Archi. Niente Saluto notturno alla Concezione. Quest’anno solo un omaggio video
La notte tra il 7 e l’8 dicembre le vie del borgo saranno prive di rime baciate, stornelli e musica
ARCHI – Non si terrà quest’anno il tradizionale saluto notturno alla “Concezione” che si svolge nella notte tra il 7 e l’8 dicembre ad Archi. Il Covid ha fermato una delle usanze più sentite dalla popolazione locale e dai numerosi ragazzi che da qualche tempo a questa parte portano avanti la tradizione. Giovani che comunque vogliono dare un segno di continuità. Perciò in qualità di organizzatori prepareranno per l’occasione un piccolo video omaggio che sarà pubblicato on line.
In un 7 dicembre qualunque un gruppo di archesi, con a capo un cantastorie e accompagnato dalla banda del paese, si sarebbe radunato, a mezzanotte in punto, davanti alla Chiesa di Santa Maria dell’Olmo. Per il consueto saluto alla Madonna. Poi il corteo si sarebbe incamminato nel borgo percorrendo le vie centrali e portando il “buongiorno” a tutti i compaesani. Ogni famiglia, la notte della Concezione, viene salutata con una piccola composizione in rima, scritta e recitata dallo stornellatore. I versi sono seguiti da un originale ritornello intonato dai bandisti. Suonato a ripetizione, dopo ogni singola battuta del cantastorie. La tradizione, che è stata tramandata nel tempo in modo orale, pare che affondi le sue radici nella metà dell’Ottocento con una finalità esclusivamente religiosa, nata dalla devozione alla Vergine di un cittadino archese. Che ogni anno insieme alla sua famiglia offriva il saluto alla Madonna per averlo salvato da un grave pericolo. Ma questo rituale non passò inosservato in paese tant’è che la notte della Concezione fu, anno dopo anno, sempre più affollata. Sebbene non si hanno certezze sulla data del passaggio dal rituale religioso a quello prevalentemente laico, si racconta che quel primo cantastorie (Tumasse de lu Baleije), vedendo così tanta partecipazione, decise di affiancare ben presto al saluto alla Madonna quello ai suoi compaesani. E da qui iniziarono le rime, le battute, gli sfottò e tutto ciò di più esilarante che una tradizione così particolare possa avere. I cantastorie nel tempo furono diversi. Dopo il figlio e il nipote di quel famoso ‘Tumasse’, i giullari timonieri del rito furono Francesco Lannutti (Ciccheccille), del quale ancora oggi si narra in paese per il suo sarcasmo e la sua piccante vena creativa, Pierino Pomilio e Cornelio Sirolli.
L’attuale cantastorie è Nicola Di Biase che dieci anni fa, appena diciottenne, spinto dai suoi amici, decise di buttarsi nell’avventura. «Ho iniziato un po’ per scherzo, un po’ perché tante persone hanno visto in me le caratteristiche per poter ricoprire questo ruolo – spiega Nicola che è maestro di musica e stimato cultore della tradizione. Anche per questa edizione avrebbe iniziato a lavorare alle battute circa tre settimane prima, raccogliendole nel suo diario annuale, perché adesso la tradizione è scritta, e come ogni anno si sarebbe incamminato insieme alla banda del paese e a un nutrito gruppo di giovani nell’antico borgo. «Le battute – spiega Nicola – vengono composte in rima baciata. Devono obbligatoriamente seguire una linea melodica che entra in simbiosi con la risposta musicale della banda. In quanto alla fine di ogni piccola filastrocca il complesso bandistico risponde con un ritornello che è sempre lo stesso».
A portare avanti questo rituale, insieme a Nicola, c’è anche il Complesso Bandistico Città di Archi. Un gruppo di giovani musicisti che hanno sposato appieno la consuetudine e che quest’anno hanno deciso insieme a Nicola di dare comunque un segno di continuità con la realizzazione di un piccolo filmato video che sarà condiviso sui social. Il ruolo del resto della popolazione nell’usanza non è da meno. Molti si uniscono al corteo partecipando in prima persona alla festa, alcuni attendono dietro la finestra ansiosi di ascoltare il saluto che li vede come protagonisti. Altri allestiscono durante il percorso veri e propri punti ristoro per gli stornellatori, con dolci rigorosamente fatti in casa, salumi e, per combattere il freddo, l’immancabile vino rosso. «Una della particolarità di questa tradizione è che, essendo ora scritta, è diventata memoria storica – commenta il giovane cantastorie – se tra vent’anni vorremmo sapere cos’è accaduto in paese nel 2019, per esempio, basterà rileggere il diario della notte della Concezione di quell’anno per venire a conoscenza di tutti i fatti degli archesi o anche solo per rispolverare la nostra memoria». Un po’ come dire “ridendo e scherzando, scriviamo la storia”.