Dalla Lupa Capitolina ai cinghiali passando per l’Aquila Imperiale. Tutti gli animali che fanno storia, leggenda e disastri di Roma Caput Mundi
Roma ha una grande confidenza con gli animali, il suo simbolo è una lupa che allatta due marmocchi e anche un’aquila, quella imperiale.
Furono le oche col loro starnazzare ad avvisare i romani del tentativo gallico di scalare il Campidoglio.
La leggenda della fondazione di Roma tramanda che la discesa di alcune gru sul colle Palatino fosse interpretata dai sacerdoti come il punto dove costruire la città. L’Urbe, appena edificata, scelse il suo re, Romolo, attraverso l’interpretazione del volo degli uccelli.
Forte di questa sua atavica convivenza col mondo animale la città è ormai una sorta di arca di Noè permanente. Anche la topografia stessa di Roma contribuisce allo stanziamento animale in quanto dotata sia di grandi parchi che di laghetti cittadini e caratterizzata dall’esistenza di veri e propri corridoi faunistici rappresentati dal parco dell’Appia Antica e dai fiumi Tevere e Aniene. A questo si devono aggiungere le tante nicchie ecologiche in virtù dell’abbondanza degli antichi resti archeologici. Vediamo quale fauna “abita” nell’Urbe, o almeno la più nota.
IL CINGHIALE
Roma, palazzo di Giustizia
– Toc-toc–
– Chi è?–
– Siamo dei cinghiali –
– E che volete? –
– Pane e giustizia! –
– Per il pane qualcosa si rimedia, per la giustizia, cari animali: non è di questo mondo, tantomeno di questo paese … –
Per quanto strano possa sembrare, un gruppo di cinghiali si sono presentati davanti al tribunale della Città Eterna, in Piazzale Clodio ai piedi di Monte Mario. Strano, cambiata giunta, nelle recenti elezioni, di questi maiali selvatici non se n’era saputo più nulla. Sarà stata la chitarra del sindaco Gualtieri a spazzarli via a colpi di bossa nova? Avranno i rustici suini, desistito dalle loro passeggiate cittadine avendo saputo del cambio capitolino? Nulla di tutto questo: in realtà continuano a scorrazzare per le strade ma nessun giornale lo riporta più, d’altro canto le elezioni amministrative sono belle che passate e queste notizie sono ormai inutili..
Da dove vengono i cinghiali?
Scherzi a parte, a Roma, questi animaletti si trovano sempre nel quadrante settentrionale della città che è collegato a tutti i sistemi naturali dell’Alto Lazio. Le zone dove scorrazzano comprendono Monte Mario e Balduina, il quartiere Primavalle e via Trionfale. Sono posti collegati, attraverso la Riserva naturale dell’Insugherata, al parco regionale di Veio e da lì alla Tuscia e alla Maremma, regioni in cui la popolazione di cinghiali è in particolare aumento.
Per farla breve tutti coloro che si stracciano le vesti e riprendono col telefonino questi gai esserini sono i residenti della sola parte a nord-ovest del centro. La cosa riguarda, quindi, solo una piccola parte di tutta la Capitale. D’altro canto il cinghiale mangia di tutto e i cassonetti sono per lui un eccellente dispensa, aggiungiamoci le brave persone che gli portano pure il cibo ed ecco che son qui imperterriti.
Come controllare la loro diffusione? È un grosso problema di difficile soluzione e non basta un sindaco per far “cosa non si sa”: potremmo mettere ai confini di Roma dei cartelli con la scritta “Vietato l’ingresso ai cinghiali ” ma le “fiere” non sanno leggere e poi chi se li sentirebbe gli animalisti? Potremmo aprire la caccia al cinghiale per le vie di Roma, fra l’altro è un ottimo alimento, ma queste politiche non spettano al Primo Cittadino e mi sembrano un po’ troppo originali … .
LE NUTRIE
Ricordate negli anni ’80 le pellicce di castorino? Erano fatte con le nutrie che sono, praticamente, castori senza la coda piatta. Furono importate dal Sud America per farne giacche e cappotti, poi, passata la moda, qualcuno le ha lasciate libere, qualcun altro del comune ha pensato di portarle nel parco di Villa Pamphili ed ecco che l’Urbe ne è infestata. Tempo fa si decise di sloggiarle dalla storica villa e ci pensò Monica Cirinnà allora consigliere comunale delegato ai diritti degli animali; è talmente animalista che furono rinvenuti ventiquattromila euro nella cuccia del suo cane: forse la “paghetta” del bravo Fido, un animalista atto di liberalità.
