Un Cioccolatino Storico. “Mansuetudine et charità”, la storia di San Camillo De Lellis un vero e proprio abruzzese forte e gentile
BUCCHIANICO- Buongiorno carissimi lettori ma soprattutto benvenuti al secondo appuntamento settimanale con i racconti del Cioccolatino Storico. Oggi la liturgia cattolica ci fa ricordare la figura di Camillo De Lellis, il secondo santo patrono del nostro Abruzzo (il primo ricordiamo esser San Gabriele dell’Addolorata) degli ammalati, degli infermieri, degli ospedale e della sanità militare. Oggi vi racconteremo proprio la sua vita, dall’inizio travagliato fino alla santità.
A differenza di San Gabriele dell’Addolorata, San Camillo De Lellis aveva tutt’altro carattere, era forte, alto, robusto, pigro e rissoso. Nacque il 25 maggio del 1550 a Bucchianico (nei pressi di Chieti) da una famiglia della piccola aristocrazia abruzzese. Gli venne imposto il nome di Camillo perché sua madre – di nome Camilla – lo ebbe, quasi per miracolo, quando aveva compiuto 60 anni. Viceversa sua padre, di nome Giovanni era un ufficiale al servizio della Spagna.
Fu proprio suo padre che, vedendo il suo temperamento così particolare, decise di farlo avviare alla carriera militare. Purtroppo, intorno al 1570, un’ulcera al piede lo costrinse nell’abbandonare la compagnia di ventura in cui militava. Fu ricoverato presso l’ospedale romano di San Giacomo degli Incurabili (vi giunse il 7 marzo dell’anno successivo) ma qui si impegnò poco nel dare una mano ai pochi medici e ai sacerdoti presenti in loco e per questo, dopo 130 giorni di ospedale, fu allontanato dalla struttura.
Una volta dimesso dal nosocomio, ed appresa la notizia della morte del padre, Camillo decise di “riabbracciare” il mestiere delle armi e come soldato di ventura servì prima per Venezia e poi per la Spagna. Ma certi vizi giovanili non li perse, era dedito alle risse (lui che era assai alto e robusto) e al gioco con i dadi. Lasciò nuovamente il mestiere da soldato ed iniziò un lungo vagabondare per l’Italia fino all’arrivo a Manfredonia, qui successe qualcosa di incredibile: il 2 febbraio del 1575 mentre attraversava la “Valle dell’Inferno” avvenne la sua conversione: decise di abbracciare la vita religiosa e di diventare un frate cappuccino. Ma quella ferita al piede non gli dava pace e per questo fu nuovamente ricoverato nell’ospedale romano di San Giacomo degli Incurabili questa volta con uno spirito di servitore e non di rissoso e attaccabrighe.
Al san Giacomo maturò definitivamente la sua vocazione all’assistenza dei malati e, insieme con i primi cinque compagni che, seguendo il suo esempio, si erano consacrati alla cura degli infermi, decise di dare vita – nell’agosto del 1582- alla “Compagnia dei Ministri degli Infermi” i cui primi statuti furono approvati il 18 marzo del 1586 dal temibile Sisto V. Successivamente Camillo si trasferì nel convento annesso alla Chiesa della Maddalena per prestare aiuto nel vicino ospedale del Santo Spirito.
Oltre alla cura dei più deboli Camillo riprese il suo studio per diventare sacerdote e lo fece con una guida spirituale d’eccezione, San Filippo Neri: pensate che Camillo fu ordinato sacerdote il 26 maggio (giorno che sarà dedicato alla figura di San Filippo Neri) del 1583.
Papa Gregorio XIV vedendo l’eroismo, la dedizione e la cura nei confronti dei più deboli da parte della “Compagnia” di San Camillo De Lellis durante la carestia che colpì Roma nel 1590 riconobbe – grazie alla bolla “Illius qui pro gregis”- tale compagnia come Ordine religioso e da allora prese il nome di “Ordine dei Chierici Regolari Ministri degli Infermi. Tale ordine si diffuse rapidamente in tutta Italia e Camillo fondò nuove comunità a Napoli, Palermo, Milano e in altre città.
Nel 1607, gravemente malato, Camillo lasciò la direzione dell’ordine nonostante ciò continuò ad assistere i malati fino al 14 luglio del 1614 quando morì. Fu beatificato e canonizzato da papa Benedetto XIV: papa Pio XI lo proclamò, insieme a San Giovanni di Dio, “Patrono degli ospedali e dei malati”, mentre papa Paolo VI lo proclamò compatrono della Regione Abruzzo e “Protettore particolare della sanità militare italiana”.
E che davvero il nostro San Camillo protegga tutti i malati e gli operatori sanitari in questo periodo così complicato vista la pandemia da covid ancora attiva.
Un Abbraccio Storico