Acerbo: l’Asl non è obbligata a chiudere il Centro di Via Vespucci a Pescara

PESCARA – “Finalmente la Asl ha deciso di comunicare le ragioni della chiusura del centro diurno integrato di Via Vespucci. Devo dire che le motivazioni non sono convincenti”, dice in un comunicato Maurizio Acerbo, ex-consigliere regionale e comunale.

La Asl ha spiegato che:

Il centro è stato creato nel 2014 prevedendo ricoveri di breve durata e assistenza h24. Tale tipologia di struttura non è prevista dall’attuale normativa nazionale e regionale, secondo cui sono stabilite quattro tipologie di strutture residenziali psichiatriche ben definite nei contenuti riabilitativi e nei requisiti strutturali e di personale. L’immobile ove attualmente ha sede il centro diurno integrato di via Vespucci a Pescara, non di proprietà della Asl, ma acquisito con contratto di locazione direttamente dalla cooperativa la Rondine, non ha i requisiti strutturali per svolgere attività sanitarie di una struttura con assistenza h24. Dovendo garantire la congrua assistenza ai pazienti presi in carico dalla Asl rispettando le normative, e accertato che la struttura non rispondeva ai requisiti di nessuna tipologia residenziale, si è proceduto all’individuazione delle strutture e dei servizi residenziali e semiresidenziali più appropriati, con l’obettivo di reperire a stretto giro tutte le ulteriori strutture necessarie a consentire un’assistenza di qualità.

Maurizio Acerbo

Ed ecco la reploca di Acerbo:

“Mi permetto quindi di fare rispettosamente alcune osservazioni critiche avendo a cuore esclusivamente i diritti dei pazienti. 

1) Se dal 2014 la struttura è stata aperta non si capisce perché non possa continuare a esserlo finché non viene attivata una sostitutiva garantendo la continuità del percorso riabilitativo dei pazienti.

 2) la struttura viene definota priva di “requisiti strutturali”. Certo perché purtroppo nelle norme regionali sono previsti una serie di requisiti che rendono complicatissimo attrezzare case famiglia. Su questo stavo lavorando quando ero in Regione per modificarebi manuali di accreditamento e debbo constatare che non si è andati avanti ma tutti gli psichiatri con cui mi confrontai convenivano.

3) Con le stesse motivazioni si chiusero il centro diurno e la casa famiglia di via Paolini ma la Asl li tenne aperti finché non fu pronta la struttura di Penne e  quella di via Vespucci. I “requisiti strutturali” il centro diurno integrato non li ha mai avuti ma questo impedimento fu superato non chiamandolo “casa famiglia”.

4) Il fatto che l’affitto di via Vespucci fosse a capo della coop. La Rondine impedisce che Asl lo affidi alla coop che ne prende il posto?

5) Il centro diurno integrato era sperimentale? Bene, è stato un esperimento che ha funzionato a giudicare gli esiti dei 10 pazienti che ci sono passati. Il carattere sperimentale – di fatto un escamotage per superare vincoli burocratici del tutto formali dei “requisiti strutturali” – non implica che vada chiuso. Il fatto che non sia classificato dentro le denominazioni della attuale normativa lo qualifica come sperimentale. Dal 2014 ci si accorge ora del carattere sperimentale?

Faccio presente da militante politico che è cresciuto leggendo i libri di Basaglia che tutta la legge 180 e la sua progressiva attuazione sono stati caratterizzati da pratiche sperimentali non certo da mentalità burocratica. Da familiare di un ex-paziente posso testimoniare che il percorso dentro centri inseriti nel tessuto urbano ha dato risultati che non si sarebbero mai sperati.

6) l’inchiesta giudiziaria che ha riguardato il dott. Tino Trotta non inficia e non riguarda le sue scelte di psichiatra. Non implica quindi che si smantelli una sperimentazione che ha funzionato. Torno ad auspicare che la Asl consenta agli utenti di proseguire il loro percorso senza traumi e interruzioni finché non sarà possibile trasferirli in altra struttura a Pescara con caratteristiche analoghe”.

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