Sentenza Rigopiano. La Procura di Pescara annuncia l’appello ma dice no «al dileggio e alla diffusione di fake-news»
PESCARA – Sentenza per la tragedia di Rigopiano, il giorno dopo interviene la sentenza, a seguito delle proteste in aula e fuori e alle tante prese di posizione in acceso disaccordo con la decisione dei giudici.
I magistrati inquirenti pescaresi, infatti, in una lunga nota, oltre ad annunciare il ricorso in Appello, così come già fatto dai difensori degli imputati condannati, si dicono favorevoli al diritto di critica, pur nel rispetto della sentenza, ma dicono no al dileggio, verso il pronunciamento e i giudici stessi, e alla diffusione di “fake-news” che andrebbero ad esasperare un clima già abbastanza teso.
Il riferimento è ai molti commenti, spesso molto forti nei toni e nel contenuto, che hanno accolto le tante assoluzioni, troppe per i più, addetti e non ai lavori, oltre alla diffusione di voci, secondo le quali dal processo, per volontà della stessa Procura d Pescara, sarebbero stati tenuti fuori altri responsabili.
Una illazione, secondo la Procura, che non può che essere qualificata come una fake-news.
Questo il comunicato stampa integrale diffuso dalla Procura della Repubblica di Pescara a firma del Procuratore Capo, Giuseppe Bellelli.
Il testo dell’intervento della Procura della Repubblica di Pescara
«Nel pomeriggio di ieri 23 febbraio Il Tribunale di Pescara, all’esito di giudizio abbreviato, ha pronunciato sentenza in merito alla tragedia di Rigopiano del 18 gennaio 2017.
Il Giudice ha escluso la sussistenza del delitto di disastro colposo, e condannato per omicidio colposo plurimo tre imputati assolvendo gli altri.
Saranno le motivazioni a dare atto del percorso logico giuridico che ha condotto alla decisione, in parte difforme dalle richieste dei pubblici ministeri e delle parti civili.
La sentenza merita rispetto, cosi come rispetto è dovuto al giudice ed alla funzione dallo stesso esercitata, fermo restando il diritto di critica.
Le aggressioni verbali in aula dopo la lettura della sentenza non possono essere tollerate, così come non è accettabile il dileggio del magistrato da chiunque posto in essere.
Gli atti processuali documentano come le indagini sono state svolte in ogni direzione; i reati contestati riguardano esponenti di tutti i settori delle pubbliche amministrazioni interessate alla vicenda dopo che, prima del processo, 22 posizioni erano state archiviate.
Il giudizio abbreviato allo stato degli atti è stato richiesto dalle difese di tutti i 30 imputati ed accettato dalle parti civili.
I fatti, gli antefatti, gli accadimenti, gli atti ed i documenti, le condotte, le richieste di aiuto, la valanga che ha travolto l’hotel cagionando la morte di ventinove persone, costituiscono emergenze probatorie acquisite al processo.
Tre imputati, per i quali vale sempre la presunzione di non colpevolezza sino alla condanna definitiva, sono stati condannati per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose.
La difformità tra le richieste dei Pubblici Ministeri e le decisioni del giudice, risiede nella valutazione dei fatti e degli atti.
Va smentita con forza l’affermazione che vi sarebbero altri responsabili, tenuti fuori dal processo dalla Procura della Repubblica: si tratta di tentativi irresponsabili di sviare l’attenzione e le aspettative dai reali temi del processo, e dai fatti, mediante la diffusione di fake news.
Il contraddittorio nel rispetto delle regole processuali, la dialettica tra accusa e difesa, la complessità delle questioni affrontate in tema di cooperazione colposa nel reato, prevedibilità ed evitabilità dell’evento e dovere di impedirlo, giudizio controfattuale nella causalità omissiva, hanno portato ad una sentenza che la Procura della Repubblica non condivide in gran parte e che verosimilmente impugnerà nei capi assolutori, cosi come proporranno appello i difensori degli imputati condannati.
Il giudice, nella solitudine della camera di consiglio, decide in piena indipendenza, senza dover assecondare le aspettative della opinione pubblica, attenendosi solo alla legge ed alle risultanze processuali.
All’esito di un processo estremamente complesso, resta il dolore e lo sconcerto dei familiari delle vittime, e la difficoltà della opinione pubblica di comprendere ed accettare una sentenza, pronunciata in nome del popolo italiano, fortemente divergente dalle richieste dei Pubblici Ministeri e dalle difese delle parti civili, e da legittime aspettative di giustizia.
Si auspica che tale disarmonia, che può apparire incomprensibile e della quale anche i magistrati della Procura della Repubblica di Pescara intendono farsi carico, possa ricomporsi dopo la lettura delle motivazioni della sentenza, o nei successivi gradi di giudizio, se è vero, come affermò uno dei padri costituenti, l’avvocato Piero Calamandrei davanti al Tribunale, che le leggi “perché non siano formule vuote devono scaturire dalla coscienza di cittadini, devono essere sentite come nostre”».