Abruzzo, terra di monti, boschi e… fantasmi che infestano rocche e castelli

Ho scritto diversi articoli sul mondo del paranormale, sui fantasmi di Roma e sulle case infestate della Capitale, anche se, devo ammetterlo, non sono un amante di questo genere che, però, è intrigante e a volte emozionante e romantico. Tanto per ritornare sul tema voglio trattare di alcuni posti infestati che trovano ricettacolo nella terra d’Abruzzo.Quando si parla di questa verde terra la prima cosa che viene in mente sono i parchi protetti e infatti, proprio in uno di questi, c’è un posto che a detta di molti proprio tranquillo non è.

Il castello di Salle

Nel Parco Nazionale della Majella, in Abruzzo, sorge l’antico borgo di Salle Vecchia dove, strategicamente, secondo l’uso dell’epoca, un castello domina la vallata proprietà della famiglia Di Genova dal 1600. Volendo fare una gita sul posto potrete ammirare il giardino all’italiana del maniero con cipressi e ulivi e una terrazza da cui si gode una magnifica vista: ma lasciamo queste cose alla “pro loco”. Il castello di Salle Vecchia custodisce al suo interno leggende che destano particolare interesse. Siccome tante sono le suggestioni che provengono dai racconti degli anziani, custodi della memoria dei luoghi e delle tradizioni popolari che valgono la pena di essere trattate ne prenderemo in considerazione un paio.

Pare che nelle giornate particolarmente uggiose o durante le notti di plenilunio vagherebbe nell’oscurità della vecchia torre la “Stecchina“. Si tratta dello spettro di una inquieta signora alta e magra che visse e morì tragicamente ben settecento anni fa. Secondo alcuni pare fosse una antenata della famiglia Di Genova e che appaia di notte solitamente nella torre esagonale terrorizzando gli ospiti con il rumore sinistro e sordo delle catene, del cigolio delle porte che si aprono e chiudono a chiave da sole e con altri inspiegabili fenomeni. Secondo alcuni sarebbe lo stesso fantasma, ricordato dai sallesi più anziani, di una baronessa che faceva avvertire la sua presenza con risate squillanti, pianti e spesso con un tamburo, che però smetteva di suonare per contare le ore e i quarti al tocco dell’orologio del paese. Nei meandri bui e nascosti del castello qualcuno sostiene anche di aver visto la sua ombra e persino di aver udito dei sussurri femminili che intimavano di andare via. Visto che siamo sul posto ecco la seconda leggenda, ve la do gratis anche se non riguarda un fantasma. Stando alla tradizione popolare qui sarebbe nascosto il “tesoro del Barone“ e vediamo di cosa si tratta.

Valentiniano III

Nel V secolo d.C. le invasioni barbariche portarono al completo declino l’Impero romano d’Occidente; gli Unni guidati da Attila invasero l’Impero e giunsero sino alle porte di Roma. Secondo la leggenda l’imperatore Valentiniano III ordinò di nascondere e custodire il tesoro reale nella zona che trova collocazione nei dintorni dell’antico borgo di Salle Vecchia, alle falde del Morrone. Il luogo venne ribattezzato Monte Paio. Seppellito il tesoro, molto carinamente, l’imperatore fece giustiziare tutti coloro che sapevano dove fosse stato nascosto ma gli accadde di morire improvvisamente portando con sé per sempre il segreto nella tomba. Nessuno mai è riuscito a trovare il mitico tesoro, ancora ben custodito chissà dove. Se volete, datevi da fare con pala e piccone e cercate il tesoro nascosto dopo aver chiesto i debiti permessi, naturalmente.

Volendo trascorrere una giornata rilassante e amena recatevi a Roccascalegna, piccolo comune in provincia di Chieti, che è un posto d’un romanticismo ineffabile. Appartiene al suo comprensorio uno dei castelli abruzzesi più famosi. La costruzione si erge in tutta la sua imponenza sulla valle del Rio Secco regalando al visitatore una vista incomparabile.

Il castello di Roccascalegna

La leggenda ci racconta che un certo barone, Corvo de Corvis, avesse imposto ai suoi vassalli di venerare un corvo nero e coloro i quali si rifiutavano di obbedire a tale amenità fossero arrestati e gettati in un pozzo dove, sembra, vi fossero delle spade conficcate nel terreno. A causa di questa sua ossessione, il barone fu ribattezzato dal popolo, appunto, Corvo de Corvis. Su questa faccenda del soprannome avevo dei dubbi e sono andato a spulciare gli annali di araldica e cosa è saltato fuori? Che la famiglia napoletana Corvi (o Corvo, de Corvis, Corbo) si diramò in Abruzzo stabilendosi nelle città di Atri, Ortona a Mare, L’Aquila e Sulmona ed ebbe numerosi feudi tra i quali: Campovalente, Canacchiola, Carceri, Cerasoli, Cerrano, Pietrabbontante, Roccascalegna (per l’appunto), S. Pio, Torre Cerviglioni, Cannocchiale, Morrone e Jaevim di Isernia (gli ultimi tre feudi in comproprietà con la famiglia De Matteis). Quindi la leggenda non sbaglia eccetto per il soprannome perché il tale così si chiamava veramente.

