I grandi delitti di Roma. Il Collezionista di ossa della Magliana
Ho trattato in alcuni articoli degli enigmi irrisolti, di delitti che sono rimasti senza colpevole. Ora ve ne propongo uno che vi lascerà allibiti. Non tutti lo ricordano ma a Roma vi fu un caso di omicidio degno della serie televisiva Bones, anzi per certi versi coincide con una puntata in particolare, quella dove in un caveau è ritrovato uno scheletro composto da parti provenienti da corpi diversi. Quella di Bones è fiction televisiva ma quello che vado a raccontarvi è realtà, anzi pura cronaca.
Siamo a ottobre del 2003: alla Magliana, quartiere popolare di Roma; scompare dopo essere uscito per la solita passeggiata un pensionato di 77 anni, Libero Ricci, artigiano decoratore in pensione. Successivamente, nel luglio 2007, nella stessa zona, dopo un incendio vicino ad una nota pista ciclabile del quartiere, emerge uno scheletro. Accanto ai resti le chiavi di casa e la carta d’identità dell’anziano pensionato sparito da anni. Tutti erano convinti che fosse lui tranne i familiari, i quali trovarono strano non solo che il loro congiunto fosse andato a finire in quel canneto, ma anche i vestiti e le scarpe rinvenuti o meglio ciò che ne era rimasto dopo l’incendio, non corrispondessero a quelli indossati dal pensionato il giorno della sua scomparsa. Fu richiesta, dalla famiglia, all’autorità giudiziaria l’esame del DNA delle ossa ritrovate per accertare che appartenessero effettivamente al loro padre. Il magistrato, dopo aver appurato la sussistenza dei presupposti, accolse la richiesta e dispose l’estrazione del DNA e il confronto con il codice genetico dei figli del Ricci.
L’italico sistema scientifico forense si mette all’opera e dopo… tre anni i genetisti dell’Istituto di Medicina Legale, estratto il DNA e completate le comparazioni cosa ti andarono a scoprire? Il DNA dello scheletro ritenuto appartenere al signor Ricci non corrispondeva a quello del figlio. Insomma non c’era parentela tra figlio e presunto padre vabbè cose che possono capitare nelle famiglie ma, ad una successiva indagine, risultò che quelle ossa non erano nemmeno dell’anziano scomparso.
Ci volle un paleontologo che cominciò a separare tra loro i poveri resti:- un uomo, una donna, uomo, donna, donna, uomo… -, per far comprendere a scienziati e inquirenti che lo scheletro era una macabra composizione. Teschio, femore, rotule, bacino erano appartenuti a ben 5 persone differenti: tre femmine e due maschi. Immagino il genetista telefonare in procura all’allora pm Marcello Monteleone: – Buongiorno dottore ci sarebbe una novità: le ossa di via Pescaglia non sono di un uomo, sono di una donna, anzi di tre donne e di due uomini insomma sono appartenute a cinque persone diverse…– Il pm rimane un attimo sconcertato poi: – …è sicura di stare bene? È certa di quello che dice?- – assolutamente Dottore – Cosi partì una inchiesta per omicidio volontario plurimo e occultamento di cadaveri… Se non fosse stato per il figlio, la famiglia avrebbe tumulato una sorta di pot- pourrì di scheletri. Come mai non se ne erano accorti prima? La memoria mi corre al delitto di Cogne dove il povero bimbo, ucciso non si sa bene con quale corpo contundente, era solo in casa con la madre il cui pigiama e pantofole furono trovate macchiate del sangue del fanciullino e nonostante l’evidenza si continuò a cercare l’assassino, anzi si disse che un aneurisma cerebrale avrebbe fatto , puff!, esplodere la testa della vittima. Poi la ragionevolezza ebbe il sopravvento e la Franzoni conobbe le patrie galere.
Torniamo a noi: Dopo una analisi effettuata dal laboratorio Circe di Caserta con il metodo Bomb – Spyke di datazione al radiocarbonio, a qualcuno venne in mente che il “collezionista di ossa” (chiamiamolo così) aveva messo insieme resti di epoche molto lontane tra loro per cui potevano provenire da diverse regioni d’Italia (o da altre nazioni, perché no?
