Un Primo maggio per l’Abruzzo con un triste record: nel 2022 persi 10.000 posti di lavoro
PESCARA – “Un altro Primo maggio senza una legge regionale quadro sul lavoro che tuteli i lavoratori e detti norme precise anche per innovazione e sicurezza, senza norme che riducano il divario di genere in modo da agevolare competenze e professionalità femminili, senza alcun incentivo per frenare la fuga dei giovani e la gravissima perdita di occupazione che l’Abruzzo registra: nel 2022 abbiamo perso 10.000 occupati, un numero che pesa e ci pone all’ultimo posto tra le regioni italiane.
Questa non è una regione attiva, non è una regione per giovani e con tali e tante vulnerabilità, sarà destinata a soffrire se lo sviluppo differenziato promosso dal centrodestra dovesse diventare realtà. Non è positivo il bilancio alla vigilia del Primo Maggio, conferma le criticità rilevate gli anni scorsi, a cui se ne aggiungono altre, tutte sensibili”, duro il capogruppo Pd in Consiglio regionale Silvio Paolucci.
“La mancanza di strategia ci porterà sempre più indietro e ci lascerà sempre più soli – incalza Paolucci – Basti pensare che in un’Italia che dà timidi segnali di ripresa, l’Abruzzo è fra le regioni che hanno perso più lavoratori. Le istituzioni regionali hanno assistito, senza fare nulla per evitarlo.
Il centrosinistra è stato fra i pochi, in politica, a dire che le cose non vanno bene in questi anni di governo di centrodestra, lo abbiamo fatto insieme ai sindacati e agli analisti del territorio non per lanciare allarmi e per spaventare, ma per scuotere le istituzioni che dovrebbero svolgere un ruolo di promozione e rilancio che oggi non hanno.
Sulle crisi in corso la Regione continua a essere assente; gli impegni presi sull’attivazione di tavoli e strategie sono ad oggi disattesi o poco frequentati; le parti sociali continuano a non essere coinvolte come accade anche a livello nazionale; manca una politica industriale in grado affrontare e, meglio, prevenire le crisi.
Una fotografia scritta nei numeri della nostra economia oggi. Il quadro dell’Abruzzo che esce dai dati è quello di una regione ferma, anche di fronte alle opportunità offerte da misure come il PNRR, su cui scontiamo già revoche di fondi e rischio di perderne altri per i ritardi. Gli stessi ritardi che ci vedono inconcludenti anche sui fondi europei. Tutto questo è accaduto in 4 anni e mezzo di centrodestra”.
I dati
L’allarme più forte, l’occupazione: Nel 2022, l’Abruzzo si colloca all’ultimo posto tra le regioni italiane in termini di variazione percentuale degli occupati. In un anno ci sono oltre 10.000 occupati in meno, con una flessione del 2%, differentemente da quanto avviene in altre regioni che hanno performance positive, come Puglia (+5%), Campania (4,1%), Emilia-Romagna (+3,3%) e Toscana (+1,4%). Non migliora neanche la disoccupazione. Il decremento registrato segna un passo più lento, pari al 3,3%, ben sotto il valore nazionale pari al 12,1%. Secondo l’aggiornamento congiunturale dell’Economia in Abruzzo redatto dalla Banca d’Italia, anche il ricorso agli ammortizzatori sociali si è mantenuto comunque su livelli quasi quattro volte superiori a quelli del 2019, anno pre-Covid, che fotografa una fase di difficoltà del tessuto produttivo abruzzese.
Pensionati/occupati: Un dato assolutamente allarmante, che si affianca alla decrescita demografica e alla denatalità, è quello che emerge dai dati INPS e riguarda il numero delle pensioni erogate agli abruzzesi (517 mila assegni) che ha superato di 33 mila unità la platea costituita dai lavoratori autonomi e dai dipendenti occupati nelle fabbriche, negli uffici e nei negozi (484 mila addetti), con l’Aquilano maglia nera d’Abruzzo, con un gap da colmare di 14mila unità.
Sicurezza sul lavoro: Nel 2022, crescono gli infortuni registrati dall’INAIL. Un dato che si attesta a 14.774, un +4.293 in più rispetto all’anno precedente, con la provincia di Chieti in testa a questa triste classifica, seguita da Teramo e Pescara. Scendono, invece, infortuni mortali, ma solo perché scendono quelli attribuibili alle infezioni da SARS-CoV-2.
Fondi europei: L’Abruzzo non eccelle neanche sui Fondi Europei, che, insieme ai fondi del PNRR, potrebbero costituire un volano per la crescita sia economica che occupazionale. Il ciclo di programmazione 2014/2020, infatti, nonostante l’allargamento delle maglie di spesa consentito dall’UE in risposta alle crisi nel contesto dell’epidemia COVID-19, l’Abruzzo resta nelle retrovie anche in termini di capacità si spesa, con circa 420 Mln ancora spendere e pagare. Sul FESR, in 17^ posizione, con 107,86 Mln di euro ancora da spendere; sul FSE, in 15^ posizione, con 51,31 Mln di euro ancora da spendere; sul FEASR, in 18^ posizione, con 259,82 Mln ancora da spendere.
Non da ultimo, il tema della qualità delle spese già effettuate con pochissimi bandi avviati e oltre la metà della spesa complessiva del FSE, assorbita dalla quota della CIGD (Trattamento Integrazione Salariale In Deroga A Lavoratori Per Emergenza Covid-19), mentre 1/3 delle risorse del FESR finito nel Fondo centrale di garanzia, gestito dal Microcredito centrale. Insomma, spese facili solo per evitare il disimpegno, che danno il senso della mancanza di programmazione e visione di questa Regione.
“Una fotografia piena di ombre e rughe – conclude Paolucci – che non dà certezze per il futuro né incentivi a chi sceglie di formarsi e restare dov’è nato e che soprattutto con le tante maglie nere collezionate, dice molto sull’Abruzzo che verrà”.