Un Cioccolatino Storico. “San Berardo vescovo dei Marsi” descritto da don Andrea Di Pietro studioso e sacerdote marsicano
PESCINA- Buongiorno carissimi lettori, ma soprattutto benvenuti al primo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico.
In occasione della seconda festa dedicata alla memoria del vescovo Berardo, santo patrono della Diocesi dei Marsi (insieme a Santa Sabina martire) ci piacerebbe condividere con voi alcuni frammenti tratti dal “Catalogo dei vescovi della Diocesi dei Marsi” di don Andrea Di Pietro celebre studioso e sacerdote marsicano.
Abbiamo deciso di riportare il documento con la lingua dell’epoca ovvero del 1872, quindi se trovate qualche parola strana sapete il perché.
Dai seguiteci!
La nascita di Berardo
“S. Berardo ebbe i suoi natali in Colli Castello Marsicano ben fortificato appartenente alla terza parte del Contado Marsicano che avea per luogo principale Carsoli, da Berardo III e Teodosia Conti dei Marsi dei quali era il terzo genito, nell’ anno di Cristo 1079.
Fu educato cristianamente dai religiosi genitori in modo tale, che passò la sua fanciullezza, non come a quell’età si con viene, ma come uomo da senno, e poi consegnato per la sussecutiva educazione al Capitolo di S. Sabina che viveva in comune nella Città Marsia, sotto la direzione del buon Vescovo, e commensale Pandolfo, s’inoltrò tanto nella cristiana perfezione, che disprezzata la natia libertà, seppe in se riunire lo specioso corredo di tutte le virtù, e mosse il degno Prelato non solo a distinguerlo colla sacra tonsura, ma ancora a fornirlo dei quattro ordini minori”.
La vocazione religiosa e qualche sventura
“In seguito, dietro il consiglio valevole del buon Prelato che prevedeva dovere essere quel giovanetto una fortissima colonna di Santa Chiesa, fu portato dal pio genitore nel Monastero di Monte-Casino, ed ivi, prima sotto la direzione del cieco, ma buon Monaco Paolo che ammirandolo di continuo quando lo istruiva nella lingua latina, non potè fare a meno di chiamarlo veramente pio di mente, e di corpo: e quindi sotto la scorta di altri maestri santi, e dotti nel tempo stesso, profittò in maniera in tutte le scienze chiesastiche, che sebbene abitassero in quel luogo Europeo uomini con certezza distinti per santità, e dottrina; pure nelle questioni più difficili, sempre si ricorreva al suo profondo, e retto giudizio.
Divenuto in quell’età S. Berardo uomo di somme merito innanzi a Dio, ed innanzi agli uomini; con lettere onorevoli fu chiamato in Roma dal Pontefice Pasquale II il quale ben presto l’ordinò Suddiacono, e poi stimandolo idoneo al governo lo spedì Prefetto nella Provincia di Campagna, dove abitavano gli antichi Ernici, e Volsci, appartenente allora alla Chiesa Romana.
Sebbene però nell’ esercitare questo difficile impiego avesse sempre per compagne indivisibili la prudenza, la giustizia, la temperanza, e la fortezza, in manieracchè non mai offese nè il Pontefice Romano, nè il popolo alla sua cura affidato; pure incontrò l’odio del Conte Pietro Colonna il quale perchè avea usurpato il Castello di Cavi posto fra Zagarolo, e Palestrina, e perchè volea con aperta violenza impadronirsi delle altre terre sotto poste alla Santa Sede; alla persecuzione che faceva degli altri Ministri legittimi che poteva avere alle mani, uni quella del degno Prefetto Berardo.
Con sacrilego attentato dunque lo fece prendere da una fiera sua squadra; con strapazzo maggiore della sua degnità ordinò che con bastoni fosse crudelmente percosso; e quindi a somiglianza dei Profeti Geremia, e Daniele; ovvero dell’innocente Giuseppe, lo fece chiudere in una secca cisterna, da dove le fervorose preghiere del Santo Prelato furono ben presto esaudite da Dio che prodigiosamente volle allor liberarlo.