Le tre femmine furono catalogate come “F1”, “F2”, “F3” i due maschi, come “M1” e M2”. Le morti dei soggetti erano avvenute in un arco temporale che va dal 1989 al 2006. L’Istituto di Medicina Legale di Roma attribuì il teschio, che aveva dei denti usurati e mai curati, le vertebre e l’emicostato destro con esiti di fratture costali a una donna tra i 45 e i 55 anni, la cui morte sarebbe risalita tra il 2002 e il 2006 e che fu classificata come “F1”. La tibia destra apparteneva a “F2” una seconda donna di una età compresa tra i 20 e i 35 anni, deceduta presumibilmente tra il novembre del 1992 e il febbraio del 1998. La fibula destra era della terza donna “F3”, morta tra il 1995 e il 2000, tra i 35 e i 45 anni di età. Il resto delle ossa appartenevano a due uomini: scapola e arto superiore destra è attribuito a “M1” di età compresa tra i 40 e i 50 anni e morto tra il 2002 e il 2006, il femore destro a “M2”, tra i 25 e i 40 anni, morto tra il 1986 e il 1989. Naturalmente furono avviate ricerche tra le persone scomparse nel periodo compreso tra il 1992 e il 2006 a Roma, ma senza esito. Tra lo stupore generale si scoprì, in seguito, che “F1”, la donna a cui appartenevano il teschio e la spina dorsale dello scheletro era parente della mamma di Libero Ricci, morta nel 1987… .
Gli inquirenti cominciarono ad ipotizzare sull’identità di colui che aveva costruito il macabro mosaico. Si pensò ad un necrofilo oppure ad un ladro di tombe, magari un impiegato delle pompe funebri o del cimitero, insomma qualcuno che poteva avere accesso a dei cadaveri. Manco questa ultima ipotesi andò bene perché il medico legale non trovò sui resti tracce di zinco o altri materiali utilizzati nella fabbricazione di bare.). Non si riuscì nemmeno a cavare un ragno dal buco sull’identità del misterioso assemblatore di ossa e l’inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere fu a archiviata nel 2011. Voi penserete: – Ma si tratta di un serial Killer, potrebbe colpire ancora se non lo ha già fatto! – ebbene secondo gli inquirenti non poteva esserlo perché mancava la ripetitività delle azioni: insomma tra un assassinio e l’altro sarebbe passato troppo tempo! Se, caso volesse, era un serial killer lento? Oppure uccideva solo in determinate condizioni? Sapete quale fu la tesi più accreditata? Si sarebbe trattato di un necrofilo collezionista che si era sbarazzato dei suoi macabri cimeli. Non poteva trattarsi di un serial killer con l’hobby del collezionismo? Anche qui il “metodo Cogne” sembra imperare.
Una cosa pare certa: chi compose lo scheletro aveva una buona infarinatura di antropologia, inoltre, ulteriore curiosità, Ricci lavorò per molto tempo al Vaticano proprio nel periodo concomitante con la sparizione della povera Manuela Orlandi, fatto nel quale, si disse, era implicata la Banda della Magliana. Cose da televisione o da film horror e invece la realtà appare più fantasiosa dell’immaginario. Quello che mi lascia perplesso è che lo scheletro fu composto in un canneto praticamente accanto a delle abitazioni. Possibile che nessuno abbia visto qualcosa? Non solo: perché ricostruire uno scheletro in mezzo a delle sterpaglie? Alla fine della fiera, del povero pensionato non se ne è saputo più nulla e pure quello rimane un mistero aperto. A dirla tutta un mistero nel mistero ci sarebbe ed è quello della donna imparentata con Ricci. Possibile che nessuno in famiglia ne avesse mai denunciata la scomparsa o non si fosse accorto che era sparita?
Domande si affastellano a domande, ad esempio: Quelle ossa non potrebbero essere appartenute a persone che vivevano ai margini della società o non censite delle quali nessuno ha reclamato la scomparsa? Che fine ha fatto Libero Ricci? Possono un marsupio e uno scheletro rimanere invisibili per 4 anni vicino a una strada e al greto del Tevere? Come ha fatto il misterioso necrofilo a comporre la sua opera senza essere visto? L’incendio è stato casuale? E’ solo una coincidenza che “F” sia imparentata con il pensionato scomparso? Chi diamine è il “Collezionista di ossa”? Tutti questi interrogativi sono rimasti senza risposta oppure, vista la velocità delle indagini l’avranno tra qualche decina di anni. Una cosa è certa qua non esiste finzione filmica, il fatto non solo è accaduto ma rimane ancora irrisolto. Credevo che alcune cose accadessero solo nelle fiction invece accadono anche nella realtà, eccome se accadono… Un saluto da un metro e mezzo.