Storia, arte e ricerca scientifica nella prima giornata di studi sullo Zafferano dell’Aquila dop a Navelli

NAVELLI – Una prima giornata di incontro tra studiosi, produttori e appassionati per relazionare sui risultati ottenuti dagli studi, in diversi ambiti, sullo zafferano dell’Aquila Dop, è l’iniziativa fortemente voluta e organizzata dal Consorzio di tutela, insieme alla cooperativa dei produttori, alla Fondazione Silvio Salvatore Sarra e il sostegno del Comune di Navelli. Titolo dell’incontro, che si è svolto nei giorni scorsi nella sede del municipio di Navelli (L’Aquila), è stato “Raccontare lo zafferano e il suo territorio”.

Un modo innovativo per parlare dello zafferano, non soltanto per ciò per cui l’oro rosso d’Abruzzo è celebre in tutto il mondo.

Nella giornata, infatti, il ricco parterre di relatori si è alternato declinando il proprio intervento nel proprio ambito di studi: il professor Giulio Pacifico del Liceo Scientifico Andrea Bafile dell’Aquila ha parlato de “La cultura dello zafferano nel Medioevo aquilano”, la professoressa Silvia Mantini dell’Università dell’Aquila è intervenuta su “Storia e storie di zafferano all’Aquila tra Rinascimento ed età moderna”, Paola Iezzone, dottoranda dell’Università di Teramo su “Oltre il confine: lo zafferano aquilano e i mercanti dell’Appennino”, il professor Luca Pezzuto dell’Università dell’Aquila su “La Madonna della Misericordia di Francesco Bedeschini”, la professoressa Paola Pittia dell’Università di Teramo ha illustrato “il progetto Polis sulla valorizzazione delle piante officinali”, la professoressa Lorenza Speranza e la dottoressa Valeria Panella dell’Università Gabriele D’annunzio Chieti-Pescara hanno fatto un intervento su “Zafferano e petali: nuovi orizzonti terapeutici” e, in conclusione, la professoressa Anna Maria D’Alessandro dell’Università dell’Aquila ha relazionato sugli effetti farmacologici dello zafferano.

“Siamo davvero entusiasti della riuscita di questa prima giornata di studi, a cui sono intervenuti moltissime persone. Quello che ci auguriamo, e che ci impegneremo a fare, è che questa sia solo la prima di una lunga serie di giornate dedicate allo zafferano con contributi differenziati e innovativi. Sono contento che tutti i relatori abbiano aderito con entusiasmo, accettando il mio invito, perché sono convinto che sia importante riuscire a diffondere informazioni sugli studi scientifici e sulle nuove scoperte che lo zafferano continua a riservarci. Forniamo spesso il prodotto per questi scopi ma poi c’è una difficoltà ad accedere ai risultati. Lo zafferano è un prodotto fondamentale per il nostro territorio e la giornata di oggi dimostra ancora di più il suo valore”, ha detto Massimiliano d’Innocenzo, presidente del consorzio di tutela dello zafferano dell’Aquila Dop.

La giornata di studi è iniziata con la storia, grazie all’intervento di Pacifico. Nel raccontare la storia dello zafferano dell’Aquila nel periodo medioevale, il professore ha mostrato documenti storici, molti dei quali conservati nell’Archivio di Stato dell’Aquila.

Tra questi il capitolo 536 dello Statuto di Fondazione della città, intitolato ‘zafferano e grano’, “dove viene sottolineato come la cospicua coltivazione di campi con lo zafferano andasse a discapito di quella del grano, che invece sarebbe stata da preferire, in quanto coltura più utile e produttiva. Il prezzo di vendita dello zafferano, però, era maggiore e molti preferivano continuare questa coltura, testimoniando ulteriormente come lo zafferano fosse il prodotto principe dell’economia aquilana insieme alla lana”.

