Foreste a rischio con il ridimensionamento del Parco del Sirente-Velino

I Comuni che vogliono uscire dal Parco mirano a poter tagliare gli alberi con minori vincoli ambientali a favore delle centrali a biomasse forestali, una forma di produzione dell’energia elettrica che causa deforestazione e mette a rischio la salute dei cittadini

L’Aquila – L’associazione GUFI – Gruppo Unitario per le Foreste Italiane si oppone al ridimensionamento del Parco Regionale del Sirente-Velino e denuncia l’intenzione dei Comuni che vogliono uscire dal Parco di aderire al progetto Foreste Modello, che promuove la gestione attiva dei boschi a fini produttivi per alimentare le centrali a biomasse forestali. L’associazione chiede che i confini del Parco non vengano modificati e che questo venga rilanciato, con un piano del Parco adeguato che sottragga il territorio alle speculazioni degli amministratori poco avveduti e che garantisca finalmente un’adeguata tutela e promozione dell’area, a favore della natura e dei cittadini che lo abitano. Si sottolinea inoltre che la petizione contro il ridimensionamento del Parco, promossa da 18 associazioni, ha già raggiunto l’importante cifra di 80mila firme.

La proposta di legge per la riduzione del Parco Regionale Sirente-Velino prevede il taglio di circa 8000 ettarinella Valle Subequana e sull’Altopiano delle Rocche, riducendo la dimensione del parco di oltre il 15%. Una riperimetrazione arbitraria e priva di motivazioni tecnico-scientifiche nonché di continuità geografica e di tutela ambientale che andrebbe a danneggiare ulteriormente un parco già commissariato dal 2015.

Negli scorsi anni, dietro spinta di comuni del Parco, all’instaurarsi di ogni nuovo governo regionale sono seguite riperimetrazioni del parco o proposte in tal senso, per fare spazio a cave e pale eoliche o aprire la zona alla caccia. Proprio tra i Comuni che vorrebbero uscire dal Parco sono state già realizzate o proposte opere pericolose per l’integrità ambientale dei luoghi: basti pensare al moltiplicarsi delle piste da sci, alla Galleria di Serralunga, all’eliminazione totale di vaste superfici boscate, alla proposta di spostare il percorso autostradale dalla sede attuale per farla passare in piena valle Subequana – con relativi trafori e minacciando anche le falde acquifere – e a quella di costruire tre centrali idroelettriche che avrebbero finito per peggiorare la già drammatica condizione del fiume Aterno che ormai spesso secca in estate. Iniziative purtroppo spesso promosse dalle amministrazioni locali.

Con questo ridimensionamento, sarebbero diversi i Comuni i cui territori uscirebbero parzialmente dal Parco e vedrebbero quindi allentarsi la tutela ambientale, facilitando la realizzazione di opere devastanti per il territorio, tra cui anche le attività di esbosco su più larga scala. I Comuni della zona stanno infatti aderendo a consorzi forestali privati proprio per aumentare o iniziare l’utilizzo intensivo del patrimonio forestale: iniziative che non possono che preoccupare fortemente chi ama l’ambiente e le foreste e vuole che vengano tutelate.

Un esempio di ciò è quanto sta avvenendo nel Comune di Molina Aterno (AQ), tra i maggiori sostenitori del ridimensionamento del Parco. Il Comune ha aderito, promuovendosi come capofila dei Comuni interessati, al Progetto Foreste Modello – promosso dall’associazione Ilex e sposato dalla Regione Abruzzo con una legge regionale del 2018 – che propone una gestione attiva del bosco e l’utilizzo del legname così ricavato per farne combustibile per centrali di produzione di energia elettrica alimentate a biomasse forestali.

La gestione attiva del bosco prevede un forte aumento del prelievo di legname, con il taglio degli alberi più vecchi (fondamentali per molte specie) e la distruzione del sottobosco. Cioè che rimane del bosco dopo che questo è stato sottoposto a un regime di gestione attiva è uno spettacolo desolante, con pochi giovani alberi superstiti, lontani tra loro, danneggiati dalla ceduazione: un panorama che certo non contribuirà ad attirare un maggior numero di turisti. Il progetto della Ilex prevede inoltre la distruzione dei boschi ripariali, promuovendo una gestione scellerata del patrimonio idrico che non tiene conto del ruolo fondamentale della vegetazione lungo le sponde per la sicurezza idrogeologica del territorio. Quanto elencato è già avvenuto nel Comune di Fontecchio, dove il patrimonio forestale è stato danneggiato per alimentare la centrale a biomasse lì presente, e dove le sponde del fiume Aterno sono state completamente spogliate dagli alberi ed è stata alterata la struttura della vegetazione. A Molina, in linea con la filosofia di gestione dei boschi promossa dal progetto Foreste Modello, sono stati distrutti la vegetazione ripariale e ampie zone montane. Tra i progetti della Ilex c’è anche quello di costruire tre centrali idroelettriche nelle zone di Corfinio, Raiano e Bugnara, con evidenti conseguenze sull’ecosistema del fiume.

Il legname ottenuto dalla gestione attiva dei boschi dovrebbe, secondo il progetto, bruciare in centrali a biomasse come quella di Fontecchio. Le biomasse forestali sono una forma di energia non sostenibile, altamente inquinante e molto pericolosa per la salute dei cittadini, che sta causando una vasta deforestazione del patrimonio boschivo europeo, come recentemente denunciato da molti media quali The Guardian. L’Unione Europea stessa sta mettendo in dubbio l’opportunità di sovvenzionare le biomasse forestali come fonte di energia rinnovabile, rivalutandone la sostenibilità, ed è notizia di pochi giorni fa che anche l’Olanda sta facendo marcia indietro su questa fonte di energia. Il pericolo per la salute dei cittadini viene dalle grandi emissioni di particolato che scaturiscono dal bruciare legna.

Tutto ciò sarebbe favorito dall’uscita dal Parco dei Comuni interessati, i quali, allentate le tutele ambientali, potrebbero più facilmente procedere al taglio degli alberi. La riduzione del perimetro del Parco non sembra quindi affatto legata solo alla questione della caccia, già grave di per sé, ma parte di una visione più ampia che, se applicata, avrebbe conseguenze devastanti per un’area di grande valenza naturalistica e di fondamentale importanza per la biodiversità italiana dove vivono animali come il lupo, l’orso marsicano, il cervo, il camoscio d’Abruzzo, l’aquila reale, l’avvoltoio grifone, la coturnice e molte altre specie protette, animali e vegetali. Una visione miope che non promuove il territorio ma lo devasta e lo inquina.

Il GUFI ricorda che le uniche foreste modello sono quelle lasciate alla loro evoluzione naturale. Quando questo accade, una foresta con il tempo si trasforma in una foresta vetusta, dove si riscontra una grandissima biodiversità. L’Abruzzo ha alcuni dei pochissimi boschi vetusti rimasti in Italia, e potrebbe averne altri se solo lasciasse fare la natura e i Comuni non si lanciassero in speculazioni che devastano il patrimonio forestale e le bellezze naturali della Regione. Il Parco del Sirente-Velino merita di meglio e per questo il GUFI chiede che il Parco venga sottratto allo stato di commissariamento e venga valorizzato rilanciato, in armonia con la vocazione dell’Abruzzo a essere la “Regione Verde” d’Italia. Il rilancio – anche economico – del territorio non può prescindere dalla conservazione ambientale e dalla promozione di un turismo ecosostenibile, intercettando una tendenza culturale che vede i cittadini sempre più attenti all’ambiente e i turisti sempre più propensi a visitare aree dove la natura è incontaminata.

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