Pagine-scritte – Le riflessioni personali al tempo della epidemia…

“Sabato, pian piano, se ne,va…”

E’ sera,silenziosa sera…
Un sabato d’autunno, divenuto improvvisamente uggioso, scivola via tra le ombre della sera.
Dalla finestra guardo quattro gocce scendere dal cielo, mentre prima, uscendo dalla chiesa, ho visto la piazza vuota con solo due coppie d’ombrelli rossi correr via sotto la pioggerellina insistente…
Che strano questo mondo!
Ci avviamo a chiuderci nel silenzioso io interiore di serate che tornano a casa in un’epoca nella quale la comunicazione sembrerebbe essere stato tutto, ma solo fino a ieri e, tutto sembra finito come una sigaretta che, lasciata accesa nel posacenere, lentamente si spegne.
Chiudo la finestra e getto uno sguardo alla scacchiera dove una fatal Regina si prepara a dare lo scacco finale ad un re bianco che pare assorto in una meditazione estrema.
Mi vien da sorridere perché penso che l’esistenza sia molto strana e unica nel suo genere: in autunno viviamo le stesse cose della passata primavera…Sento un gatto miagolare insistentemente, mentre il cane della vicina minaccia di farne scempio.
Una vettura passa rombando.
Qualcuno sta ascoltando l’aria di “Nessun dorma…”
Riapro la finestra e canto su quelle note: qualcuno grida “bravo!” al “vincerò” finale, ma il sabato scivola via come quella vecchia canzone che lo nominava…


“Passi silenziosi nella città deserta…”

Una folata gelida, come di vento dal nulla lontano di una Siberia ruggente, batte la piazza nuda e vuota…Il salotto della città è buio, in ombra stanno le suppellettili disegnate fuori del tempo e di ogni altro contesto, almeno ora che la veglia inquieta lascia spazi solo a pensieri d’altro genere.
I mucchi selvaggi son dispersi in questo Nefud di pietre gelide e mal rischiarate.
Passi silenziosi risuonano nella città deserta, mentre qualche rara goccia cade al suolo come sminuite lagrime d’un cielo tetro ed avvolto in una dolorosa cappa notturna.
Un cane corre via in cerca di riparo.Il giornalaio chiude la saracinesca dell’edicola e scappa via.
Le porte della Cattedrale son chiuse a celare altri silenzi.
Il passante, ed i suoi silenziosi passi, scappa via anch’egli in cerca d’un focolare domestico che è la sola difesa nell’incubo che è come un urlo lacerante che, da terra, una povera umanità dispersa lancia, muta, ad un cielo che sembra indifferente ma solo perché riflette l’arsura di erodiani di pietra che stanno sui loro scanni a decidere le sorti di un mondo che era stato loro affidato ma che hanno reso un deserto gelido di pietre abbandonate…
E siamo soli mentre il tempo è scandito dai passi silenziosi nella città deserta…

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