Al freddo e al gelo. Ma non è la grotta di Betlemme
Il racconto di un paziente celanese ricoverato nella pneumologia Covid G8 dell’Aquila
AVEZZANO – Sedici ore al freddo e al gelo prima di ottenere, e si fa per dire come vedremo, la riparazione del riscaldamento della camera d’ospedale.
La testimonianza che riportiamo è quella di Danilo Della Rocca. Uomo di Celano che è attualmente ricoverato nella pneumologia Covid dell’Aquila, il reparto ricavato dall’ex ospedale G8. In sintesi, poi passeremo alla testimonianza diretta di Danilo, alle 2 della notte passata, Danilo Della Rocca si rende conto che la stanza è gelida e che gli arriva addosso aria fredda. Si rende conto anche che è il condizionatore “inverter”, del tipo che emana aria calda o fredda a seconda della stagione, non funziona. Cerca aiuto, telefona, arriva persino alla Prefettura e alla Questura. Solo alle 16 di oggi, finalmente, con un tecnico, stacca la spina dell’apparecchio che si resetta, viene regolato, da Danilo col suo compagno di stanza e il tecnico, e finalmente arriva l’aria calda. Nel frattempo, lui che stava bene, seppur positivo, accusa tosse, raffreddore e mal di gola, e il suo compagno di stanza tosse una saturazione che da 98 scende a 94.
«Si è rotto il riscaldamento e non me ne sono reso conto subito – esordisce Danilo – . Ha iniziato a buttare aria fredda ed essendo proprio sotto con il letto mi è venuta addosso. Quando ho iniziato ad avere freddo era troppo tardi; è arrivata la tosse che non avevo, il raffreddore che non avevo e il mal di gola. Ho chiamato in reparto, ho fatto presente il problema. Sono venuti dopo mezz’ora. Andavano cercando il telecomando del condizionatore, che da quando sono entrato non c’è mai stato, e ovviamente non lo trovavano. Alle 5 sono venuti con il telecomando, ma l’infermiera non sapeva usarlo, lo ha dato a me ed è andata via. Ho iniziato a fare tutto il possibile, alla fine faceva tutte le funzioni tranne che alzare la temperatura. Nonostante le mie condizioni – prosegue Danilo Della Rocca – mi sono dovuto arrampicare spostando il letto contro la parete e salirci sopra, nonostante non abbia la piena padronanza delle gambe, per cercare di sistemare, ma poi ho capito il problema e sono stato costretto a spegnerlo. In camera era il gelo più profondo».
Ma questa è solo la premessa. La parte disperante di quanto vissuto dal nostro cittadino-paziente, è quella che si snocciola dalle 11 del mattino fino al pomeriggio e, quindi, alla soluzione di qualche ora fa i cui benefici si sono iniziati ad avere solo poco fa.
«Ho chiamato il reparto quattro volte – riprende Danilo – e mi hanno detto che stavano provvedendo. Ho chiamato la direzione dell’ospedale due volte, ho fatto presente il problema per parlare con un responsabile, hanno preso anche il mio numero per farmi richiamare, ma ancora niente. Mi ha chiamato il dottore del reparto, qui fanno tutto per telefono, e non vengono se non per la visita. Mi ha detto che ero ancora positivo col tampone fatto ieri e poi: “Se a casa ti puoi isolare, ti puoi vestire, chiamiamo l’ambulanza e puoi andare”. Gli ho fatto presente del problema che mi è venuta la tosse, che ho mal di gola e raffreddore… “No – mi ha detto – per noi puoi andare a casa”. Ho chiamato il medico di famiglia – prosegue il racconto – , gli ho spiegato la situazione e lui mi ha detto assolutamente di non uscire. Comunque, voglio sottolinearlo, non sarei uscito di mio perché ho ancora i sintomi che vi ho detto. Il dottore mi ha detto che se fossi uscito la mia condizione si sarebbe aggravata, che avrei rischiato la febbre e, vista la situazione degli ospedali, sarebbe stato complesso andare al pronto soccorso per una lastra o una tac e comunque sono un soggetto a rischio perché ancora positivo. A quel punto, ho richiamato il dottore del reparto, riferendo che mi rifiutavo di uscire, sentito anche il parere del mio medico. Mi ha risposto ironicamente che se il dottore di famiglia era così esperto allora… Gli ho replicato informandolo che si trattava di un medico e con una certa esperienza e che lui stava ironizzando e sminuendo un collega, senza sapere di chi si stava parlando. A quel punto hanno tenuto un consulto. Mi hanno richiamato dopo dieci minuti e mi hanno detto: “Ci siamo consultati e con la tosse e i sintomi che ha è meglio che resta qua”. Faccio presente, inoltre – dice Danilo – che ho chiamato la Prefettura e mi hanno detto di chiamare il 113. Ho chiamato il 113 al quale ho raccontato tutto l’accaduto e che volevo denunciare quanto mi stava accadendo. Mi è stato risposto che se avevo i sintomi, se mi trovavo lì e mi stavano curando, loro non potevano far nulla. Ancora non ci credo che è tutto reamente accaduto».
Finalmente alle 16, dopo tanto fare, è arrivato il tecnico che, ci dice Danilo, ha staccato la spina, ha fatto resettare il condizionatore, lo ha riacceso, hanno sistemato la temperatura, e finalmente l’agognata aria calda è arrivata. Ma Danilo ci fa una precisazione: «Al momento abbiamo sul letto solo copriletto e lenzuola. Sono quattro giorni che chiediamo coperte di lana, ma ancora nulla. E qui la notte fa freddo. Noi siamo ricoverati con problemi polmonari, e il freddo è il nemico principale».
Potremmo commentare, fare polemiche o altro, ma ci sembra davvero superfluo. Il racconto di Danilo Della Rocca, cittadino-paziente di Celano colpevole solo di essersi ammalato, come altre migliaia in Abruzzo e in Italia, è più che sufficiente. Aggiungiamo solo una considerazione. “Abbiamo tutto sotto controllo”, è il mantra della Regione Abruzzo e della Asl1 (ma anche delle altre Asl abruzzesi). A noi non pare, e non solo per questo ma per tutti gli altri problemi che abbiamo raccontato e che continueremo a raccontare. Dai tamponi che mancano, ai posti letto, al caos nei Pronto soccorso e negli ospedali, alla situazione nelle Rsa e nelle Rada in tutta la regione. Non stiamo riportando, come avrete visto, la conta dei contagiati, dei casi disperati, e nemmeno ci stiamo prestando ai racconti strazianti. Crediamo, al contrario, che si debba portare alla luce la congerie di difficoltà, di problemi, di carenze, di cose che non funzionano e che avrebbero dovuto funzionare. A tutto questo aggiungiamo solo una cosa: chi di dovere si faccia un esame di coscienza e ne tragga qualche conclusione. E magari, umilmente, anche qualche insegnamento.
Per quel che ci riguarda, noi non faremo sconti a nessuno e daremo spazio a tutti coloro che, nonostante stiano vivendo una situazione già difficile, a maggior ragione per chi è ammalato, vorranno, tramite noi, far conoscere e denunciare carenze, disfunzioni, malasanità e qualsiasi situazione che leda gravemente i diritti dei malati e delle persone. Intelligenti pauca…