«È morto un uomo perbene, al pronto soccorso di Pescara. Solo. Senza pronto e senza soccorso. Era mio zio»

Avezzano – Termina così il post di una nipote che ha vissuto, senza poter fare nulla, l’odissea e la morte di suo zio al pronto soccorso di Pescara e che sta girando, in modo virale, sui social.

Noi ve lo riportiamo integralmente omettendo nomi e cognomi, come nostro costume, perché non è importante come si chiamasse o cosa facesse.

Ciò che importa è che, se confermata, in questa tristissima vicenda un uomo anziano ha perso la vita in luogo deputato a salvarla, laddove ancora sia possibile, ed invece è stato abbandonato per 9 lunghissime ore in attesa di una visita.

Da solo.

9 ore lunghissime per chiunque, a maggior ragione per una persona anziana e cardiopatica:

«Sono le 5,45 quando un’ambulanza lo porta al pronto soccorso, il posto dove non sarebbe mai voluto andare, lucidissimo, febbre a 39,7, vomito continuo, si rende conto che è in una situazione grave e chiede lui stesso di chiamare ambulanza, la sua mente lucida come un ventenne.

Arriva e lo mettono in codice giallo. Lo raggiungo in pronto soccorso alle ore 8 del mattino, riesco ad entrare, lo trovo sudato, non sembra avere la febbre, ha sete, gli do dell’acqua, mi dice “aiutami, nessuno mi guarda, mi sento male “provo a chiedere a infermiere, mi dicono fra 4 persone tocca a lui, protesto debolmente, “signora è un cardiopatico, fate presto”.

Lui resta in silenzio, sguardo severo di sempre, attento, mi dice di nuovo “cerca di fare qualcosa, sento che sta arrivando la fine, tranquillizza tua zia, non farla preoccupare “.

Dopo un po’ mi fanno uscire, “non può restare signora “, protesto, è debole, gli sto accanto non do disturbo … “deve andare fuori, ci pensiamo noi”.

Lui, conosce la mia indole, non si lamenta, non richiama l’attenzione di nessuno, composto come sempre, mi dice “chiama, chiama qualcuno, non farmi morire qui, non andartene “.

Devo uscire zio, non mi fanno restare, stai tranquillo, adesso ti visitano, la febbre sembra scesa, non ti abbandono, stai tranquillo.

Alle 11,15 esco fuori, quest’uomo perbene, mi telefona la prima volta alle 11,47, ancora con il suo grido di aiuto sommesso e pacato “sei sicura che mi visitano io sto sempre molto male e qui non viene nessuno” cerco di dirgli che andrà tutto bene e che presto si prenderanno cura di lui.

“Si ma quando!? Quando, dimmi Luciana, ascoltami, mezz’ora? Quanto tempo? Provo ad aspettare, ce la faranno fra mezz’ora? “ .

Dopo di questa tante chiamate al mio telefono, alle 14,02 l’ultima telefonata di aiuto … “Non mi hanno ancora visitato, sono passate tante mezz’ora e qui da me non è venuto nessuno “.

Poi il silenzio, sono terminate le sue telefonate, mi reco verso il pronto soccorso e mentre ero per strada mi avvisano che è morto.

È morto con il telefono in mano tentando di fare la decima telefonata a sua nipote.

È morto così, un uomo perbene, in un “pronto “soccorso “. Da solo. Ma aveva 90 anni, forse la vita ha meno valore …sarebbe morto comunque.

Era stato un grande imprenditore edile, aveva dato lavoro a centinaia di famiglie, costruito ponti e acquedotti, ha mangiato pane che puzzava di asfalto insieme ai suoi operai.

Nessuna accusa a nessuno.

Si fidava di me, e io non sono riuscita ad aiutarlo,

È morto un uomo perbene, al pronto soccorso di Pescara il 2 giugno 2022 alle ore 14,45.

Solo. Senza pronto e senza soccorso.

Si chiamava … ed era mio zio».

Un post di dolore che mette i brividi, ma chissà quanti zii, mamme, padri e parenti hanno subito lo stesso trattamento nei vari nosocomi abruzzesi e non sono stati denunciati.

Persone che non hanno volto se non nel cuore di chi li ha amati e che non si rassegna.

Noi abbiamo più volte raccontato dell’ospedale di Avezzano, le sue carenze, la mancanza di personale, di attrezzature, persino di reagenti per le analisi e non ci fermeremo di certo.

Ed è proprio di pochi giorni fa l’alzata di scudi degli Amministratori e Sindaci dei Comuni di Avezzano, Tagliacozzo e Celano che hanno denunciato e chiesto a gran voce alla Regione Abruzzo di intervenire.

Al momento, per quanto ne sappiamo, nessuna risposta se non una breve nota di precisazione da parte della Asl1 relativa ai reagenti, come si può leggere in un altro nostro articolo.

Praticamente una voce nel deserto.

Allora c’è bisogno che questa voce diventi una tempesta, uno tsunami e ciò è possibile solo se anche noi cittadini siamo disposti a metterci in gioco, appoggiando apertamente la protesta dei nostri amministratori.

Sì, perché è urgente, è necessario ed è giusto e perché, ciò che è successo a questa nipote, può succedere a tutti.

Anche a noi.

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