Due avvocati avezzanesi fanno condannare il Ministero della Giustizia per discriminazione di genere
I legali Salvatore Braghini e Renzo Lancia hanno assistito una dipendente della Procura di Imperia mandata in pensione e che voleva restare fino all’età massima prevista per gli uomini
AVEZZANO – La parità di genere? Il primo a non rispettarla è proprio lo Stato Italiano nel suo corpus amministrativo. E questa non è una dichiarazione di principio ma la sintesi di due sentenze, l’ultima delle quali di qualche giorno fa e ottenuta da due avvocati di Avezzano.
La vicenda è quella di Daniela Corsetti, dipendente della Procura di Imperia, e mandata in pensione dal Ministero della Giustizia. La donna aveva poi chiesto di restare in servizio fino all’età massima prevista per gli uomini, 66 anni e 7 mesi, ma si era vista negare questa possibilità. Contro questa decisione, partendo proprio dalla discriminazione di genere, la donna, con i due legali avezzanesi Salvatore Braghini, che ha seguito personalmente la vicenda, e il collega di studio Renzo Lancia, ha presentato ricorso vincendo sia in primo che in secondo grado. La Corsetti, quindi, è stata riammessa in servizio, la sentenza è di qualche giorno fa, è potrà restare fino all’età massima.
Una sentenza che disconosce il combinato disposto di due norme italiane, firmate dalla “ministra di ferro” Elsa Fornero, quella dei cosiddetti “esodati” per intenderci, e dell’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi. A bocciare queste due normative, sono stati i giudici del Tribunale di Imperia e, soprattutto, quelli della Corte di Appello di Genova che, in sostanza, ripercorrendo tutto l’iter giurisprudenziale, ed applicando una sentenza della Consulta, Presidente Marta Cartabia, attuale nuovo Ministro della Giustizia nel Governo Draghi, in sostanza hanno dichiarato che le due leggi erano in contrasto con la normativa europea e, soprattutto, configuravano un caso eclatante di discrimine fra uomini e donne in tema di lavoro e, pertanto, andavano assolutamente disapplicate.
Immensa la soddisfazione di Daniela Corsetti e la sua pubblica riconoscenza nei confronti dei due avvocati avezzanesi: «Ringrazio il lavoro svolto dai miei legali con scrupolo e dedizione, ora sono felicemente pensionata, è stato riconosciuto il mio diritto ad andare in pensione alla stessa età dei miei colleghi uomini. La donna deve poter scegliere se andare in quiescenza prima, non le può essere imposto, perché l’uguaglianza deve essere intesa in senso pieno ed adesivo alle specifiche esigenze del lavoratore, a prescindere dal genere di appartenenza». Un ragionamento che, oltre ad essere logico e razionale, sembrerebbe fatto per essere posto alla base di una normativa moderna e intelligente.
Una sentenza che, però, trova le basi in un precedente specifico che tira in ballo di nuovo il duo Braghini-Lancia e, fra l’altro, lo stesso Tribunale di Avezzano. La vicenda in questione, infatti riguardava due insegnanti marsicane che, avevano avuto la stessa sorte. I fatti risalgono al 2014 quando una insegnante della elementare “Mazzini” di Avezzano, e una sua collega della “Sabin” di Capistrello, furono collocate in pensione dal Ministero dell’Istruzione sulla base della direttiva Renzi sullo svecchiamento, la classe non è acqua…, del personale nelle scuole, avendo raggiunto l’età dei 61 anni prevista, dalla Fornero, per la pensione delle donne. Le due insegnanti, però, decisero di fare resistenza all’ingiustizia, vivaddio, presentando un ricorso tramite i due avvocati Salvatore Braghini e Renzo Lancia.
Anche in questo caso, il giudice del Tribunale di Avezzano, senza intervenire nel merito diretto della vicenda, dispose la disapplicazione delle due norme, Fornero-Renzi (sic!), in quanto in contrasto con l’ordinamento europeo configurando, di fatto, una discriminazione fra uomini e donne in tema diritti sul lavoro. Conseguenza immediata, quindi, è stato il riconoscimento pieno del loro diritto a restare in servizio, continuativamente, fino all’età massima pensionabile, quella disposta per gli uomini, anche la fine del miglioramento delle rispettive posizioni contributive e pensionistiche. Al pari egli uomini, per l’appunto.
Due vicende, a nostro avviso, che hanno anche un’altra conseguenza, indiretta e collaterale, ma per questo non meno importante. Quando si parla di parità di genere, la questione non deve essere di facciata, come nel caso delle quote rosa e di altre iniziative fra fiocchi rosa, scarpe rosse e quant’altro. La battaglia per la parità fra uomini e donne, in questo paese deve iniziare ad avere toni di concretezza. Stessi diritti, stessi doveri, stesse tutele, stesse opportunità e stesso trattamento. In questo i due nostri avvocati, Salvatore Braghini e Renzo Lancia, si sono dimostrati più coerenti e concreti di tanti che, all’occorrenza, per convenienza e in determinate situazioni, si riempiono la bocca, e spesso l'”urna elettorale”, con vuote e sterili dichiarazioni di principio che, poi, non trovano alcuna applicazione e riscontro diretto nella realtà. La classica differenza, in buona sostanza, fra “teoricamente” e… “praticamente”.
Chiudiamo con una citazione del sempre attuale e preciso Sant’Agostino, che ben sintetizza il tutto: «Le parole insegnano, gli esempi trascinano. Solo i fatti danno credibilità alle parole».