Dagli Stati Uniti al borgo di Pretoro per rivivere lo sfollamento della mamma

L’Assessore alla Cultura, “Il nostro è un borgo simbolo per il turismo dei ricordi”

PRETORO – Il borgo di Pretoro (Ch), nel cuore del Parco della Maiella, diventa borgo del turismo dei ricordi e grazie ai progetti portati avanti dell’Amministrazione guidata dal Sindaco Diego Giangiulli, è al centro di uno studio continuo nella ricerca delle proprie radici che sta portando grandi risultati.

Riceviamo molte richieste di contatti – spiega l’Assessore alla Cultura di Pretoro, Fabrizio Fanciulli, – e già abbiamo molte storie da raccontare come quella di Myra Glavan: grazie al diario lasciato da questa donna, le figlie Kay e Brenda, le nipoti Rachel Lydia, Rie e Nichole sono partite da Whashington e dall’Oregon per arrivare nel nostro borgo e ripercorrere i passi dell’allora tredicenne Myra, figlia di ebrei fuggiti dopo che all’inizio del 1941, l’esercito di Hitler aveva occupato Zagabria”.

Con questo viaggio da oltreoceano, proprio la scorsa settimana e dunque prima dell’inverno, le figlie e le nipoti di Myra, grazie a Marino Cardelli di Experience BellaVita e all’Assessore Fanciulli, grande conoscitore della storia e del territorio, hanno avuto la possibilità di ripercorrere i sentieri attraversati dalla povera ragazzina in fuga con pochi stracci addosso assieme alla famiglia, tra boschi e grotte.

Nel ripercorrere la storia, secondo quanto riportato da Myra questo è il sunto dei fatti: Leo, il papà di Myra, proprio in quel 1941 dopo essere stato arrestato e trasferito prima a Susak e successivamente a Fiume e Trieste, dopo sei settimane fu trasferito nuovamente in regime di internamento libero nella cittadina di Rapino (Ch). La famiglia dopo essere stata informata dai Carabinieri, nel settembre dello stesso anno raggiunse il capo famiglia nel piccolo centro, uno dei comuni dell’Abruzzo ad essere stato designato dalle autorità fasciste come luogo di internamento civile per profughi ebrei stranieri presenti in Italia.

La vita a Rapino è stata piacevole e spensierata fino all’8 settembre del 1943 data in cui l’Italia firmò l’armistizio con gli alleati. Con l’arrivo dei tedeschi e la paura di essere riconosciuti, la famiglia Glavan raccolse le proprie cose e s’incamminò verso Pretoro, dove prese in affitto alcune stanze da una famiglia in una grande casa, ma nel mese di dicembre, con l’arrivo dei tedeschi anche a Pretoro, i Glavan dovettero nuovamente impacchettare le poche cose che avevano e del cibo per fuggire attraverso la montagna e trovare qualche grotta libera in cui ripararsi.

Nella grotta faceva tanto freddo, – riporta Myra nel suo diario – la carne appesa fuori congelava. Il giorno di Capodanno ci siamo svegliati al mattino con circa un metro e mezzo di neve fresca sul terreno. Eravamo bloccati dalla neve. Per respirare è stato necessario aprire un varco e spingere via la neve”.

La famiglia Glavan, riuscì a scendere dalla montagna per tornare a Rapino dove ad attenderla c’era una situazione poco sicura. Con l’aiuto del parroco, riuscì ad attraversare il confine e raggiungere Bari dove rimase per circa un anno e poi si trasferì nei pressi del Lago di Como.

Dopo aver fatto richiesta per emigrare, nel 1949 i Glavan partirono definitivamente per gli Stati Uniti. I meno fortunati internati Rapino, sei membri della famiglia Wohlgemuth, arrestati nel dicembre 1943, morirono ad Auschwitz.

Come commenta l’Assessore: “è stata un’emozione indescrivibile seguire un diario di guerra e rivivere con i familiari della povera Myra momenti di sconforto e paura. Al centro della storia di questa donna non ci sono solo i vari passaggi che hanno condotto alla salvezza la sua famiglia, ma anche le difficoltà umane che tutti i Glavan hanno provato, le loro emozioni, i loro sentimenti talvolta contrastanti, fatti di speranza e disperazione. Ormai è noto che Pretoro, grazie ai progetti portati avanti dall’Amministrazione, è un borgo attento non solo alla riscoperta delle sue radici ma anche alla tutela e conservazione della memoria storica”.

Dopo aver lavorato per 42 anni come infermiera, nel 2019 all’età di 89 anni, Myra muore circondata dall’affetto dei suoi cari, che decidono di conoscere fino in fondo le gioie ed i dolori di questa donna, grande testimonianza storica anche per l’Abruzzo.