Ma quante sono?
Tante sono le nutrie in giro per Roma che spesso si trovano a giocare a carte nelle bettole assieme ai ratti delle fogne. Mangiano come coguari, da 1,2 a 2,5 chilogrammi di alimento fresco al giorno.
Sono talmente tante che è stato proposto “un Piano di azione per il controllo della Nutria che includa il Piano di controllo numerico ed il Piano di comunicazione” (così si chiama). Insomma, in parole povere, bisogna contarle e ad oggi non c’è stato un gran risultato.
Queste bestiole, però, un pregio ce l’anno: sono commestibili. Ed ecco una idea prendere forma nelle menti del Comune di Gerre, in provincia di Cremona, anche loro con lo stesso problema. Il sindaco propone: “Per risolvere il problema nutrie la soluzione c’è: regolarizziamo la caccia e avviamo la commercializzazione della carne, affinché possa essere servita alle sagre e nei ristoranti”. Non è una pensata proprio peregrina; teniamo presente che in alcune zone del Centro e Sud America il roditore è cacciato abitualmente e utilizzato per soddisfare i bisogni alimentari così come in Louisiana, mentre in Argentina, Cile e Uruguay, la nutria è considerata una prelibatezza. La mangiano in Francia, dove è chiamata ragondin, Germania, Lituania e Romania. Solo noi siamo schizzinosi.
RATTI E GATTI
I Ratti hanno storia e vicissitudini diverse. Se ne vanno in giro per la Capitale indisturbati e a nulla sono valsi i tentativi delle diverse giunte di ridurne il numero. Nella Capitale si stima che ce ne siano tra i sei ed i nove milioni di esemplari, cioè da due a tre per ogni cittadino e non se ne viene a capo!
Il ratto dell’Urbe non teme il gatto: lui è grosso, viene dalla Norvegia o dal Gambia ed è quindi figlio di vikinghi e di islamici. Se ne sta appoggiato ad un muro, in piedi, con uno stuzzicadenti all’angolo della bocca, in canottiera e quando s’avvicina un gatto gli intima: ”Che vòi?” e se il felino non va via son botte da orbi. Questi sorci sono particolarmente pericolosi non solo per l’ indole aggressiva ma soprattutto perchè attraverso le loro deiezioni, riescono a causare danni ad interi depositi alimentari e trasmettere numerose patologie. Nel Tevere non si può più fare il bagno a causa della Leptospirosi causata dalle loro urine.
Ma veniamo al loro nemico naturale: il gatto anche se, nella Città Eterna, quando il felino uno di questi roditori gira al largo. Da noi non è il gatto a giocare col topo ma esattamente il contrario!
I GATTI
Trecentomila gatti vivono nella città eterna: 180.000 nelle case e 120.000 nelle strade. L’ultimo censimento, eseguito per conto dell’Ufficio per i Diritti degli Animali della capitale, ha contate oltre 4.000 colonie feline. Roma dedica molta cura ed attenzione ai suoi micetti e passeggiando per la città, dal centro alla periferia, si incontrano le loro comunità non solo protette ma sostenute e curate da cittadini sensibili ed amanti degli animali per non parlare delle gattare, quelle signore in giro per i quartieri che portano loro del cibo in capienti borse della spesa. Grazie ad esse i gatti se ne stanno spaparanzati a far niente tanto il cibo glielo portano a domicilio.
Le colonie
La più grande colonia felina e forse la più famosa è quella che si trova nei suggestivi scavi archeologici di Largo di Torre Argentina ma anche i cimiteri son pieni di gatti: facile la battuta su dove trovano il loro cibo. Sono numerosissimi in quello monumentale del Verano dove vivono in pace circa 400 mici randagi.
Nulla da stupirsi del loro numero: fanno parte della storia di Roma. Il primo di questi graziosi animali, romano DOC, si pensa che abitasse sulla Salaria, nella periferia nord, in una capanna protostorica di Fidene.
Si tratta di un micio domestico a tutti gli effetti. Destino crudele il suo: la capanna prese fuoco e per il povero animale non ci fu scampo. Famosi nella Roma antica Iulius, il gatto del Foro che visse durante il regno di Augusto e Felicla. I gatti sparirono in tempo di guerra e c’è chi dice che contemporaneamente, fecero la comparsa sui deschi romani piatti a base di coniglio o lepre chissà perchè… .
