“Agrippina chlamyde aurata”. Storia di Alba Fucens. Dal periodo imperiale alla decadenza dell’Impero romano d’Occidente
ALBA FUCENS – Proseguiamo il nostro viaggio lungo il glorioso sentiero storico della nostra cara Alba Fucens: terza tappa di questo nostro peregrinare ci porterà tra l’importante periodo imperiale e la decadenza della città. La recente visita di Alberto Angela tra gli scavi di Alba Fucens sta ulteriormente accrescendo l’interesse per questo importante scavo archeologico. In questo terzo articolo dedicato alla storia della città romana ci addentreremo tra il ricco periodo imperiale e le ombre derivanti dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente e in conclusione parleremo di uno dei suoi monumenti più importanti, l’anfiteatro.
“Agrippina chlamyde aurata” Tacito ci perdonerà se abbiamo preso un estratto dai suoi “Annales” per iniziare questo articolo. Il periodo imperiale rappresentò per la città di Alba Fucens un momento di splendore e di importanza. Tale importanza venne avvalorata dalla presenza dell’imperatore Claudio e della sua temibile consorte Agrippina tra il 51 ed il 52 d.C in occasione dell’inaugurazione dei lavori di riqualifica delle acque del lago del Fucino. E per celebrare questo evento l’imperatore organizzò una grandiosa Naumachia (ovvero una battaglia navale) che gli abitanti di Alba, insieme a quelli che provenivano dai villaggi vicini si gustavano sul Monte Salviano. A tal proposito Tacito, nel XII libro degli Annales capitolo 56 scrisse: “Claudio armò triremi e quadriremi e diciannovemila uomini, con una completa recinzione di zattere, per evitare fughe non autorizzate, ma lasciando spazio sufficiente per la velocità necessaria alle navi, alle manovre dei piloti, all’urto delle chiglie e a quanto normalmente avviene in una battaglia. Sulla zattera stavano reparti di fanteria e cavalleria delle coorti pretorie, mentre davanti si ergevano baluardi da cui azionare catapulte e balestre. Marinai su navi fornite di ponte occupavano il resto del lago. Riempiva le rive e le pendici dei colli e le cime delle alture, come a teatro, una sterminata moltitudine venuta dai municipi vicini e perfino da Roma, per curiosità di vedere e anche in ossequio al principe. Presiedevano allo spettacolo Claudio stesso, in un vistoso mantello militare, e, accanto, Agrippina, in una clamide dorata. Benché la battaglia si svolgesse tra malfattori, diedero prova di vero coraggio e, dopo molte ferite, furono sottratti a un massacro”. Ad avvalorare tale presenza, che è passata per alcuni anche tra la leggenda, è stata rinvenuta all’interno dello scavo una statuetta di 12 centimetri in bronzo raffigurante proprio Agrippina.
Proseguendo nel tempo la colonia di Alba Fucens subì un processo di rammodernamento e di abbellimento specialmente nel II secolo d.C sotto l’impero di Adriano. Ma la crisi del III secolo d.C si fece sentire anche tra i vicoli di Alba: una decadenza che venne accentuata nel IV secolo d.C. Mertens ci dice che, nonostante il ritrovamento di molte monete raffiguranti imperatori vari come Costantino segno di un commercio presente, parecchie zone della città si erano spopolate. Nonostante ciò, nello scavo è stata rinvenuta una testa marmorea d’epoca costantiniana raffigurante, molto probabilmente, Costanzo Cloro padre di Costantino. Anzi, c’è anche una parvenza di Damnatio Memoriae tra le incisioni presenti in città: a sparire fu l’imperatore Magnenzio.
Ma come si concluse la vita dell’antica Alba Fucens? Insieme alla decadenza dell’Impero romano d’Occidente vi fu un devastante terremoto che colpì la zona, paragonabile a quello del 13 gennaio del 1915. Fabrizio Galadini, dell’Istituto di Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, nel suo scritto dal titolo “I terremoti nelle stratificazioni archeologiche abruzzesi” scrisse: “Nel complesso, le informazioni attualmente disponibili consentono di ipotizzare che la distruzione possa attribuirsi al V-VI secolo d.C. Sebbene l’elaborazione dei dati acquisiti con le campagne di scavo 2006-2009 ad Alba Fucens sia ancora in corso, l’ipotesi attualmente più verosimile è che anche il quadro archeologico sia compatibile con la distruzione causata dal terremoto del 484-508 d.C”.
Penso che siate d’accordo con noi nell’affermare che, tra le molte bellezze di Alba Fucens, ciò che spicca più di tutte è l’Anfiteatro. I greci affermavano “kalòs kai agathòs cioè “il bello ed il buono”, ed è proprio la percezione della perfezione che tutt’ora incanta chi vede per la prima volta questa vera e propria opera d’arte. Venne edificato durante la prima metà del I secolo d.C, e molto probabilmente venne concluso durante l’impero di Claudio. L’anfiteatro è di forma ellissoidale, scavato a ridosso della collina di San Pietro: l’asse minore è di 40x69m mentre l’asse maggiore misura 95x80m. Se ci facciamo caso, sull’arco d’ingresso dell’anfiteatro reca la scritta “Quintius Neavius, figlio di Quintus, della tribù Fabia, Cordus Sutorius Macro, prefetto dei vigili, prefetto del pretorio dell’imperatore Tiberio Augusto, ha fatto dono con testamento questo anfiteatro”.
Prossima tappa del nostro viaggio lungo il sentiero storico di Alba Fucens farà tappa tra il cristianesimo e l’Alto Medioevo.