Processione del Venerdì Santo ad Avezzano ispirata dalle parole di Papa Francesco: perdono e condivisione con chi soffre
AVEZZANO – Sarà ispirata ad una bellissima frase del troppo poco ascoltato Papa Francesco la tradizionale processione di Cristo Morto, nel giorno del Venerdì Santo di Avezzano.
Si tratta di una frase del 2023, nella quale Francesco esalta due concetti che sembrano essere abbastanza desueti nella società attuale, il perdono e soprattutto l’attenzione per chi è nella sofferenza: «Gesù sulla croce non si lascia andare alla disperazione, ma prega e si affida al Padre. Nell’abbandono continua ad amare e perdona i suoi crocifissori. Gesù abbandonato ci chiede di avere occhi e cuore per i tanti “cristi abbandonati”».
Una processione quindi che, nelle intenzioni della Diocesi di Avezzano e del suo Vescovo Giovanni Massaro, oltre ad un rito dovrà essere soprattutto un momento di riflessione personale, da parte di chiunque, sul proprio agire verso gli altri e nella comunità. Un agire troppo spesso caratterizzato dall’indifferenza, dall’egoismo e dall’individualismo che porta a non vedere l’altro, soprattutto se è un “altro” che soffre.
La Processione del Venerdì Santo di Avezzano partirà, alle ore 19, da Piazza Castello, con “uscita” dalla chiesa San Giovanni di Avezzano, del parroco Don Franco Tallarico, per poi snodarsi lungo il seguente percorso: Via Roma, Via Corradini, Corso della Libertà, Piazzale della Stazione, Via Garibaldi, Via XX Settembre e rientro in Piazzo Castello.
Il Vescovo dei Marsi, Mons. Giovanni Massaro, inoltre, invita i cittadini di Avezzano, nonché tutti coloro che pur non di Avezzano parteciperanno al rito della solenne processione del Venerdì Santo, a concludere il cammino della Quaresima, facendo memoria, e tesoro aggiungiamo noi, di questo evento e dell’altissimo significato intrinseco che la Passione di Gesù dovrebbe rappresentare per ogni uomo.
Un momento di partecipazione vera, quindi, non solo rituale, anzi, di routine, ma che inneschi finalmente una profonda riflessione sul nostro essere soprattutto versi gli altri e chi soffre, capace di produrre quella conversione che riporti a sentirsi comunità e non singoli, pronti a sopraffare il proprio vicino, o “prossimo” come direbbero i cattolici, per i propri piccoli e meschini interessi personali.