La Lancia di Longino. I misteri sul centurione che ferì Cristo al costato e si rifugiò a Lanciano
La sua lancia sarebbe finita in possesso di Costantino, Teodosio, Carlo Martello, Carlo Magno, Ottone, Federico Barbarossa, degli Asburgo e di Adolf Hitler per poi tornare in Austria
Voglio citare un passo del Vangelo tratto dal versetto di Giovanni 19, 31-37, precisamente il 33: “33 Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua”. Tranquillizzatevi non ho l’intenzione di trascinarvi in una lezione di religione ma di raccontarvi la storia di quella che fu definita la “lancia del destino”.
Secondo il quarto Vangelo, quello di Giovanni, alcuni centurioni si recarono sul Golgota, la montagnola dove era stato crocefisso Gesù, e i due ladroni, per accertarsi l’avvenuto decesso dei tre. Videro i due ladroni agonizzanti e si dissero:- diamogli una mano – e gli spezzarono le gambe. Detta così pare una cosa sadica, in realtà per abbreviare l’agonia dei crocifissi si praticava il crurifragium, cioè venivano spezzati gli stinchi con un colpo secco per impedire al condannato di sollevarsi per respirare, facendo forza sui piedi inchiodati. Per quanto riguarda Gesù, che pareva già bell’e morto, gli affibbiarono un colpo di lancia nel costato dal basso verso l’alto che era una tecnica precisa usata spesso dai soldati romani come colpo di grazia per finire il nemico in battaglia: il braccio destro, infatti era quello armato e non protetto dallo scudo. Nel caso del Nazareno, il colpo di lancia fu utilizzato per verificarne la morte (che poi se fosse stato ancora vivo, la cosa lo avrebbe comunque ammazzato).
Fin qui la vicenda è nota, quello che è meno conosciuto il nome del centurione che inferse il colpo di lancia. Si chiamava Gaio Cassio Longino (secondo il Vangelo di Nicodemo, perché di Vangeli non ce ne sono solo quattro). Secondo gli Acta Pilati Longino era il centurione al comando del picchetto di soldati che, dopo aver assistito alla morte di Cristo, furono posti a guardia del sepolcro. Ci crederete? Era probabilmente emiliano, avete capito bene, un italiano! Da quel giorno la sua vita cambiò. Stando alla tradizione Longino contribuì alla diffusione a Gerusalemme del resoconto relativo alla Resurrezione di Cristo. La cosa favorì la conversione di molte persone ma anche la sua disgrazia personale decretata dai maggiorenti del tempo i quali ne ordinarono l’uccisione. Il centurione, avendo “mangiato la foglia”, lasciò l’esercito romano assieme a due commilitoni e venne in Italia rifugiandosi in una contrada poco distante da Lanciano. La cosa non gli riuscì bene perché, pare, sarebbe stato raggiunto dai suoi persecutori e martirizzato vicino a Mantova. Naturalmente fu fatto santo. Tante se ne dicono su di lui; secondo la legenda aurea, Longino avrebbe perso la vista per punizione in quanto aveva colpito il corpo santo di Cristo, riacquistandola, però, subito dopo essersi bagnato col sangue che colava dalla lancia stessa. Stando ad una ulteriore versione, invece, il nostro Longino era già mezzo guercio (In alcuni dialetti della Calabria, una persona con gli occhi sfregiati è ceculancinu) e si guadagnò la guarigione perché impedì che a Gesù fossero spezzate le gambe prevenendo i soldati col trapassarlo al costato. Il suo corpo fu sepolto in Cappadocia dove oggi sorge la basilica di Sant’Andrea dove è coservato ad oggi-il sarcofago con i resti del Santo.
Longino e la sua lancia, comunque, si resero immortali: è del Bernini stesso la statua del Santo alla base di uno dei quattro piloni che sorreggono la cupola di San Pietro ma anche la città di Lanciano pare derivi il suo nome latino da quello più antico di “Anxanum”, legato al prodigioso oggetto. Gli imperatori del Sacro Romano Impero, inoltre, avevano tra le proprie insegne la “sacra lancia”. Tornando alla lancia, la sua punta non è solamente entrata nella storia della religione ma anche in quella del mondo laico. Come è d’obbligo nel campo delle reliquie “importanti” in giro ce ne sono diverse con la pretesa di essere l’unica e originale. In realtà ne esistono diversi pezzi, perché era stata divisa in piccole parti, ecco il motivo per cui esistono tante nazioni che ne rivendicano il possesso.
Anche in Italia non scherziamo e la lancia è ora in Vaticano; sarebbe giunta a Roma, con un metodo tutto clericale, nel 1492 grazie ad un ‘accordo’ fra il tiranno turco Bayazid e il papa Innocenzo VIII. Il papa avrebbe, come dire… ‘trattenuto’ in Italia il fratello del tiranno, catturato dai cristiani, in quanto costituiva una minaccia al trono turco. Il favore sarebbe stato ricompensato con il sacro resto.