Pacifico ha proseguito leggendo le stanze delle “Croniche” di Buccio di Ranallo fino a ripercorrere il ruolo delle gabelle statali sullo zafferano e quello dei mercanti tedeschi in città. Ranallo racconta in particolare una vicenda: lo spostamento della festa di San Massimo, santo patrono della città, da ottobre al 10 maggio. “Si decise di cambiare la data poiché, essendo ottobre il periodo di raccolta dello zafferano, gli agricoltori della zona non potevano festeggiare e, questa mancanza, punita con la scomunica, avrebbe coinvolto troppi fedeli”, ha spiegato Pacifico.

La professoressa Mantini ha proseguito il racconto storico analizzando, però, il periodo rinascimentale attraverso lettere in cui lo zafferano è al centro della narrazione epistolare. È stato anche approfondito il ruolo delle gabelle sullo zafferano e dei mercanti tedeschi nel periodo, ma anche il blocco del commercio dovuto alla peste del 1656 e la necessità di far ripartire la coltivazione in seguito di questo evento.

È stata poi la volta della dottoressa Iezzone, la quale ha illustrato quanto L’Aquila fosse un importante centro di produzione dello zafferano durante il periodo Regno di Napoli. “L’Aquila era conosciuta in tutto il regno e nel comprensorio c’era un fitto calendario di eventi dove mercanti e produttori potevano incontrarsi senza mancare alcun evento in quanto era tutto perfettamente calendarizzato. La città era un importante polo con i centri limitrofi ed era un luogo di collegamento con gli stati confinanti. Bisogna pensare il confine non come un limite ma come una cerniera di comunicazione, non una barriera”, ha affermato la dottoressa nel suo intervento.

L’intervento di Pezzuto ha portato alla luce una nuova scoperta: dagli studi fatti su un’acquaforte rappresentante la ‘Madonna della Misericordia’ di Francesco Bedeschini si è scoperto che la carta su cui questa è incisa, di evidente colore giallo, è stata tinta con lo zafferano. “In vent’anni di studio è la prima volta che mi capita di vedere una cosa del genere, anche perché la carta ha un colore giallo molto intenso. Abbiamo notizia che dopo aver comprato la matrice per l’acquaforte e la carta, sia stato acquistato lo zafferano perché, per dare una connotazione estetica, si è scelto di usare una carta tinta”, ha spiegato Pezzuto.

La professoressa Pittia nell’esporre il progetto P.O.L.I.S, che opera sulle filiere regionali delle piante officinali, in particolare luppolo e zafferano, ha descritto gli esiti delle analisi laboratoriali, effettuate con tecniche analitiche e diagnostiche, sulla crocina e sugli aromi dello zafferano. Ha inoltre proposto il risultato di uno studio fatto sulla liofilizzazione degli stimmi con tabelle esplicative che chiarivano come il prodotto ottenuto con questa tecnica abbia fornito dati costanti e valori qualitativi alti.

I petali sono stati al centro dell’intervento della professoressa Speranza: negli studi effettuati le note proprietà antinfiammatorie dello zafferano sono state riscontrate nei fiori. I petali dello zafferano, utilizzati dopo processi di estrazione di alcuni composti chimici, sono attualmente oggetto di studio per il trattamento di malattie croniche come la colite ulcerosa e il morbo di Chron. Gli esiti finora ottenuti sono stati dettagliatamente esposti nell’intervento della dottoressa Panella, parte del team di studi di Speranza.

In conclusione, la professoressa D’Alessandro, autrice della pubblicazione “La salute ha l’oro in bocca”, realizzata con il sostegno dell’Università dell’Aquila, della cooperativa Altopiano di Navelli e della Onlus Salute Donna, e distribuita ai presenti, ha approfondito nell’incontro le proprietà antitumorali della spezia e i risultati ottenuti attraverso la somministrazione di zafferano e dei principali carotenoidi di cui è composto, crocina e crocetina, per il trattamento e la prevenzione nelle formazioni tumorali.

Al termine dell’incontro il Christian Di Fiore Trio, con il suo concerto, ha proposto il suo viaggio musicale nella tradizione molisana e abruzzese, ma con contaminazioni contemporanee e estere.

La stagione della raccolta dello zafferano, intanto, si è conclusa domenica scorsa con il “Concerto di fine raccolto” che ha chiuso per il 2024 la rassegna “Zafferano: coltura è/e cultura”.