Di fatto è vero che uditosi l’infausta notizia, non solo il Pontefice, ma ben anche i potenti parenti di S. Berardo riunirono sollecitamente una truppa ben forte per vendicare il torto ricevuto, e ritogliere la preda innocente dalle zanne di quel lupo affamato; ma è vero pur anche che senza strepito guerriero, un certo Giovanni della Petrella soldato congiunto in parentela col medesimo S. Berardo, deposti gli abiti propri, ed indossati quelli di mendico, entrò in Palestrina, e tanto seppe accomunarsi colle guardie dell’oscura prigione nella quale era racchiuso il Prelato, che abbocca tosi prima con esso, nel silenzio di una notte, mentre i custodi dormivano, seppe solo coll’ajuto di Dio che lo guidava, sollevare i pesanti tavoloni posti a chiusura della secca cisterna, gittarla fune, estrarre l’ illustre prigioniero, e portarlo segretamente in Roma dove il perseguitato per la giustizia con gioia inespremibili fu allor ricevuto”.
Un vescovo caritatevole
“Oltre il corredo di tante virtù sufficienti a costituire un sommo Eroe del Cristianissimo, ebbe S. Berardo il carattere preciso di essere in grado eminente caritativo verso il prossimo, carattere che fu premiato da Dio con singolari prodigi avvenuti per intercessione del medesimo Pastore mentre era ancor fra i viventi.
Di fatto non solo nel suo Episcopio era sempre imbandita la degna mensa dei poveri, precisamente nei giorni di Natale, della quaresima, delle altre vigilie, della Pasqua, ed in tutti quelli dei mesi perlopiù penuriosi di Maggio, e di Giugno; non solo col mezzo dei suoi famigliari, o con quello di Pietro il buono uomo di santa vita che abitava nella Chiesa di S. Pantaleone situata alle radici del monte nel quale era edificato il Castello di Venere, spediva di continuo i necessari soccorsi ai poveri della Città in cui risedeva, dei Castelli, e paesi vicini; ma in una Domenica del mese di Maggio, mentre dopo aver celebrati gli uffici matutini sedeva sopra una pietra avanti la porta di una camera inferiore della comune abitazione; avendo preso conto da Giovanni Signino allora Canonico suo commensale, e poi scrittore della sua vita, di una degna figlia di un soldato Tedesco, ed avendo risaputo che la stessa languiva nella miseria; non contento di averle immediatamente inviati quattro pani, un progiutto; ed altre cose di dispensa; sebbene avesse conosciuto dal cameriere che nel giorno antecedente si era scoperto il granile per alimentare altri poveri; pure le fece sapere che dopo il pranzo di quella giornata, avesse mandato un uomo di fiducia per consegnargli qualche quantità di grano.
All’arrivo di questi però, oh prodigio veramente inaudito! Si scopò di nuovo il granaio per ordine dell’affezionatissimo Padre, e con somma maraviglia si vide adunar tanto grano, quanto, non essendo capace quell’uomo, potea portare, come portò un ben forte giumento.
Inoltre quel grano che potea bastare a quella famiglia per poche settimane, si avverò che fu sufficiente ad essa, e ad altre famiglie che ne ebbero parte, fino all’intiera raccolta.
Così fu premiata da Dio tanto allora, che altre volte la somma carità di S.Berardo il quale non sapeva nè leggere, nè pregare, nè mangiare, nè bere, se prima non avesse trovato il modo di soccorrere chi avea preciso bisogno”.
La morte del vescovo santo
“In seguito S. Berardo, dopo aver dati altri esempi luminosi di pazienza, e di amore, finalmente nel mattino del giorno 3 di Novembre, giorno di lunedì di quell’ anno 1130 avendo compiti gli anni 51 della sua vita, pieno di meriti passò agli eterni riposi.
Furono celebrate nella Cattedrale di S. Sabina con tutta la pompa possibile i suoi funerali alla presenza d’immenso popolo accorso a piangere amaramente la perdita del proprio Padre, e Pastore […]”
Un Abbraccio Storico.