Ernesto Nathan e i gatti
Un curioso aneddoto riguarda il Sindaco di Roma Ernesto Nathan e i felini. Conoscete l’origine della frase: “Non c’è trippa per gatti”? Fu attribuita a proprio a lui, sindaco di Roma dal 1907 al 1913 famoso per i tagli del bilancio pubblico.
Gatti e finanza pubblica
Si racconta che durante il controllo del piano finanziario del Comune di Roma, avesse notato una spesa chiamata “frattaglie (trippa) per gatti”. Gli fu spiegato che il municipio pagava il cibo per nutrire i gatti necessari alla caccia dei topi che potevano danneggiare i documenti degli archivi. Pensate che all’epoca esisteva una ben precisa figura addetta alle bisogna: il carnacciaro.
Al Sindaco, però, la cosa non suonava bene e decise di depennare la spesa dichiarando che i felini avrebbero dovuto nutrirsi dei topi, quindi scrisse sul bilancio la frase: “non c’è trippa per gatti”.
I CONIGLI
Il coniglietto è tenero e carino ma può diventare un problema e nella Capitale, che pare fatta apposta per adottare e far crescere problemi, è nato quello del “coniglio”. Ormai a Roma siamo in piena emergenza. “Conigli” che, abbandonati in vari luoghi della capitale, hanno formato colonie talvolta numerosissime in grado di creare danni alle radici degli alberi che diventano così a rischio caduta.
Le colonie non se la passano bene, malgrado resistano grazie alla prolificità, il più delle volte sono minacciate dal freddo, dalle malattie, dalla rogna e naturalmente dai predatori, non esclusi gli uomini. Secondo le stime dell’Ente Nazionale Protezione Animali si considera una media di 6 nuovi nati ogni 4 mesi con una distribuzione al 50% tra maschi e femmine”.
Naturalmente possono essere mangiati e spesso sono proprio quelli del tipo “domestico”, regalati ai bambini durante le feste e abbandonati dai genitori appena sono passate a finire in pentola. Probabilmente qualche romano apprezza la loro carne soprattutto se gratuita e disponibile a pochi passi da casa.
GLI UCCELLI
“Hic sunt leones”! Roma è la città dei volatili. Ne è ricca la sua storia. Gli antichi romani adottarono un metodo divinatorio antichissimo: l’osservazione del volo degli uccelli. Se ne occupavano gli àuguri. Guardando quello che combinavano in cielo gli ignari volatili, ne traevano gli auspicia, cioè una serie di interpretazioni.
Di aeree creature ce ne sono almeno 121 specie. Oltre a quelle più comuni (Cornacchia grigia, Gabbiano reale, Piccione domestico, Passera d’Italia); c’è di tutto anche i rapaci come gheppi, poiane e falchi pellegrini. Oltre agli aironi cenerini e gli aironi bianchi maggiori ci sono le garzette, i tarabusi, tarabusini, le sgarze ciuffetto e ancora il Martin pescatore la Folaga, il Tuffetto, la Gallinella d’acqua e il Germano reale (ma chi gli ha dato questi nomi?).
I neo arrivati
Nei periodi di passo migratorio può capitare di avvistare anche specie particolarmente rare o accidentali per la città, come il Mignattaio (con la “a” badate bene, con la “o” è tutt’altra cosa) e il Gufo di palude. Ultimamente non ci facciamo mancare specie africane quali il Gruccione e il Rigogolo. Il mio quartiere è, invece, invaso dai pappagallini c’è il Parrocchetto dal collare e il Parrocchetto monaco. La sera volano a stormi bassi, all’altezza delle fronde degli alberi, seguendo l’asse stradale e formando stridenti sciami colorati. Non mancano i rapaci notturni: allocchi, barbagianni e qualche esemplare di gufo comune.
GLI STORNI E ALTRI VOLATILI
Sono la disperazione dei romani. A parte i voli scenografici, bombardano letteralmente la capitale di guano al punto tale che camminare per i viali alberati diventa improponibile a meno di non usare un ombrello. Per lo stesso motivo lavare una autovettura per poi lasciarla in strada diventa una inutile spesa. Storni dai rami e piccioni dal cielo, sono diventati un grosso problema per turisti e residenti. Pensate che il comune aveva dovuto anche chiudere una parte di Lungotevere per lo ‘scivoloso’ inconveniente del guano sul lastricato..
