Gravi criticità carcere di Sulmona. Nardella (SPP): Il nuovo Capo del Dipartimento Lina Di Domenico faccia chiudere i reparti fatiscenti, trasferisca i detenuti riottosi e metta in atto una politica di rilancio degli organici
Sulmona (AQ)- Come molti avranno notato negli ultimi tempi, e per tutta una serie di ragioni, il carcere di Sulmona è balzato agli “onori” della cronaca nazionale.
All’ottima operazione di Polizia (Penitenziaria ci terrei a sottolineare) svoltasi la settimana scorsa, che ha portato al rinvenimento di circa 40 telefonini, droga e, ci metterei, un pericoloso coltello, aggiungo quella relativa alla consegna del nuovo padiglione avvenuta un mese fa circa ma non ancora, e per ovvi motivi mi verrebbe da dire, reso funzionale.
Molte di più, a dir la verità, sono le notizie non proprio piacevoli (soprattutto per gli addetti ai lavori) che ci terrei a dare in dote all’opinione pubblica con in testa il nuovo Capo del Dipartimento Lina Di Domenico alla quale va il mio augurio di proficuo lavoro.
Lo faccio affinché si prenda contezza della disarmante situazione, sia essa logistica che organica, nella quale versa il penitenziario Peligno.
Si dice attorno all’istituto ovidiano che è di massima sicurezza, che è uno dei più importanti d’Italia e che è in procinto di divenire uno dei più centrali d’Europa.
Non male per un territorio che conta poche strutture istituzionali in grado di sopportarne a mio modesto parere il peso.Ma di questo parleremo successivamente.
Iniziamo col mettere in risalto quella relativa all’inadeguatezza dei vecchi reparti oramai obsoleti e per nulla rispondenti ai voleri del regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario per i quali chiedo l’immediata chiusura per ovvi motivi anche di carattere igienico sanitario.
L’altra notizia che vorrei campeggiasse su tutti i giornali fa capo al mancato trasferimento da Sulmona, contrariamente a quanto accade altrove, dei detenuti riottosi. Gli stessi permanendo di fatto in loco, inquinano e non poco le velleità di chi ha accettato di aderire al programma trattamentale partecipando attivamente e con profitto all’opera rieducativa. Sto parlando di quei detenuti che hanno ammesso i loro sbagli ma che trovano difficoltà a uniformarsi al programma trattamentale proprio per la presenza di persone che il crimine, malgrado stiano in carcere, perpetuandolo senza alcuno scrupolo, non se lo vogliono proprio scrollare dì dosso.
Se poi ci aggiungo il fatto che facendoli restare a Sulmona gli stessi non solo continuano a fare ciò che gli riesce meglio fare, ovverosia delinquere, ma ne potenziano il costrutto va da sé che il danno risulta doppio.
I vecchi reparti, non lo denunciamo oggi, si presentano ripieni di infiltrazioni di acqua, di circuiti elettrici che sovente vanno in tilt, di vani docce da terzo mondo per via della mancanza di areazione capace di dissipare le avvenenti muffe catalizzanti l’insalubrità dei vani stessi; di termosifoni che, complice la vetustà degli impianti idraulici, vecchi più di 40 anni, hanno già lasciato alcuni detenuti senza riscaldamento obbligandoli, onde poter consentire il ripristino della loro funzionalità, a ricoveri di fortuna.
Cosa dire poi dell’ acqua calda e delle docce che di norma dovrebbero fare parte del corredo logistico della camera di pernottamento (alias cella) ma che di fatto, a distanza di 25 anni dall’avvento del nuovo regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario, non ancora vengono all’interno di esse implementate?
Il nodo degli organici rimane attuale nella sua assoluta drammaticità e rischia di peggiorare ancor di più la condizione generale, già refrattaria di per sé, qualora l’apertura del nuovo padiglione non fosse accompagnata dall’arrivo di adeguato personale e a tutti i livelli visto che l’amministrazione dei nuovi potenziali arrivi non si fonda esclusivamente sulla sicurezza.
Servirebbero, a tal proposito, oltre ai 100 nuovi agenti di polizia Penitenziaria anche, e questo lo saprebbero finanche gli alunni delle elementari, altri funzionari giuridici pedagogici (educatori), medici, psicologi, fisioterapisti, infermieri, OSS, ragionieri, addetti alla manutenzione degli impianti.
Cosa dire poi della questione legata alla logistica alla quale come minimo ne dovrebbe essere garantito il potenziamento?
Mancherebbero all’appello, infatti, due nuove cucine visto che per legge ce ne vorrebbe una ogni 200 detenuti;
non c’è un adeguato reparto per multivideoconferenze atteso che le 5 aule utilizzate per le udienze a distanza già oggi risultano insufficienti ( allo scopo potrebbe essere utile il riattamento del reparto ora riservato agli incompatibili Collaboratori di giustizia e che andrebbe ovviamente chiuso);
Non c’è un adeguato numero di uffici e di mezzi per la traduzione dei detenuti da un luogo all’altro;
Ci vorrebbe un ospedale cittadino più attrezzato;
Un numero di forze dell’ordine esterno del carcere più cospicuo ( a tal proposito ci si chiede se di questo al Comitato Provinciale per l’ordine e la Sicurezza se ne sia discusso).
Insomma, mancano tante cose all’appello e tutte di primaria importanza.
L’invito che come Vice Segretario Generale del Sindacato di Polizia Penitenziaria faccio al Capo dell’amministrazione penitenziaria in primis e a tutti gli attori del mondo carcerario è che preparino bene il terreno per la semina se non si vorrà raccogliere solo gramigna.
Così il Vice Segretario Generale SPP Mauro Nardella