Guardiagrele. Il Sindaco Simone Dal Pozzo sulla situazione ospedale e sanità abruzzese. Il centrosinistra sollecita un consiglio comunale

Non possiamo augurarci di tornare ad una normalità identica a quella che abbiamo lasciato il giorno prima del lockdown. La programmazione sanitaria va rifatta da capo!” Simone Dal Pozzo

Alcuni esponenti del centrosinistra locale, provinciale e regionale: Gianna Di Crescenzo, Franco Caramanico, Maurizio Camiscia, Inka Zulli, Dario Rosato, Nevio Salomone, insieme ad alcuni cittadini guardiesi, spingono il sindaco Simone Dal Pozzo a convocare un consiglio comunale straordinario sulla salute pubblica.

“Ci è stato chiesto di non uscire di casa, di mutilare le nostre relazioni sociali, di cambiare radicalmente il nostro modo di lavorare.
Abbiamo rispettato le regole, abbiamo dato il nostro contributo affinché il contagio rallentasse.
Le nostre vite ne sono uscite mutate e, con esse, anche l’immediato futuro. Ed è per questo che riteniamo sia necessario avere un momento istituzionale di informazione e confronto sulle nuove tappe che ci attendono.

I guardiesi hanno il diritto di sapere dalla giunta regionale e comunale quali saranno le loro proposte per affrontare la Fase 2 dell’emergenza Covid-19, e quale sia la reale possibilità di usufruire delle strutture sanitarie del territorio per fronteggiare la situazione.

Così come ha già fatto il gruppo di opposizione della città di Chieti, anche noi sollecitiamo, in assise pubblica, la presenza della giunta regionale, del direttore sanitario del ss. Immacolata,  del direttore e del manager della Asl Lanciano Vasto Chieti.
Ovviamente questa sarà anche l’occasione per chiedere agli amministratori locali e regionali quali strategie essi hanno previsto di mettere in campo a sostegno delle famiglie e dell’economia guardiesi ed abruzzesi.
Non si può continuare a parlare di sanità e salute pubblica in maniera autoreferenziale e con atti isolati, considerando anche gli scarsi o nulli risultati che questa strategia produce; né la giustizia può continuare  a sostituirsi alla politica. 
La salute è un diritto universale e la posta in gioco è talmente alta che è necessario occuparsene in maniera corale, coinvolgendo tutti, ognuno  per ciò che rappresenta e che può portare alla causa.”

E proprio a proposito di salute pubblica, della situazione Ospedale di Guardagrele, dei tagli alla sanità, del grido dei cittadini e del rientro ad una vita simil normale nella Fase2, che noi abbiamo intervistato Simone Dal Pozzo, sindaco di Guardiagrele.
Che ci ha così chiarito:

Critica e severa è la situazione degli ospedali in Abruzzo dove si sono “accesi” dei veri e propri focolai in diverse strutture e reparti.
Lei si è mosso da subito quando non arrivavano i responsi dei tamponi, proprio perché molti asintomatici tra gli operatori sanitari potrebbero continuare a lavorare e contagiare pazienti o colleghi.
Eppure è dovuto ricorrere ad un esposto alla procura. Ha ottenuto ciò che voleva?

Il percorso che abbiamo avviato lo scorso 13 aprile solo in queste ore sta arrivando all’obiettivo. I sindaci sono d sempre il terminale di ogni questione, problema, vicenda che interessa la vita dei nostri cittadini. A noi la legge riconosce e attribuisce importanti responsabilità.
In questo periodo ci sentiamo ricordare da più parti di essere autorità sanitaria e autorità di protezione civile.

Il principio di precauzione che, in questa fase, torna attualissimo, ci impone di adottare ogni misura a tutela della popolazione ed è questa la ragione per la quale, appresa la positività di due operatori del presidio di Guardiagrele ci siamo subito attivati con una diffida e, il giorno successivo (il 14 aprile) con una ordinanza.

Di fronte al silenzio e alla mancata risposta da parte della Regione e della ASL abbiamo forzato per arrivare all’obiettivo ordinando proprio alla Regione e alla ASL di comunicare i risultati dei tamponi effettuati alcuni giorni prima e di effettuarli al personale e ai pazienti che non li avevano fatti. In assenza di risposte, mi sono visto costretto a firmare un esposto alla Procura della Repubblica. Vede, questo non è un capriccio o un trofeo da esibire, ma un atto doveroso messo in campo di fronte ad un pericoloso e ingiustificato silenzio.
E’ chiaro che questi ritardi rischiano di mandare a lavoro e tenere in circolazione persone forse positive e, quindi, potenzialmente contagiose e questo è certamente più pericoloso se parliamo di operatori sanitari. Questa non è stata una azione solitaria. I sindacati regionali hanno segnalato, soprattutto per i pazienti della ASL di Chieti, questa situazione e qualche giorno fa insieme a numerosi altri colleghi abbiamo segnalato la grave situazione alle Autorità, anche di governo.

Cosa risponde ai suoi cittadini preoccupati della situazione degli ospedali di altri paesi sul fatto che potrebbe succedere anche a Guardiagrele? Ha fatto qualcosa per evitare che aumentino i contagi, oltre a fare esposti e richieste?

