Un Cioccolatino Storico. La storia di Cervo Bianco, il falso capo tribù indiano che ingannò un’intera nazione

AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori, ma soprattutto benvenuti in questo nostro nuovo cioccolatino storico. La storia che ci piacerebbe raccontarvi oggi ci parlerò di un uomo che, con la sua frode, riuscì ad ingannare un’intera nazione, la nostra Italia per la precisione: il tizio si chiamava Edgar Arthur Laplante meglio conosciuto come “Cervo Bianco”.

Ma prima di iniziare questo nuovo racconto ci piacerebbe riportarvi una frase del poeta norvegese Henrik Ibsenche che, in qualche modo, ci può esser utile per capire la situazione che creò Cervo Bianco. La frase dice così: “Strappa all’uomo medio le illusioni di cui vive, e con lo stesso colpo gli strappi la felicità”.

In foto: Cervo Bianco con alcune camice nere toscane


Iniziamo questo nostro viaggio. Era il giugno del 1924, l’Italia era ancora scossa dall’omicidio di Giacomo Matteotti quando nel porto di Trieste sbarcò al porto di Trieste  “White Elk” o meglio “Cervo Bianco” un capo tribù di trentamila indiani d’America appartenenti agli Irochesi. Immaginatevi le sensazioni dei curiosi! In quel contesto socio-politico, l’arrivo di quell’indiano, rappresentava una sorta di distrazione di massa per una nazione che stava per esser inghiottita dalla dittatura fascista. Cervo Bianco veniva da Nizza dove, insieme alle contesse Kevenhuller, stavano trovando fondi per finanziare la sua causa. Da quell’arrivo iniziò un vero e proprio bagno di folla per il finto capo indiano!

A Venezia si affacciò da un balcone e buttò sulla folla banconote, incontrò i vertici del Partito Fascista e chiese un aiuto per la sua causa: una richiesta che venne avvalorata da una cospicua somma di danaro che Cervo Bianco lasciò alla casse del Partito Fascista veneziano. In ogni città che si recava, Cervo Bianco veniva accolto come un vero e proprio eroe: venne nominato “fascista ad honorem” ed il 28 ottobre gli venne affidato di pronunciare un discorso in ricordo della Marcia su Roma.  

Il truffatore canadese, man mano, divenne sempre più famoso e potente: ma non incontrò mai il Duce. Anzi, vi diremo di più Papa Pio XII gli inviò perfino due foto autografate. Ma poi, come ogni favola scritta male, crollò tutto ed iniziarono, per Cervo Bianco, i primi segni di un decadimento fisico e di notorietà. A Torino venne ricoverato in ospedale, aveva contratto la sifilide; ma questi non furono i suoi unici problemi. Le due contesse scoprirono che il finto capo tribù indiano gli aveva prosciugato il loro conto e lo denunciarono alle autorità elvetiche. Cervo Bianco finì internato in un manicomio svizzero poi venne estradato in Italia e condannato a cinque anni di carcere per truffa, che vennero scontati a Torino. Ormai Cervo Bianco era davvero in bianco! Non aveva nemmeno i soldi per comprarsi un maglione, glielo regalarono i detenuti in seguito ad una colletta. Terminata la pena tornò negli USA e qui morirà a Phoenix nel 1944.

Un Abbraccio Storico

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