L’Oro Nero “ignorato”. La storia del petrolio abruzzese che resta dov’è e che frutterebbe 1,5 miliardi l’anno e migliaia di posti di lavoro
Comme si’ bello
A cavallo a stu camello
Cu ‘o binocolo a tracolla
Cu ‘o turbante e ‘o narghilè
Gué, si’ curiuso
Mentre scave stu pertuso
Scordatello, nun è cosa
Ccá, ‘o ppetrolio, nun ce sta
Allah, Allah, Allah
Ma chi t”ha ffatto fa’
Ricordate la canzone del grande Carosone? Ebbene se il testo della canzone era valido per la Campania non lo sarebbe stato se il celebre cantante fosse stato abruzzese.
La sua canzone petrolifera la cantò, invece, Silvestro Petrini, che per primo, nel 1844, scoprì alcune miniere di asfalto nelle contrade di Manoppello e San Valentino, dove costruì uno stabilimento. E fece i primi tentativi per l’estrazione e raffinamento del petrolio.
CONIUGARE INGEGNO E CAPITALE IN ITALIA È DIFFICILE.
Ma una cosa è l’ingegno, altra sono i capitali. Il 22 ottobre 1873 nasce in Inghilterra la Società “Anglo-Italiana degli Olii minerali e bitumi limited” con il capitale di centomila sterline, 250.000 lire italiane di allora. Sono i capitali inglesi a credere dunque alle intuizioni di Silvestro Petrini e a realizzare alcuni impianti sulla Maiella diretti da lui e dal figlio Ruggiero che dal 1868 lo segue nel suo cammino imprenditoriale. Perché questa tirata su Petrini? Unicamente per dimostrare che se si vuole le cose si possono realizzare e che spesso chi le cose le ha le trascura o non se ne rende conto e questo vale per l’oro nero abruzzese. Per il bitume che era sotto al naso di tutti ci son voluti gli inglesi per sfruttarlo.
L’Abruzzo (una volta accolte le richieste di ricerca e produzione di idrocarburi giacenti presso gli organi competenti) potrebbe ricavare qualcosa come 1,41 miliardi di euro. Eccoci, invece, qui a salutare quasi un miliardo e mezzo di euro e tanti potenziali posti di lavoro dimenticando che il numero dei dipendenti che opera nel settore degli idrocarburi abruzzese si aggira sulle 5.000 unità. Una buona fetta di quella parte fortunata della popolazione abruzzese che ancora mantiene un lavoro.
L’ORO NERO FA COSÌ MALE?
Chi scrive non è a favore dell’inquinamento e chi lo sarebbe? Ma alcune considerazioni devono essere fatte. L’impatto ambientale della ricerca e pompaggio di gas e petrolio non è così dannosa quanto si immagina, a patto che sia fatta con criterio. Il numero degli infortuni sul lavoro, ad esempio è bassissimo. In questi tempi grami, sbloccati tutti i progetti in attesa, l’Abruzzo diverrebbe una delle regioni più ricche d’Italia.
Non cominciamo con la solita manfrina del “si ma il futuro dei nostri figli in un ambiente inquinato…” son cose dette e ridette, non solo giuste ma sante però… est modus in rebus e sovente, lasciatemelo dire, si parte apoditticamente per la negazione senza valutare altre soluzioni.
PETROLIO VADE RETRO!
Tempo addietro un turista olandese, tale Frank Van Dommel di 44 anni, andato in vacanza a Pineto, attraversava il geoparco di Borgo Santa Maria, per andare a vedere il Cenerone, il vulcanello di fango.
Una sostanza nera e oleosa che usciva dalla bocca del cratere attirò la sua attenzione. Il tizio faceva (non so se lo fa ancora) il ricercatore. Si occupava di ispezioni geologiche finalizzate all’individuazione di giacimenti di idrocarburi per conto di una multinazionale. Insomma ritenne che quella sostanza era petrolio risalito da una grande profondità: là sotto ci doveva essere un giacimento. Il nostro bravo olandese chiamò la sua azienda in modo da avviare una ispezione geologica. Poco dopo arrivarono pure i Vigili del Fuoco per effettuare i prelievi e mettere, chiaramente, in sicurezza la zona. Alla fine il risultato fu che c’era veramente il petrolio e che da quella sacca petrolifera potevano essere estratti fino a un milione di barili di petrolio.
Il sindaco, dopo una visita sul posto, se ne uscì con: “Non permetteremo che lì venga realizzato un pozzo petrolifero”, aggiungendo: “Se c’è una vena che fa risalire in superficie il petrolio, attiveremo tutti i canali per fare in modo che venga chiusa. Stop al consumo di idrocarburi. Da Pineto siamo pronti a dare un segnale forte a chi pensa di trasformare il nostro pianeta in una groviera solo per interessi economici. Noi puntiamo sul turismo ecosostenibile”, inquirente, giudice e giuria, tutto insieme.