Le Contromisure
Per combattere gli storni sono arrivati i falconieri. I rapaci spaventano gli uccelli, li costringono ad alzarsi in volo e li allontanano dal posto dove si sono stabiliti. Anche l’elettronica ha fatto il suo ingresso per risolvere il problema e così dei poveri cristi si aggirano per le vie della città con degli altoparlanti ad alto volume in spalla.
Questi affari emettono il cosiddetto “grido di angoscia” degli uccelli. Pare che il metodo dia risultati definitivi: questi strilli emessi in natura da individui che si trovano in pericolo, ottengono una risposta immediata. Tutti gli storni abbandonano il posatoio e si allontanano per sempre dal luogo da loro ritenuto pericoloso.
I GABBIANI DOVE LI METTIAMO?
Potete mai immaginare quanto sia grande un gabbiano? Ho una figlia vegetariana e pure animalista. Un bel giorno raccolse un gabbiano visibilmente malato e naturalmente dovetti andare a recuperare figlia e volatile … . L’animale era una sorta di abbacchio volante, grande e grosso e mi dicono pure pericoloso. Era totalmente rintronato per cui ritenemmo opportuno affidarlo alle cure della LIPU. Roma è piena di questi crepitanti alati. Sembra di essere al porto di Rotterdam. Nidificano dove gli pare. Sul terrazzo del mio palazzo abita una famigliola dei volatili in questione. Un mio vicino, sovrappensiero, salì in terrazza per aggiustare l’antenna e … dovette battersela di gran carriera attaccato dagli uccelloni che difendevano la loro prole!
Che mangiano?
Onnivori frequentano abitualmente gli immondezzai e Roma, che di mondezza se ne intende, è per loro una specie di supermercato. S’è occupato della cosa persino il New York Times definendoli “giganti e aggressivi” citando tra le cause della loro presenza in città la discarica di Malagrotta. ” Era la più grande in Europa, fino a quando le autorità non decisero che non era adatta per trattare i rifiuti. Dalla sua chiusura nel 2013, la spazzatura non raccolta di Roma ha rimesso tutto in moto. Il Vaticano ha aggiunto rare prelibatezze al menu”. E puzzano come la spazzatura, aggiungo io da testimone diretto.
A tal punto i romani ce l’hanno con queste aeree creature che quando Virginia Raggi, ex sindaco della Capitale pubblicò sulla pagina Facebook del Campidoglio una “foto di un gabbiano trionfante sul Foro romano”. Ai post irati degli utenti, l’amministrazione dovette rispondere facendo marcia indietro e scusandosi.
E POI I PICCIONI!
Quanti ce ne sono … . Sono ovunque, becchettano gli avanzi nei Fast Food, per le vie danno il cambio ai sorci nel mangiare i rifiuti dei cassonetti. Sono ritenuti “ratti volanti”. Se a Venezia i turisti in Piazza San Marco offrono il cibo ai volatili, da noi se lo vengono a prendere direttamente loro. Infestano ovunque e ovunque sporcano però … si possono mangiare pure loro.
MA QUANTE BESTIE CI SONO?
La fauna di Roma comprende più di 5000 specie di insetti (appartenenti a 357 famiglie e 26 ordini). Fra i vertebrati, coesistono 26 specie tra rettili e ben 39 specie di mammiferi che vivono nelle aree verdi urbane. Volpi, donnole, faine, tassi, istrici, ricci e anche i daini sono ospitati all’interno di alcune aree protette. Sono 12 invece le specie di pipistrelli. Non sono uccelli ma mammiferi volanti che si cibano di insetti e sono estremamente utili contro le zanzare … . A voler essere onesti, nella Capitale non ci sarebbe il problema del cibo, anzi ce n’è di molto e pregiato: cinghiali, nutrie, piccioni, conigli e nei laghetti anche le oche. A poter cacciare per le strade le spese familiari diminuirebbero tantissimo e all’appello mancano i pesci: carpe, rovelle, anguille e pesci gatto ma anche specie marine, come il cefalo, che risalgono il fiume per trovare cibo.
La Città Eterna, essendo una delle città più verdi d’Europa è ricettacolo di tante specie diverse, siano di passo che stanziali. Fine del bestiario. Questa è Roma: uno zoo “monumentale”. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.