Gerusalemme al tempo della epidemia… – Primo racconto al tempo della crisi!
Ho appena letto la lettera di S.E. ai Sacerdoti della Diocesi e mi hanno colpito due frasi: “…Senza concorso di popolo…La processione secondo discernimento…“
E come per incanto, mi son trovato trasportato a duemila anni fa, in quella primavera del 33 a.C. all’epoca di Tiberio Cesare, mentre era governatore della Palestina, Caio Ponzio Pilato…
Ma forse in un’altra linea temporale, in un universo parallelo, con un’altra storia!
Pietro e suo fratello Andrea andarono fino al fontanile e trovarono il puledro, il figlio d’asina come aveva detto loro il Maestro. Stava lì un uomo intento a scorticare un ramo d’albero.
Andre guardò interrogativo suo fratello e questi, alzando le spalle, si avvicinò all’uomo e gli chiese: “Posso prendere il tuo asino? Ne ha bisogno il Maestro…”
Baruch, perché questo era il nome dell’uomo, alzò lo sguardo e sorrise tristemente. “Sì, vi aspettavo! – disse – Stanotte ho fatto un sogno…C’era un uomo in ombra che mi ha detto…Con il tuo puledro, il figlio d’una asina, dovrò andare lì a Gerusalemme…Perché nessun profeta può morire lontano da essa…Ecco io vengo per fare la Tua volontà…“
Si fermò un attimo pensoso. Scosse il capo più volte. “Non so chi fosse, Quello del sogno, – disse poi – ma mi chiedo perché voglia andare a Gerusalemme…Non sapete che c’è la pestilenza là?”
Pietro lo guardò stupito, ma fu Andrea a parlare: “Ma cosa dici? Non ne sappiamo nulla?”
“Ma voi siete stranieri! – fece Baruch – Siete Galilei! Non sapete che Pilato e i Romani hanno decretato che Gerusalemme sia isolata per via della pestilenza e il Sinedrio ha stabilito che il Tempio sia chiuso… Nessuno può andarvi!”
Pietro scosse il capo e alla fine disse: “Ma il Maestro vorrà andare comunque…Ha detto è tempo di andare… Nessun profeta può restare fuori da Gerusalemme…Là deve celebrare la Sua e Nostra Pasqua…”
Baruch alzò le spalle. “Fa’ pure, – soggiunse – prendi pure il mio asinello e andate a Gerusalemme…Andate pure a Sion, ma nessuno vi accoglierà…”
Andrea provò ad obiettare ma Pietro fece seccamente: “Se il Maestro ha detto una cosa, così sarà…Hai visto ieri Lazzaro, il suo amico, uscire dalla tomba…Lui andrà a Gerusalemme e anche noi, come dice Tommaso, andremo con Lui a condividerne la sorte…”
“Riavrai il tuo asino!” – disse a Baruch slegando l’asinello.
Il giorno dopo, cominciarono a salire verso Gerusalemme. Il Maestro era in arcioni all’asinello e stavano sulla stradella che giungeva alla porta principale.
C’era un silenzio surreale.
Natanaele ruppe ad un tratto il silenzio e avvicinatosi al Maestro chiese: “Maestro, ma non diceva la Scrittura che ecco viene a te tuo re su un puledro figlio d’asina…ecco gettate i mantelli per la strada perché entri con gloria…“
Il Maestro sorrise. “Natanaele, – disse dolcemente – non aver timore, quel che deve essere sarà! Tutto si compirà perché sia edificata la Nuova Gerusalemme ed un Nuovo Tempio…“
Natanaele tacque sentendo, al solito, quel calore che gli scaldava sempre il cuore ogni volta che parlava con lui.
Continuò a camminare sotto il sole con gli altri.
Giuda stava un po’ dietro e borbottava: “Non dovremmo andare a Gerusalemme… Così violerem o gli ordini degli Anziani e del Sinedrio…”
Il Maestro si voltò un attimo e lo rimproverò bonariamente: “Giuda, Giuda, tu non hai ancora compreso che quel che conta è il segno…E da Gerusalemme scaturirà un fiume d’acqua che laverà la terra e giungerà fino all’Araba e ne purificherà le acque…Vi darò un cuore nuovo, leverò il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne, voi sarete il mio popolo ed io il Vostro Dio…Non ricordi che così sta scritto? E ancora…Giunge il momento nel quale si adorerà il Padre in Spirito e Verità in un tempio non fatto da mani d’uomo…Non preoccuparti dei Romani o degli Anziani…”
Giuda scosse il capo poco convinto, forse anzi per nulla convinto!
Intanto erano giunti dinanzi alla porta della città.
Le sentinelle romane li guardarono entrare con uno sguardo stupito ma non dissero nulla.
Oltre la porta, lungo la strada videro che sui tetti delle case ai fianchi della strada stavano le genti della città e cominciarono a lanciare i mantelli sulla strada e ad agitare le fronde dei rami di palma ed ulivo.
Si udivano le grida: “Osanna al Figlio di Davide!“
Pietro e gli altri camminavano ai lati e si stupivano che non ci fosse nessuno nella strada, ma che tutti fossero sui tetti!
Il Maestro sorrise a Pietro e disse con dolcezza: “Simone, un giorno ti renderai conto che la Scrittura ha previsto tutto…Anche se gli uomini scompigliano il mondo, le cose, la Parola del Padre seguirà sempre il suo corso…Attingeranno sempre alle sorgenti della salvezza…“
Continuarono sulla strada e Pietro levando lo sguardo in alto scorse in alto un colle nudo, sassoso e provò come un brivido…
Nel segreto d’una stanza del Tempio, qualcuno corse nella stanza del Sinedrio. “Sta entrando or ora in città!” – gridò.
Caifa si riscosse e levò il capo. “Dunque sfida sia i Romani che noi!” – disse con voce arrochita.
Quattro giorni dopo, in un silenzio surreale, in strade svuotate, un Uomo, il Maestro arranca sotto il peso della croce fra due soldati romani e gli altri dieci che stanno dietro e davanti…
Più indietro, seguono a distanza pochi seguaci, con le donne in lacrime…
Più tardi, sul quel colle sassoso e pelato, quello che Pietro aveva visto dalla strada, a mezzogiorno circa, il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio…
Giunto il momento, sulla Città deserta e silenziosa calò un silenzio ancora più tragico, il Maestro sulla croce dopo aver emesso un grido chinato il capo spirò…
Tremò la terra nella città vuota martirizzata dall’epidemia, il Velo del Tempio si squarciò…
Un centurione, dal viso duro e segnato dalle intemperie delle tante terre che aveva conosciuto, guardò al cielo tempestoso di quello che era un giorno di Javhé…
Volse lo sguardo alla città deserta, ai suoi soldati sbigottiti, guardò su verso l’Uomo che pendeva dalla croce e con la sua voce arrochita da anni di vita militare, testimoniò: “Dunque davvero Questi era Figlio di Dio…“
Nella città vuota, deserta con qualche morto per le strade, abbandonato, nel silenzio grave creato dall’epidemia, entro le case, gli uomini di Gerusalemme si battevano il petto…
L’epidemia gravava sul mondo ma la salvezza giunse: il cielo si aprì e una tempesta d’acqua giunse a lavare la terra…Fino all’Araba!
(E’ un racconto di fantasia, che vuole solo testimoniare che nulla fermerà mai la Salvezza…”