Altra reliquia è conservata a Vienna nel Tesoro Imperiale di Hofburg, in Austria. Si racconta che appartenne sia a San Maurizio che a Costantino il Grande e si ritiene sia stata alla base del successo di entrambi. Come mai una reliquia avrebbe dovuto essere la chiave del successo di Costantino? La lancia è un’arma appuntita e i talismani con la punta erano considerati più potenti, insomma si possono puntare sul nemico un po’ come la bacchetta magica di Harry Potter. Nel nostro caso, poi, rappresenta un talismano che ha toccato il Cristo, dal quale avrebbe trasfuso in sè forza e potenza e quindi uno strumento formidabile nelle mani dell’Imperatore.
In effetti coloro che lo hanno avuto hanno sempre brillato per grandezza; passò di mano in mano tra gli imperatori romani: Massimiano, Costanzo Cloro, Costantino e Teodosio. Successivamente finì in mano a Carlo Martello, re dei Franchi, quindi passò al nipote Carlo Magno, all’imperatore del Sacro Romano Impero Ottone I il Grande. Se la portò via Federico Barbarossa e infine arrivò alla famiglia austriaca degli Asburgo i quali già del loro erano mezzi santi in quanto re taumaturghi, cioè guaritori. A tal proposito pare che il loro potere curativo provenisse dai merovingi stirpe dalla quale erano discendenti e che era la linea di sangue del Cristo.
Fino al 1938 il sacro oggetto rimase in Austria e poi finì nelle mani di Adolf Hitler per il quale la reliquia custodita a palazzo Hofburg era diventata una ossessione: la lancia avrebbe potuto trasformarlo nell’uomo più potente del mondo e il Führer era sensibile al richiamo esoterico. Uno dei più interessanti misteri legati al nazionalsocialismo è legato proprio a lei, alla cui forma si ispirarono Himmler e i suoi consiglieri per il progetto finale del complesso di Wewelsburg, il centro ideologico e mistico delle SS. Ma continuiamo la nostra storia… . Hitler ordinò di portarla a Norimberga su un treno corazzato. Fece preparare una zona appropriata all’interno della Chiesa di S. Caterina (dove fu allestito un vero e proprio santuario mistico-esoterico) custodita da un corpo scelto di SS. Il santo resto era mostrato come simbolo della sacralità della missione germanica ricollegandovi il mito di invincibilità. In realtà Hitler voleva fortemente la Lancia del Destino perché le si attribuivano grandi poteri. Si credeva che il leader possessore beneficiasse delle facoltà insite in essa e che avrebbe potuto persino sostenere il destino del mondo nelle sue mani nel bene e nel male. Insomma chi l’aveva poteva godere della vittoria perpetua, sconfitta e morte a chi l’avesse perduta. Entrato in possesso della Lancia di Longino, Hitler riteneva, quindi, di poter conquistare il mondo. La storia ci dice che andò in tutt’altro modo e l’imbianchino andò… in bianco. Dopo la disfatta di Stalingrado, venne portata in un bunker blindato sotto l’antica fortezza di Norimberga, ma terminati i terribili bombardamenti della città, se ne persero le tracce.
Alla fine della II Guerra Mondiale, Il 30 aprile 1945, la compagnia statunitense guidata dal tenente William Horn era alla ricerca del tesoro degli Asburgo. Un proiettile, partito accidentalmente, svelò l’accesso al tesoro e lì, su una base di velluto rosso fu ritrovata la lancia di Longino e Il tenente Horn ne prese possesso in nome del Governo degli Stati Uniti. La storia ci racconta che, a un centinaio di chilometri di distanza, nel suo bunker di Berlino, quello stesso pomeriggio, Adolf Hitler si suicidava. Forse la leggenda era vera… . Nel 1946 il generale Patton restituì la lancia all’Austria assieme al tesoro degli Asburgo.
Chi avrebbe mai pensato che quella lancia, trafitto il costato di Cristo, dal Golgota avrebbe percorso i secoli passando di mano in mano da un imperatore all’altro per giungere sino al castello di Wewelsburg nelle mani di Adolf Hitler… . Ora è di nuovo in Austria, in una vetrinetta, nemmeno tanto in vista, a rammentarci un detto latino: Sic transit gloria mundi “così passa la gloria del mondo“; queste parole erano ripetute tre volte dal cerimoniere al papa subito dopo la sua elezione; volevano ricordare al capo della Chiesa cattolica la transitorietà del potere temporale e il carattere effimero delle cose terrene. Ma poi ‘sta Lancia di Longino è veramente così potente? Chi lo sa? Dimenticavo… è parere di alcuni studiosi che la reliquia austriaca risalga al Medioevo e non ai tempi di Cristo. Se così fosse pensate che fregatura… Un saluto da un metro e mezzo (e con la mascherina).