Contestualmente alla richiesta specifica dei risultati degli esami, nella diffida ho chiesto di procedere immediatamente a tutte le procedure per mettere in sicurezza operatori e pazienti. In questo caso la risposta del responsabile medico del Presidio è stata immediata avendo messo in atto misure di separazione del personale e la sanificazione di tutti gli ambienti.

Per il futuro, la Fase 2, dunque post virus: dovrà cambiare qualcosa nella sanità abruzzese a suo avviso? I tagli alla sanità degli ultimi anni , hanno contribuito in quale misura in Abruzzo? Si può tornare a vivere una sanità “pre-tagli” dei reparti ospedalieri?

La programmazione sanitaria andrà rifatta da capo, in Abruzzo come anche in Italia.Prendiamo l’esempio dell’ospedale di Guardiagrele.

Negli anni scorsi sono stati soppressi posti di medicina, geriatria e lungodegenza (50 nell’ultima fase) e, a dispetto dell’idea di far decollare il distretto con ambulatori e diagnostica, anche su questo la risposta è mancata.
La radiologia, ad esempio, è operativa solo al mattino dei giorni feriali, e le ore di specialistica (cardiologo, fisiatra, ortopedico…) sono davvero molto, molto limitate.

L’urgenza in questa fase, è di riattivare questi piccoli presidi che possono dare riposte alle patologie di media a bassa complessità che interessano i nostri bacini della ree interne.

Al presidio di Guardiagrele, ad esempio, fanno riferimento non meno di 40.000 abitanti con località di zone interne che hanno estrema difficoltà a raggiungere Chieti. 
Anche la più recente programmazione è caduta nell’errore di non tener conto della realtà quando, ad esempio, a fine 2019 si è deciso di togliere i medici dalle ambulanze dei nostri centri. Fatto gravissimo se si considera che il lavoro in emergenza è un lavoro di squadra che coinvolge più operatori e se si continua a programmare sulla base di software e formule matematiche. Ma quando dissi questa cosa al Direttore Generale della ASL di Chieti mi risposte che dovevo pensare a pulire le strade dalla neve. 

Le patologie da curare nei piccoli ospedali, a mio avviso, non sono quelle complesse che vanno giustamente seguite nei centri di eccellenza che hanno casistiche elevate.
Ma se i centri di eccellenza, proprio per le carenze che denunciamo nei diversi territori, si intasano anche per una normale influenza, è chiaro che c’è qualcosa che non va.
La continuità nell’assistenza va garantita anche attraverso percorsi per intensità di cura e ai piccoli presidi devono essere riassegnati quei livelli di base che rischiano, in questa fase ancora di più, di essere trascurati. Non è normale, ad esempio, che calino drasticamente i numeri dei ricoveri per patologie cardiache o legate a malattie croniche.

La paura del contagio va risolta con percorsi sicuri che, poi, tornano utili anche quando l’emergenza passerà.L’assistenza a domicilio è utile, ma la realtà che noi conosciamo ci impone di guardare al problema da ogni punto di vista. Noi portiamo quello degli enti locali e dei cittadini, attori purtroppo dimenticati nelle programmazioni che partono dai manuali e dai tavoli dei ministeri.
La visione ragionieristica non è compatibile con l’universalità del diritto alla salute. Anche i numeri sui Lea che hanno raggiunti livelli importanti non tornano se confrontati con quello che vediamo. Anche perché una cosa è programmare e una cosa è verificare sul campo. 

Ad esempio, nessuno dice che i posti letto sono stati tagliati in misura superiore rispetto agli standard previsti dalle norme (il decreto legge 95/2012 e, quindi, il decreto Ministeriale 70/2015) e che molte delle prestazioni che prima dava la sanità pubblica anche nei nostri piccoli presidi, oggi sono date dal privato.

Questo problema non viene meno in fase di emergenza sanitaria, anzi. Destinare alle patologie no COVID queste strutture riattivandole, significa riconquistare un diritto fondamentale e restituire dignità ai territori.
La questione che poniamo, in ogni caso, riguarda l’intera Regione e l’intero Paese. Ce ne siamo fatti carico con una proposta legislativa supportata promossa da noi e supportata da 47 sindaci della Regione che prevede la riattivazione di posti di medicina e geriatria e di lungodegenza in tutti gli ospedali disattivati.
In questa fase assistiamo ad uno sconvolgimento generale di ogni paradigma. Non possiamo augurarci di tornare ad una normalità identica a quella che abbiamo lasciato il giorno prima del lockdown. La programmazione sanitaria va rifatta da capo!

Come risponde a chi come Mauro Febbo ritiene bizzarra la sua “lotta” contro tali ritardi ai test?


Dicevo prima che questa è stata l’unica risposta scritta da parte della Regione. Cosa rispondo? Che innanzitutto questa posizione non offende me ma tutti quelli che rappresento in questa lotta che, lo ricordo, è per il diritto alla salute. Aggiungo che un assessore regionale in questa fase, anzichè dedicarsi a scrivere comunicati, dovrebbe assumere atti e prendere decisioni per il bene della regione.

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