Compie 70 anni la legge sui sovracanoni idroelettrici. Uncem: “Da quella norma la spinta per un nuovo ruolo dei territori e delle comunità”
L’AQUILA – Settant’anni fa, il 27 dicembre 1953, il Parlamento varava la legge recante le “Norme modificative al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, riguardanti l’economia montana”, fortemente voluta dal Ministro Vanoni.
Un nuovo approccio ai territori, un cambio di paradigma, un nuovo ruolo per le zone montane dove acqua e forza di gravità producevano e producono energia elettrica. Con grandi benefici per i concessionari. Che grazie alla 959 venivano in parte ridistribuiti ai territori.
Legge e settore idroelettrico sono raccontati in un volume pubblicato oggi da Uncem, scaricabile in PDF qui:
https://uncem.it/idroelettrico-dossier-uncem-su-scenari-futuro-dati-e-ruolo-dei-territori-a-70-anni-dalla-legge-9591953/.
Con tutti i dati sull’ idroelettrico, Regione per Regione, impianto per impianto. Abruzzo compreso.
“I concessionari di grandi derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice, – scrive l’articolo 1 della 959 – le cui opere di presa siano situate, in tutto o in parte, nell’ambito del perimetro imbrifero montano, sono soggetti, in sostituzione degli oneri di cui all’art. 52 del testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, al pagamento di un sovracanone annuo di lire 1300 per ogni chilowatt di potenza nominale media, risultante dall’atto di concessione”.
Un punto fermo ancora oggi. Naturalmente con adeguamenti all’euro, Istat e naturali incrementi nel corso di sette decenni. Acqua e forza di gravità hanno un valore. Che deve essere riconosciuto ai territori montani dove questi beni si generano e vengono protetti dalla stessa presenza delle comunità, dei paesi, con la cura dei versanti, con la tutela delle fonti. Chi guadagna grazie alla concessione, deve dare una percentuale di queste entrate ai territori. Il sovracanone ai Comuni, ai territori è democrazia. È così ancora oggi, con diversi adeguamenti e con una mobilitazione, anche di Uncem, che negli anni ha permesso di mantenere e potenziare il sovracanone per i territori montani, attraverso Comuni, Consorzi, Unioni montane e Comunità montane.
Dal 2022, per le derivazioni d’acqua per produzione di forza motrice con potenza nominale media superiore a 220 kW, la misura del sovracanone annuo è fissata per il biennio 1° gennaio 2022 – 31 dicembre 2023, in euro 31,94 per ogni kW di potenza nominale media concessa o riconosciuta. Secondo QualeEnergia, la potenza idroelettrica in Italia ammontava a fine dicembre 2022 a 21.720 MW per un totale di 4.840 impianti. Sono 339 gli impianti sopra i 10 MW a dare l’83% della potenza installata (18.129 MW). Nel 2022 l’idroelettrico ha generato quasi 28 TWh, con un calo del 37,7% sul 2021 (quasi 17 TWh in meno). Nel 2022 ha così coperto l’8,3% della richiesta elettrica nazionale. Oggi i sovracanoni valgono 260 milioni di euro complessivamente in Italia, che tornano ai territori montani. Poco. Circa l’1% del fatturato complessivo. Uncem, nel Diga Day del 2010, evidenziò la necessità di salire almeno al 15%. Un sovracanione vero per i territori montani.
“Perché è importante oggi, a 70 anni quella legge 959? Introduce il principio che il territorio conta, vale, il servizio ecosistemico di protezione della fonte, di stoccaggio dell’acqua in bacini e dighe più o meno grandi ha un valore – affermano Lorenzo Berardinetti, Presidente Uncem Abruzzo, e Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem – Ma è veramente importante perché oggi i territori sono in mezzo a una partita storica. Che vale miliardi di euro. Ovvero il rinnovo, come alcuni auspicano, o il prolungamento, come altri si aspettano, delle concessioni delle grandi derivazioni idroelettriche.
Le concessioni sono già scadute, altre, come quelle Enel, scadranno nel 2029. E lo Stato, che ha affidato due anni fa la materia gare alle Regioni, ma che ha per competenza la ‘concorrenza’, deve decidere cosa fare. La Francia ha chiesto a Bruxelles di non fare le gare, di prolungare le concessioni per difendere l’asset strategico, la produzione di energia con i nostri beni. C’è chi afferma che con le gare arriverebbero grandi società internazionali cariche di finanze e fondi. A prendere le concessioni. Il rischio esiste.
Uncem ha al suo interno Sindaci e Amministratori che vorrebbero le gare, e altri che propendono per il prolungamento delle concessioni alle attuali aziende presenti nelle valli, naturalmente ridiscutendo canoni e sovracanoni.
In entrambe le soluzioni, il territorio deve contare. Alcune Regioni sono già partite con le gare e hanno anche previsto energia gratuita che i concessionari devono dare alle attività sociali ed economiche sui territori. Di certo il territorio non può essere spettatore. E la 959 dice che i benefici devono essere a livello di Comuni insieme, non da soli a dimensione di valle, i sovracanoni devono andare a potenziare le green communities ad esempio, dando senso e forma anche alla norma statale che prevede i servizi ecosistemici-ambientali, con una delega del 2015 al Governo, per normarli, che tutti gli Esecutivi hanno fatto cadere. Riprenderla è necessaria. Per rilanciare i principi della 959 e dare ai territori montani, alpini e appennini, pieno ruolo”.