Cronache dall’Italia. Detenuto 93enne di Poggioreale posto ai domiciliari. Di Giacomo (S.PP.): “Ma i detenuti con 70 anni ed oltre sono 1.244”

ROMA – Un detenuto di quasi 93 anni da oggi non “abita” più a Poggioreale. Da oggi è “uscito” in detenzione domiciliare in una struttura adeguata. Questo conferma che negli istituti penitenziari italiani c’è una popolazione carceraria di età avanzata e che per la gran parte dovrebbe seguire la stessa sorte.

Così Aldo Di Giacomo, segretario generale del S.PP. riferendo che al 30 giugno scorso, secondo i dati più aggiornati del Ministero della Giustizia, i detenuti con 70 anni ed oltre erano 1.244 di cui 115 nelle carceri campane.

Anche se la classificazione per età fatta dal Ministero non consente di disporre di un dato differenziato sui detenuti con 80 anni ed oltre, ci sono comunque decine di questi casi.

Purtroppo il suicidio dell’83enne di Maschito avvenuto a luglio nel carcere di Potenza dove era detenuto nonostante avesse dato chiari segnali di instabilità mentale, aggiunge, è stato già rimosso ed invece dovrebbe suscitare quanto meno una ricerca e analisi più attenta dei detenuti con 80 anni ed oltre e sui relativi casi di detenzione domiciliare.

Il grave sovraffollamento si supera anche in questo modo. Invece i detenuti sono aumentati di 15mila unità con una media di circa 300 al mese – sono complessivamente 61.480 e sono cresciuti di 1.314 unità in un semestre (+2,2%) e di 3.955 in un anno (con un tasso pari a +6,8%), a fronte di 47.067 posti regolarmente disponibili, per un indice di sovraffollamento pari al 130,59% – e di contro il personale è diminuito (per effetto dei pensionamenti) di 18mila unità, solo in piccolissima parte compensato da nuove assunzioni .

Il risultato: dall’inizio dell’anno l’emergenza carceri ha raggiunto il livello storico più allarmante di sempre determinando una situazione del tutto fuori dal controllo dello Stato. Basti pensare che da gennaio ad oggi si è raggiunto il numero più alto in assoluto di morti in carcere 191 – di cui 76 suicidi con almeno una cinquantina per le quali le cause sono ancora da accertare e per le quali non si può escludere nulla.

Questi numeri dice Di Giacomo fanno diventare inequivocabilmente le carceri italiane le peggiori in Europa e le avvicinano a quelle sudamericane, come del resto confermano le continue sentenze di condanna per lo Stato Italiano da parte degli organismi dell’Ue in materia giustizia e sistema penale.

Ma la situazione si scarica pesantemente in primo luogo sul personale penitenziario – circa 31 mila in servizio – con un forte sottodimensionamento degli organici: su 5 mila assunzioni avvenute con questo Governo per concorsi, almeno 4 mila sono bruciati da pensionamenti con una media di 200 pre-pensionamenti l’anno”.

Come spesso accade in questi casi gli fa eco il Vice Mauro Nardella il quale nel condividere pienamente ciò che afferma Di Giacomo aggiunge che sono sempre più gli agenti neo assunti che decidono di gettare la spugna ancor prima di iniziare a “combattere”.

Anche questo è un segnale che va in netta controtendenza rispetto a ciò che Dostoevskij e Beccaria andavano auspicando per uno Stato che della civiltà ne avrebbero dovuto fare un vanto.

Peccato che chi dovrebbe essere preposto a garantirlo sembra che tutto faccia fuorché “accontentare” non solo i due storici cultori delle carceri mondiali, come Beccaria e Dostoevskij per l’appunto, ma anche e soprattutto quegli illusi che ancora sperano di poterci credere.