Sanità negata nei comuni Pnalm. Raccolte 2000 firme e dopodomani manifestazione davanti alla Direzione della Asl1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila
AVEZZANO – 2000 firme raccolte in pochi giorni, l’intero territorio dell’Alto Sangro e dell’area Pnalm mobilitato, centinaia di cittadini che hanno preso parte a incontri, riunioni e proteste con i sindacati e i comitati civici coinvolti.
Sono questi i dati della protesta per le condizioni in cui versano i Comuni del Pnalm e dell’Alto Sangro per quanto concerne guardie mediche e sanità emergenziale, senza nemmeno una ambulanza medicalizzata del 118.
La risposta, spiegata nei giorni scorsi dalla Regione e dalla stessa Direzione della Asl1, è stata quella di chiedere aiuto all’Esercito, istituzione che interviene, come noto, solo in caso di emergenza e catastrofi.
Può considerarsi questa una emergenza, visto che la situazione è nota da anni a chi di competenza? Questo il problema.
E allora, cittadini, sindacati e comitato, che nei giorni scorsi hanno raccolto le firme per chiedere un intervento immediato e risolutivo, dopodomani, 1 febbraio 2024, daranno vita a duna manifestazione sotto alla direzione della Asl1 Avezzano-Sulmona-L’Aquila, per consegnare anche le 2000 firme raccolte.
Che il tempo di elezioni favorisca una soluzione? Intanto questa è la nota diffusa dalla Cgil della provincia dell’Aquila e dal Comitato civico “Cittadini e Territorio Ponte Giovenco”.
«Sono oltre 2000 le firme raccolte di cittadine e cittadini ormai stanchi di vivere in condizione di precarietà ed isolamento a causa di una evidente desertificazione sanitaria delle aree interne.
Le comunità che vivono nei territori dell’Alto Sangro e del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise chiedono certezze e continuità nell’erogazione dei servizi sanitari e non soluzioni tampone che hanno la durata di qualche settimana senza produrre sicurezza nel futuro.
La mancanza di servizi, soprattutto sanitari, di prospettiva, di soluzioni concrete che valorizzino i territori e chi li abita ha raggiunto un limite non più sopportabile, soprattutto se le condizioni che subiscono ormai da troppo tempo derivano da una assenza di programmazione o, peggio, da una spasmodica ricerca di riduzione dei costi.
La salute è un diritto fondamentale che si soddisfa attraverso la valorizzazione e la riaffermazione di un sistema sanitario pubblico, universale e gratuito per tutte e tutti, indipendentemente dal luogo in cui si è nati o si vive.
La narrazione a cui siamo abituati del “va tutto bene” non fa più presa, le persone hanno bisogno di certezze, di sentirsi parte integrante di quel patto sociale che tiene uniti i territori attraverso un’egualitaria erogazione dei servizi.
Il 1 febbraio terremo una manifestazione sotto la Direzione Generale della ASL; sarà un momento utile anche per la consegna delle firme raccolte, ma soprattutto sarà una mobilitazione per affermare che vivere nelle aree interne non può rappresentare un problema, ma deve trasformarsi in opportunità e questo può avvenire solo con l’ascolto e la comprensione dei bisogni delle persone, con la capacità di programmare gli interventi necessari a garantire il diritto alle cure e con la conoscenza del territorio, superando i ragionieristici interventi che guardano al benessere dei bilanci e non a quello delle nostre comunità.
Porteremo la nostra protesta nelle stanze dei decisori, affinché si confrontino con le esigenze vere che esprimono i territori, affinché si trovino le necessarie soluzioni per una comunità che oggi guarda al futuro con troppe incertezze e paure.
Le aree interne devono diventare un luogo di sperimentazione di nuovi modelli idonei a potenziare i servizi sanitari, partendo dai bisogni sanitari insoddisfatti e questo può avvenire solo attraverso una partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti».