TERZAPAGINA – “Il Processo” e… la gente in mare!
“Qualcuno doveva aver denunciato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato...” comincia così il famoso romanzo scritto da Franz Kafka, rimasto incompiuto e pubblicato la prima volta nel 1925. Erano altri tempi direte Voi e su questo siamo del tutto d’accordo. Vi chiederete ancora: ma cosa c’entra col processo di un ex-ministro degli Interni conclusosi ieri dinanzi al GUP? A prima vista nulla: nel nostro caso l’ex ministro era stato sottoposto a giudizio per ragioni ben precise, tuttavia la vicenda ha risvolti kafkiani se si va ad analizzare il contesto, i fatti o comunque si cerchi di comprendere cosa si debba fare con “gli uomini in mare”.
Ma a ben vedere, il problema non è neanche questo!
In realtà, la questione sta nel fatto che il Nostro Paese oscilla tra le scelte a “furor di popolo”, fatte per cogliere il “consenso” e quelle “razionali” che dovrebbero mirare ad assumere un ruolo primario sulle scene di quel benedetto Mar Mediterraneo meridionale che, insieme al settentrionale, all’orientale e all’occidentale, è ancora pur sempre il famoso “Mare Nostrum” di quando a Roma sedevano, nei loro scanni, i famosi senatori ornati del laticlavio!
Con l’assoluzione di ieri, è ripartito il dibattito sulla questione dei salvataggi in mare…
Purtroppo son ripartite anche le frasi inaccettabili su una questione delicatissima e sulla quale le norme internazionali sono preminenti.
Crediamo si stia facendo una confusione terribile fra diritto da applicare in mare e diritto a terra o a bordo di una nave che abbia tratto a salvamento qualcheduno!
Chiaramente dalla politica attuale, nella quale si sente dire che è pragmatismo applicare una certa cosa perché si confà alla realpolitik, e che “I care” è una visione di una sinistra che mira a demolire l’azione governativa presenta non poche contraddizioni evidenti: la realpolitik è figlia della visione quantomeno massimalista, e per certi vesti conglobata in un realismo che, nel nostro tempo, fu introdotta da Willy Brandt cancelliere tedesco e esponente di spicco del socialismo poi socialdemocrazia tedesca degli anni 1969-1974, quindi ha ben poco a che vedere con la destra italiana e, soprattutto, con quella attuale!
Questo solo per mera puntualizzazione, poi il discorso su quale diritto sia stato applicato, beh, questo lo lasciamo ad una riflessione giurisprudenziale di altri.
Ma quello che va forse adeguatamente fatto oggetto di profonda riflessione è che:
1) il salvataggio in mare è questione di diritto internazionale e gli uomini in mare restano uomini e van trattati di conseguenza (prima li salvi e poi decidi dove debbano andare);
2) bene o male l’Italia si trova geograficamente dove sta da sempre;
3) dovrebbe riscoprire, nella propria “agenda politica” (termine assai di moda ultimamente ma che significa sostanzialmente “indirizzo politico programmatico sul medio-breve periodo”) che il Mediterraneo e quel che vi accade è sua questione di grande interesse, ovvero ciò che accade nei Paesi del Nordafrica è qualcosa che ci interessa da vicino e non solo per ragioni politiche, ma strategiche, economiche e di ogni altro genere; paesi come il Marocco (che tra l’altro è sempre ancora la quarta potenza mondiale nel campo dei fosfati) presentano economie emergenti che possono essere oggetto di dialogo stretto con quella del Nostro Paese; lasciar fare alla Francia non è corretto e viola i nostri interessi anche in Europa dove, sia chiaro, si aspettano che “noi” prendiamo in mano la situazione;
4) la dottrina NATO, che bene ha fatto transitare mezza Europa attraverso i mari infidi della “guerra fredda”, in segnava che si dovesse attuare “una difesa avanzata ed una risposta flessibile”, ora questo oggi significa “andare nei paesi dai quali provengono gli emigranti ed attuare una politica di intervento economico, allacciare rapporti commerciali finalizzati allo sviluppo“; in fondo, nel Corno d’Africa, dove stiamo costruendo dighe e centrali elettriche, i cinesi sono andati ad impiantare una ferrovia veloce, cosa che avremmo potuto fare anche noi se quella cosiddetta “agenda politica” avesse avuto una diversa connotazione e non fosse solo un insieme di pastrocchi buttati là solo per cercare di avere consenso e potere.
Il “processo” dunque?
Lo specchio della situazione kafkiana del Nostro Paese nel quale, fra le risse e le beghe politiche, si perdono le occasioni per attuare decisioni strategiche, quelle che farebbero crescere tutti come una volta!
Ma noialtri, in fondo in fondo, siamo sempre quelli della “fleet in power” mentre l’Angleterre, anche con la “brexit”, è sempre quella che “rules waves”…