“Il mio nome è Fidalma Partenide”. Storia di Petronilla Paolini Massimi, poetessa marsicana
MAGLIANO DEI MARSI – “Vide, e n’ebbe stupor pari all’evento, Sul fior intatto maturar il frutto; E trar dolce alimento. Dalla materna vostra amabil cura Infante, e nudo il Creator del tutto”. I versi che vi abbiamo riportato qui su sono stati scritti da una poetessa Marsicana poco conosciuta ma di una grande profondità poetica ed umana, stiamo parlando di Petronilla Paolini Massimi.
Nella giornata di oggi, sabato 29 agosto, come letto in altro ampio servizio, il nostro collega Reno Giovagnorio ha ricevuto l’importante medaglia “Petronilla Paolini Massimi” dal Comune di Tagliacozzo ed anche per riconoscimento per il prestigioso premio ad un nostro illustre collega, oggi vi racconteremo la storia di questa poetessa.
Petronilla nacque il 24 dicembre del 1663 a Tagliacozzo ed apparteneva ad una famiglia di studiosi e matematici. Ancora piccina, Petronilla restò orfana di padre – il padre Francesco Paolini aveva un palazzo nel centro storico di Magliano – con la madre si trasferì a Roma presso il monastero di Santo Spirito in Sassia. Oltre alla perdita del padre, la povera bambina andò in sposa a Francesco Massini più vecchio di lei. Da questo infausto e carcerario matrimonio nacquero 3 figlio Angelo, Domenico e Emilio.
Ma Petronilla non si perse d’animo e fece uscire tutta la sua forza di donna; lasciò suo marito e si rifugiò in un convento. Da lì riprese la sua grande attività letteraria. I suoi versi, dal sapore religioso e non, sono intrisi di dolcezza e dolore. Aderì alla scuola letterale “Arcadia” usando lo pseudonimo che ho citato inizialmente. I suoi ultimi anni di vita furono di grande rivalsa: nel 1707 morì suo marito e poté tornare nella propria casa con i suoi figli. Nonostante la sua vita romana non dimenticò la sua amata Marsica: ritornò nel 1709 per un po’ di tempo. Petronilla morì il 3 marzo del 1723 ed è tutt’ora sepolta nella chiesa di Sant’Egidio a Trastevere (Roma).
Vi lasciamo con alcuni dei sui verso, consci di avervi stupiti con la storia di una poetessa poco conosciuta. “So ben che i fati a noi guerra non fanno, né i suoi doni contende a noi natura:sol del nostro valor l’uomo è tiranno”.