Siccome aveva un caratterino un po’ irrequieto, orientato ai soprusi, un giorno decise di ristabilire lo ius Primae Noctis, usanza che obbligava ogni novella sposa del feudo a passare con lui la prima notte di nozze. Usando il gergo dell’epoca doveva essere da lui “spulzellata” prima del marito legittimo. Mal gliene incolse perché fu assassinato da una donna che non volle fargli il dono della sua verginità. A detta di alcuni si trattò del di lei marito che s’era ben travestito da fanciulla per salvare la sua amata.

La leggenda della mano insanguinata

Il Barone, avvicinatosi al talamo e visto che non si trattava d’una fanciulla ma d’un nerboruto villico vagamente irritato, colto prima dalla sorpresa, poi dalla paura e infine da una coltellata, indietreggiò fino a cadere dalla torre sfracellandosi al suolo. Si narra che poco prima di precipitare, avesse appoggiato una mano insanguinata su un muro (chi dice su un cuscino), lasciando un’impronta che rimase indelebile nonostante i numerosi tentativi di lavarla via. Nel 1940 crollò la torre del castello e pare che la cosa avesse così fatto sparire quella macabra testimonianza insanguinata del delitto e invece no: il fantasma del Barone è ancora laggiù e si aggira tra quelle mura adocchiando attentamente le belle ragazze che salgono in visita al suo castello.

Lo spettro del Barone fotografato dal G.I.A.P.

Un’altra leggenda narra che, nelle notti di tempesta, quando il vento sferza le merlature del mastio e le nubi basse accarezzano la torre, un volo radente di corvi preannuncia il ritorno del barone che passeggia inquieto per le stanze del suo antico maniero, cercando la pace eterna. Siccome si voleva avere certezza dell’esistenza del fantasma sono stati chiamati i ricercatori del G.I.A.P. (gruppo investigatori attività paranormali) i quali hanno rilevato la presenza dello spettro . Nel caso di Roccascalegna possiamo ben dire di avere la presenza certificata di uno spettro, anzi di uno spettro d.o.c.!

Il Castello di Crecchio

Siete sempre da quelle parti? Dovete sapere che a Crecchio esiste un castello oggetto di molte leggende legate alla crudeltà di un suo proprietario che aveva il vezzo di decapitare i suoi avversari nella torre più alta. Manco a dirlo l’edificazione divenne simbolo di terrore e repressione fino a quando la famiglia De Riseis, feudatari di Crecchio nel XVII secolo, piantarono un ulivo sulla sua sommità, in segno di pace con la popolazione. Successivamente Il castello fu fatto saltare in aria dai bravi tedeschi durante la seconda guerra mondiale ma la torre rimase miracolosamente in piedi. Alcuni sostengono che il fantasma di un De Riseis e dalla sua avvenente amante dimorino ancora nelle sale della costruzione. Tuttora, al piano superiore, si sentono, rumori di passi pesanti e di rumori metallici. C’è chi dice talvolta si veda passare una signora bellissima che attraversa le stanze del castello velocemente, senza far rumore, come sospesa a mezz’aria. Come se non bastasse, salendo i cinquantacinque gradini che portano all’antica torre d’avvistamento, quella dell’ulivo di cui sopra, si odono dei lamenti provenire dalle mura e si ha la sensazione di strane presenze.

Un tratto di Via Marco Polo oggi, “Lu Spirdale” di Montesilvano

Ma rechiamoci a Montesilvano, qui non è una casa ad essere infestata ma una intera strada! Narra la leggenda che in cima alla via che portava al cimitero abitava una donna che parlava con i morti. Secondo una legenda, per quella via se ne vanno a passeggio le anime che ancora non si sono rese conto della loro nuova condizione. Percorrono la strada verso il Colle della città per ritrovare, pare, la via per l’aldilà, da qui il nome di “Lu Spirdale”, la via degli spiriti. La donna di cui sopra, pare vissuta tra il 1700 e il 1800, fosse stata posseduta dallo spirito di un soldato che morì travolto dalle ruote di un carretto e che mai più l’abbandonò. Una domenica al mese, la medium si metteva a letto e accoglieva le persone che l’andavano a trovare per essere messe in contatto con i propri cari defunti. Per chi fosse interessato, mi dicono che “Lu Spirdale” oggi sarebbe  Via Marco Polo: occhio a chi vi rivolgete se passate di lì: potrebbe essere un’anima sperduta!

Queste sono alcune delle “misteriose” storie d’Abruzzo, regione di monti, di mare e di boschi intrisa di magia e segreti. Ve le porgo nella speranza vi piaccia gustarle. Un saluto da un metro e mezzo di distanza

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