A Pescasseroli la cerimonia di premiazione del Premio Nazionale di Cultura Benedetto Croce

Pescasseroli, pregevole madrina del Premio Nazionale di Cultura Benedetto Croce, ha incoronato i vincitori della XVII edizione organizzata da Pasquale D’Alberto.

Nell’austera ma accogliente Piazza Umberto I, nel pomeriggio di sabato 30 luglio, dall’aria mossa da un delicato vento, è inizialmente salito sul palco, a porgere i saluti istituzionali, il Sindaco di Pescasseroli Giuseppe Sipari che ha posto l’accento sull’eccellenza raggiunta dall’evento e che riguarda, parimenti, sia i notevoli livelli di diffusione e apprezzamento raggiunto presso il pubblico sia l’autorevolezza degli autori partecipanti al premio;

un altro motivo di apprezzamento ha riguardato le giurie popolari che da sempre sono costituite all’interno delle scuole superiori della regione ma non solo e che quest’anno sono state ampliate con la presenza di gruppi di detenuti di alcune case circondariali.

Per loro, e per ritirare l’omaggio che è stato riservato a tutti gli istituti e licei partecipanti, è stata presente una delegazione dei detenuti della Casa Circondariale di Sulmona.

Un triste ma affettuoso e sincero ricordo è stato rivolto dal Sindaco al prof. Luca Serianni la cui improvvisa scomparsa ha lasciato tutta l’organizzazione orfana di una delle sue figure più autorevoli.

Alle giurie popolari delle scuole e delle case circondariali sono stati consegnati gli omaggi come riconoscimento della collaborazione offerta per la valutazione delle opere.

Si è entrati nel cuore delle premiazioni con la consegna del premio a Giovanni Rinaldi autore di “C’ero anch’io sul quel treno” edizioni Solferino, vincitore della Sezione Letteratura giornalistica e che, attraverso il collegamento in videoconferenza, ha comunicato una commovente gioia per il riconoscimento ricevuto a fronte del lungo e delicato lavoro di ricerca e ricostruzione per dar corpo, attraverso parole e inchiostro,  a quella che fu la storia di bambini che, nell’immediato del secondo  dopoguerra, furono fatti partire per lasciare storie di miseria e povertà e che oggi, non è stato affatto facile ritrovare  per avere – dove possibile – viva testimonianza dello svolgersi delle loro vite.

Un doppio collegamento in videoconferenza ha messo in contatto la Presidente del Premio, Dacia Maraini da Roma e la scrittrice Laura Imai Messina dal Giappone, con il pubblico e gli organizzatori;

Imai Messina ha infatti ricevuto il Riconoscimento speciale del Presidente della Giuria per l’opera “Le vite nascoste dei colori” per Einaudi. 

Insieme le due scrittrici hanno rappresentato la trama del libro e la ragione del titolo;

un romanzo con i toni, le atmosfere e le cure che le culture orientali, come quella giapponese riservano al matrimonio e alla morte.

La sezione Narrativa ha visto vincitore Fabio Stassi con il suo “Mastro Geppetto” per Sellerio Editore.

Visibilmente commosso, lo scrittore ha espresso la sua felicità per il riconoscimento ricevuto e per il fatto che egli ritiene essere quest’opera quella della sua vita; “questo è un libro crociano” ha affermato “nel senso che io credo molto nella forma e la letteratura è il modo, scrivendo, di dare forma al dolore, alla follia o all’incomunicabilità.

È per me un libro di arrivo, ricomprendendo in esso anche i precedenti.

E questo Geppetto è campione di incomunicabilità,  ispirato da quanto abbiamo passato nel corso di questi ultimi tre anni; la riscrittura di Pinocchio non snatura l’originale anzi! ne mette in rilievo aspetti – quello della vecchiaia e della malattia ne sono solo due – che sono oggi quanto mai attuali così come il pescecane che rappresenta la real casa dei matti dalla quale o si fugge o si cerca di sopravvivere con i relitti…un legno, un tavolino, una candela stearica che fa una debole luce con cui resiste e aspettare”.

La conclusione ha visto insieme sul palco, per la Sezione Saggistica, Emanuele Fiano con “Il profumo di mio padre”, Piemme Edizioni e Raffaella Scarpa autrice de “Lo stile dell’abuso – violenza domestica e linguaggio” edito da Treccani.

I due scrittori sono stati premiati ex-equo.

Fiano ha narrato la storia della sua famiglia nella generazione presente nel corso della dittatura fascista e della spaccatura ideologica all’interno della stessa: padre ebreo fascista convinto, madre socialista e oppositrice del regime;

quasi la totalità della famiglia venne sterminata nel campo di concentramento di Auschwitz.

La memoria, se serve a qualcosa, deve trasmettere gli orrori di quanto avvenuto perché si trasformi in un messaggio salvifico ed educativo per le generazioni future.

Raffaella Scarpa ha affidato allo studio sul linguaggio l’analisi del fenomeno della violenza domestica che si appoggia alle parole e al loro uso strumentale da parte del violento per mantenere in subalternità la donna.

Il volume è una raccolta di un lungo e dettagliato studio che ha permesso all’autrice di mettere in evidenza ciò che è rimasto nascosto per troppo tempo: lo studio del complesso sistema linguistico alla base degli abusi e delle violenze permette di ridefinire le categorie interpretative della violenza e porta allo scoperto i meccanismi nascosti che ne permettono l’attuazione.

Alle ore 21, premiati e pubblico si sono spostati presso il Cinema Scola dove è stato proiettato il docufilm di Luciano Odorisio “Benedetto Croce” e che è stato anticipato da un interessante dialogo tra il regista e Nicola Mattoscio della Giuria del Premio Croce.

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