Un Cioccolatino Storico. Speciale Giovedì Santo: “Venne il giorno degli Azzimi”, l’ultima cena di Gesù

AVEZZANO- Buongiorno carissimi lettori, ma soprattutto benvenuti al primo dei due appuntamenti settimanali con i racconti del Cioccolatino Storico. In questo Giovedì Santo ci piacerebbe porvi una domanda: “Vi siete mai chiesti cosa mangiarono Gesù e gli apostoli durante l’ultima cena?”

Bene, è una domanda assai interessante e nello stesso tempo anche complicata, visto che la nostra unica fonte storica sono i quattro vangeli canonici che entrano anche in contrasto tra di loro.

L’Ultima Cena di Leonardo
(foto web)

Molti studiosi hanno messo in dubbio che l’ultima cena d Gesù fosse proprio il Seder di Pesach (una cena ebraica assai particolare in cui, oltre all’ordine del cibo, si ricorda il conflitto tra ebrei ed il faraone in Egitto) ma noi seguiamo ciò che ci è stato insegnato – visto che la tematica è assai complessa-  e vi racconteremo alcuni particolari enogastronomici dell’Ultima Cena.

Dai iniziamo.

“Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: «Prendete e mangiate; questo è il mio corpo». Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati. Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio». E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi”.

Scena della miniserie televisiva “Gesù di Nazareth” di Franco Zeffirelli (1977)

Questo frammento è tratto dal capitolo 26 versetti 26-30 del vangelo di Matteo e ci racconta, in qualche modo, ciò che sta accadendo all’interno del Cenacolo.

E’ una situazione assai particolare in cui Gesù istituisce l’Eucarestia, ma facciamo un passo indietro, tenendo a mente sempre il brano evangelico che vi abbiamo appena riportato.

Il termine Pasqua deriva dalla parola ebraica Pèsach (in ebraico פסח) ovvero “passare oltre” e trae origine dalle vicende narrate dal libro dell’Esodo in cui Dio, tramite Mosè, annunziò al popolo d’Israele la fine della schiavitù in Egitto. Ai tempi di Gesù, Pèsach durava 8 giorni ed era celebrata all’inizio della primavera secondo un calendario basato sulle fasi lunari.

Il Cenacolo dell’Ultima Cena, Gerusalemme
(Foto Web)

La celebrazione pasquale – che si svolge sempre su un periodo di 8 giorni, cade il 14 del mese di Nisan, corrispondente al periodo tra marzo e aprile del Calendario gregoriano- coinvolgeva tutti i membri della famiglia con la lettura della Haggadah di Pesach ovvero il racconto (che si legge nelle prime due sere di Pasqua) inerente alla fuga dall’Egitto.

La cena di Pasqua ha inizio con l’accensione dei candelabri delle 7 braccia che segue un ordine particolare di cibi e preghiere. E così sicuramente fece anche Gesù, visto che era ebreo.

E allora come funzionava la preparazione della Cena di Pasqua?

Toccava al capofamiglia dare in sacrificio al Signore l’agnello che, una volta arrostito secondo le regole tradizionali, veniva arrostito e consumato dalla famiglia in una stanza come riporta il Talmut (testo sacro dell’ebraismo.

La cena di Pèsach

Ed ora veniamo al cibo!

Se gli evangelisti mettono in risalto il Pane ed il Vino, la cena ebraica non era così “povera” anzi… Sicuramente Gesù e i suoi apostoli, sulla grande tavolata, posta all’interno del cenacolo che geni dell’arte umana hanno descritto assai bene, potevano trovare dei succulenti cibi. Ed erano:

  • La matzah, ovvero il pane azzimo, in ricordo del frettoloso abbandono delle case in occasione dell’uscita dall’Egitto, durante il quale gli Ebrei non ebbero il tempo di lasciar lievitare il pane prima di cuocerlo;
  • Il karpas ovvero il gambo di sedano come frutto della terra e simbolo primaverile;
  • Le maror sono le erbe amare in ricordo della dura schiavitù in Egitto;
  • La charoset una marmellata di noci, datteri, mandorle e miele il cui colore ricorda la malta utilizzata per costruire gli edifici in Egitto durante la schiavitù;
  • La beitza ovvero l’uovo sodo, simbolo di lutto;
  • Lo zeru’a la zampa arrostita di capretto come simbolo dell’agnello pasquale.

Durante il pasto pasquale si bevevano 4 coppe di vino e toccava al capofamiglia benedirlo, e nell’Ultima Cena fu proprio Gesù nel benedire questa bevanda.

Queste quattro coppe di vino hanno dei significati assai diversi; secondo il rabbino Naftali Silberberg i quattro bicchieri di vino “sono anche un simbolo della nostra libertà da ben quattro esilii: quello Egizio, quello Babilonese, quello Greco ed infine l’esilio attuale che speriamo finisca presto con l’arrivo del Mashiach”.

L’Ultima Cena, Giotto
(Foto web)

E per salutarvi, carissimi lettori – dandovi appuntamento a domani – ci piacerebbe farvi ricordare una scena assai commuovente del film “Il Compagno don Camillo”.

In questa scena il battagliero parroco, provando compassione per lo stato in cui era ridotta la chiesa russa – era adibita a granaio- si lamentò con Gesù, che gli disse: “È piena di grano, dal grano si fa il pane e il pane sono io…”.

Buon Giovedì Santo

Un Abbraccio storico

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