In Italia siamo così: si parte dal “no” per arrivare al “no, no, no” senza cercare una soluzione che salvi le “capre” dell’economia e i “cavoli” ecologisti.
VENIAMO A BOMBA
Che nel nostro caso non è un modo di dire.
Bomba, in provincia di Chieti è un paesino di 880 anime. Lo conoscono giusto i romani perché negli anni cinquanta vide la realizzazione proprio lì una diga le cui acque alimentano una centrale idroelettrica per gli usi capitolini. Su quella zona ci voleva mettere le mani Enrico Mattei, il cui sogno era quello di rendere l’Italia indipendente energeticamente (ma anche di far soldi) mappando ogni sacca di idrocarburi allora noti nella penisola. Poi saltò in aria, per l’appunto con una bomba e con lui tutte le nostre speranze petrolifere.
I PROGETTI
Agip tentò un primo progetto di sfruttamento abbandonato per motivi ambientali. Poi arrivarono dal Colorado gli americani della Forest Oil Corporation ma si scontrarono contro le istituzioni facendo un buco si, ma nell’acqua. Segul la CMI Energia S.p.A. che era sempre la Forest Oil ma con un diverso nome e sede in Italia la quale propose un progetto a bassissimo impatto. L’impatto ci fu ma con i comitati ambientalisti che lamentarono il pericolo di estrarre gas sotto una diga con 80 milioni di metri cubi d’acqua e il rischio, a loro dire, di “Sismicità indotta”.
Mi permetto sommessamente far notare che stiamo parlando di un bacino artificiale creato da una diga in terra battuta rinforzata da cemento. La spalla sinistra della diga che poggia sul monte Tutoglio, ha avuto bisogno di iniezioni di cemento per diverse migliaia di tonnellate. Le sponde del lago sono franose: in particolare la sponda sinistra, sotto Montebello sul Sangro. A detta degli esperti quella zona rassomiglia tanto al Monte Toc del Vaiont che produsse quell’immane tragedia. Era giusto impedire le trivellazioni? Sacrosanto, ma sarebbe stato (e lo sarebbe anche oggi) anche giusto fare in modo che quella benedetta diga fosse veramente sicura cosa che pare, ad oggi, non essere. Con la diga rinforzata si poteva raccogliere il gas e mettere, nel contempo, in sicurezza la popolazione. Invece no. Aspetteremo l’ennesimo disastro ma attenzione che il gas sotto al lago spinge… .
ARRIVA PITESAI!
PITESAI non è un pastore sardo ma il Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree Idonee. Il piano sospende la moratoria del 2019, che interessa anche diversi siti abruzzesi. L’Abruzzo è tra le quindici regioni interessate e vedrebbe sbloccarsi diversi permessi di ricerca. Anche l’Adriatico tra le Marche e l’Abruzzo è oggetto di ricerca.
I SITI CHE SARANNO SBLOCCATI
Sono una quindicina i progetti in Abruzzo che potrebbero essere realizzati e avviare nuove guerre con le associazioni e istituzioni locali. i siti d’estrazione interessati riguardano le vicinanze del largo di Ortona, Francavilla, della costa dei Trabocchi, di Martinsicuro e Roseto degli Abruzzi. Sulla terraferma ce ne saranno in Val Fino, a Montorio al Vomano, in Val Vibrata, a Pineto. Persino nella Marsica, nella valle del Cavaliere, nella valle Roveto, nella val Pescara e a Lanciano. Prepariamoci a vedere i petrolieri marsicani aggirarsi con i cappelli a falde larghe come tanti texani. Non mi si venga a parlare della bruttezza delle torri d’estrazione altrimenti ritiro in ballo quell’affare di ferro in Piazza del Mercato ad Avezzano!
PETROLIO ADRIATICO
Disse Romano Prodi che con quel “mare di petrolio” che sta sotto l’Adriatico, l’Italia avrebbe potuto “diventare una potenza energetica”. Stando a Federpetroli sotto i nostri mari vi è una grande presenza di gas metano, così come i giacimenti a terra che sarebbe possibile sfruttare con piccoli pozzi a basso impatto ambientale. Purtroppo non è sfruttato come dovrebbe causando perdita di redditività e la possibilità di dimezzare la bolletta energetica delle famiglie italiane. Che poi basterebbe rimettere in produzione i pozzi già ultimati. Non proseguo oltre. Penso che l’ambiente debba essere tutelato ma a volte si ha la sensazione che lo si voglia proteggere sino all’estinzione dell’umanità. Purtroppo le risorse al momento disponibili devono essere sfruttate ma avendo bene in mente l’obbiettivo di mettere a punto risorse energetiche alternative valide. Quello sarà il progresso. Un saluto.