Impianti da sci di Monte Magnola: il 17 novembre la discussione al TAR
Il WWF Abruzzo si augura che venga messa la parola fine su un progetto dannoso per specie e habitat protetti e legato a una visione del territorio superata e anacronistica
Ovindoli – Sul progetto per gli impianti da sci di Monte Magnola, il TAR Abruzzo ha fissato la discussione di merito per mercoledì 17 novembre prossimo. Il Tribunale amministrativo aveva a suo tempo accolto il ricorso delle Associazioni ambientaliste e sospeso le autorizzazioni già concesse per la realizzazione degli impianti da sci dei Campi della Magnola, nel Comune di Ovindoli. Una sospensione confermata dal Consiglio di Stato, cui si era rivolta la Regione Abruzzo.
Il WWF, che segue da sempre la vicenda e ha presentato in più occasioni osservazioni al progetto, era intervenuto ad adiuvandum, rappresentato dall’avvocato Francesco Paolo Febbo, affiancando il ricorso presentato da altre Associazioni coordinate dalla LIPU.
In un comunicato il Wwf Abruzzo precisa:
Il TAR ha convenuto con quanto sostenuto nei ricorsi: sarebbe stato troppo rischioso avviare il cantiere senza verificare prima il reale impatto sugli habitat e sulle specie di elevato pregio che sono presenti nell’area oggetto dell’intervento e senza chiarire alcuni passaggi dell’iter autorizzativo. I progettati impianti ricadono, infatti, in un’area tutelata dalla comunità europea, la ZPS IT7110130, denominata “Sirente Velino”. I tecnici del WWF nelle loro osservazioni hanno più volte ribadito che la realizzazione dell’opera comporterebbe impatti rilevanti sulla natura protetta: la rimozione della copertura vegetale, oggi costituita da habitat e specie di pregio; il disturbo sia nella fase di cantiere che in quella d’esercizio per l’Orso bruno marsicano; l’impatto sulla rarissima Vipera dell’Orsini a causa della movimentazione della terra con mezzi meccanici. E questi sono solo alcuni dei danni più macroscopici che l’opera può provocare. Alla luce di tali considerazioni anche il TAR nella sua ordinanza di sospensiva aveva evidenziato come l’avvio delle operazioni avrebbe potuto creare un’alterazione irreversibile in un’area sottoposta a tutela. Si resta ora in attesa della discussione nel merito e del pronunciamento definitivo, che il WWF Abruzzo auspica porti al respingimento del progetto e alla conservazione di quel tratto di Appennino così prezioso.
“Resta l’amarezza – dichiara Filomena Ricci, delegato regionale del WWF Abruzzo – nel vedere riproporre sulle nostre montagne, a Monte Magnola, ma anche in altre aree come a Passo Lanciano nel Parco Nazionale della Maiella, progetti ormai datati e anacronistici. Si pensa ancora di spendere i fondi della collettività per impianti di risalita in territori che, inevitabilmente, saranno sempre meno innevati a causa dei cambiamenti climatici in atto”.
La realizzazione di un impianto sciistico – continua il documento del Wwf – comporta distruzione di habitat, spesso taglio di boschi e movimento di suolo: sbancamenti, spietramenti, spianamenti… fino a rendere il versante della montagna, prima naturale e ricco di vita, una discesa senza ostacoli. Un danno cui va aggiunto il costo in termini di consumo di acqua per l’innevamento artificiale (previsto sempre nei progetti perché oggi indispensabile a causa delle temperature elevate che ormai si registrano anche in inverno sulle nostre montagne), in una Regione come l’Abruzzo nella quale città e paesi sono costretti, ormai non solo durante la stagione estiva, a razionalizzare la fornitura idrica. Servono ben altre politiche per il rilancio della montagna, che mettano al centro la tutela di quelli che sono i beni principali di questi territori: la bellezza della natura e l’attrattività ambientale, per le quali l’Abruzzo viene riconosciuto e cercato a livello nazionale ed europeo: è intorno a esse che bisogna costruire un percorso di crescita che porti turismo tutto l’anno e non solo per poche settimane. Troppo facile continuare a utilizzare progetti obsoleti, sempre gli stessi, che per essere realizzati hanno bisogno di denaro pubblico perché incapaci di autosostenersi e che non restituiscono al territorio il benessere sperato, ma spesso lasciano scheletri inutilizzabili sulle nostre montagne, depauperandole di risorse naturali e di bellezza del paesaggio.