A scuola fino a 71 anni per maturare la pensione. Docente marsicano vince ricorso al Tribunale di Sulmona
Soddisfatti i suoi legali Lancia e Braghini: «Sentenza che tutela i diritti dei lavoratori e costituisce un precedente importante»
AVEZZANO – Non si può discriminare un lavoratore in base all’età, pertanto un docente marsicano resterà i servizio fino a 71 anni, per consentirgli di maturare la pensione minima.
La vicenda è emersa nei giorni scorsi grazie ad una sentenza pronunciata dal Tribunale di Sulmona, su un ricorso presentato, per il tramite degli avvocati della Cisl-Scuola, Salvatore Braghini e Renzo Lancia, che si opponevano al diniego, deciso dell’istituto comprensivo “Mazzini-Capograssi” di Sulmona, di consentire la permanenza in servizio per un altro anno del nostro Prof. Un anno fondamentale perché, e su questo ci soffermeremo brevemente in conclusione, grazie a questo anno di servizio aggiuntivo, il docente può maturare i requisiti per la pensione minima. Che di questi tempi, se non si è parlamentare o consigliere regionale, è sempre un bel risultato…
I due legali e il professore, quindi, hanno presentato ricorso al Tribunale di Sulmona (uno di quelli da sopprimere ndr) e il Giudice della sezione lavoro, dottoressa Marta Sarnelli, ha dato ragione agli avvocati Braghini e Lancia e al loro assistito, consentendo la permanenza del docente in servizio fino al compimento del 71esimo anno di età. Tanto necessitava per conseguire la pensione minima, diritto protetto dalla stessa Costituzione. Il ricorrente, assistito dagli stessi legali, aveva già beneficiato di un precedente provvedimento giudiziale che disponeva la sua permanenza in servizio fino all’età di 70 anni, sul presupposto di conseguire la pensione minima di 15 anni entro l’anno scolastico 2018/2019 ma, da successivi calcoli pensionistici, il lavoratore apprendeva di dover rimanere in servizio un altro anno per il raggiungimento del requisito contributivo.
Alla richiesta di restare un altro anno, l’istituto peligno oppose il diniego sul presupposto dell’applicazione del Testo Unico della scuola, secondo il quale la protrazione del servizio fino al conseguimento dell’anzianità minima non può oltrepassare “il settantesimo anno di età”. L’interpretazione dell’amministrazione, per i due legali, violerebbe, invece, il principio della parità di trattamento tra dipendenti pubblici, in quanto per gli altri dipendenti il limite di età è stato innalzato a 71 anni dalla famigerata Riforma Fornero del 2011.
La tesi difensiva è stata pienamente accolta dal Giudice sulmontino, il quale ha concluso che, “essendo l’aspettativa di vita per gli anni 2018-2019 e 2020 innalzata a 71 anni, può essere riconosciuto al ricorrente – afferma il Giudice – il diritto al mantenimento in servizio oltre il settantesimo anno di età al solo fine di raggiungere l’anzianità contributiva necessaria per il conseguimento della pensione minima. Pertanto – conclude il Giudice – , va riconosciuto il diritto del docente a permanere in servizio sino al compimento del 71esimo anno di età con decorrenza del collocamento a riposo il 1°.9.2020 ai fini del conseguimento dell’anzianità contributiva minima di 15 anni con conseguente disapplicazione del provvedimento dell’amministrazione e ordine alla stessa di provvedere in conformità.
L’avv. Salvatore Braghini della CISL Scuola spiega: «Il successo dell’iniziativa giudiziale è fondato sull’applicazione del superiore principio di non discriminazione, in quanto – precisa il legale – la norma che segna il limite di 70 anni, ancorché speciale, deve essere considerata recessiva rispetto ad una norma valevole per tutti i dipendenti pubblici, che, nel caso specifico, consente di garantire il diritto costituzionalmente protetto alla pensione e di non incorrere, altresì, in una discriminazione per età, censurata dalla normativa anche europea».
Insomma, il nostro Prof. potrà restare in servizio fino al conseguimento della pensione, e questo a noi sembrerebbe un concetto piuttosto lapalissiano, tanto da non meritare, a nostro giudizio, addirittura una sentenza del Giudice del Lavoro. Ma quel che ci spaventa è il cuore della questione. Dover arrivare a 71 anni per maturare la pensione minima con 15 anni di contribuzione, vuole dire che si è entrati in organico a lavorare, abilitati e assunti, a 56 anni, ovvero solo due anni prima di chi, fino a qualche anno fa, grazie a prepensionamenti e scivoli per crisi aziendali e altro, in pensione a 58 anni ci andava. E’ evidente, e questa ne è l’ennesima prova, che questo sistema non funzioni e che gli ultimi 28 anni sono stati pressoché drammatici per questo Paese, preda di politiche prive di un fondamento logico e razionale, ma frutto, molto spesso, di isterismi collettivi. Forse è il caso che si rimetta la bussola a posto e si riprenda il cammino del buon senso e della Politica vera.