggiungere la figlia in cielo e trovare pace. Tra queste sante persone, una donna in particolare propose alla propria figlia dodicenne, di fingersi la defunta Rosetta e presentarsi a Lisa, non rendendosi conto di alimentare, invece, la demenza della sventurata. Lo fece per pietà, credendo di dare un po’ di pace a quella poverina. Così, invece di aiutarla ad uscire dal pozzo della sua pazzia, ce la scaraventò ancor più profondamente, d’altro canto come si dice? “Le strade che portano all’inferno sono lastricate da buone intenzioni”.
LA FINE
La ragazzina che impersonava Rosetta pare avesse detto, un giorno, a Lisa che sarebbe tornata ogni volta che la donna avesse avuto bisogno di lei. Non fu una buona idea perchè da quel giorno la poveraccia trascorse tutto il tempo dietro alla porta di casa in attesa della figlia. Alla fine peggiorò il suo stato di salute aggiungendo la depressione al suo già instabile equilibrio psichico finché, stremata, se ne volò in cielo.
Qui termina la triste storia di “Lisa la lattaia di Avezzano”. Non ho voluto, come premesso in incipit, dilungarmi sulle cause del devastante cataclisma o sulla descrizione del paese distrutto. La storia, talvolta asettica, racconta gli effetti fisici degli accadimenti e ne riporta testimonianze ed immagini. Raramente riesce a rendere tangibile ciò che accade negli animi dei protagonisti, nelle loro menti, nei loro affetti. D’altro canto come potrebbe restituire appieno questi stati d’animo? Ho provato a rendere l’idea del dramma marsicano, illustrando una delle tante tristi storie di allora nella speranza di ricordare il dolore che attanagliò i sopravvissuti. Termino con una pièce teatrale, vibrante d’emozione, interpretata dall’indimenticabile Proietti. Un triste saluto a tutti.