Alberto Sordi un grande benefattore travesito da “tirchio” per discrezione
Diciotto anni fa se ne andava il grande attore romano che in vita ha aiutato centinaia di persone e finanziato opere di assistenza e di utilità pubblica
“Sor Marchese, è l’ora” recita la lapide di Alberto Sordi nella sua tomba di famiglia nel cimitero monumentale del Verano. Passò a miglior vita la sera del 24 febbraio 2003 all’età di 82 anni, nella sua casa. La sua importanza per la Capitale fu dimostrata dai 250 mila romani che, dopo averlo omaggiato in Campidoglio, parteciparono il 27 febbraio ai funerali solenni nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
Vogliamo parlare di nuovo dei suoi film e del fatto che rappresentò il cittadino italiano nei suoi vizi e virtù? Basta non pensate? Vogliamo ricordare, invece, un aspetto che non tutti conoscono del nostro Uomo: la sua munificenza. Tutti dicevano che fosse tirchio ma la realtà era ben altra.
Sordi, ha tatto tanta beneficenza, ma sempre in silenzio. Ha pagato cure mediche per amici e colleghi in disgrazia, ha adottato a distanza molti bambini poveri, ha fatto tante donazioni a vari Orfanotrofi, alla casa del barbone e alla casa dello studente. Tutto era fatto in punta di piedi. Dopo la sua morte e solo allora, il pubblico è venuto a conoscenza delle sue numerose iniziative munifiche. Molto di ciò che ha avuto, quindi, lo ha poi restituito. Disse una volta in una intervista al giornalista David Grieco che dovette giurare di non pubblicare finché l’attore fosse in vita: “Sono tirchio da far schifo non credere che non lo sappia. Ma i soldi non li voglio sprecare perché mi servono. Me ne servono tanti, perché ne faccio buon uso. Devi sapere che mantengo 2000 bambini indiani nel loro paese e finanzio anche la costruzione di scuole in India e pure in Africa. Non ho figli, non ne avrò mai, ma mi occupo di tanti bambini a cui i genitori non hanno mai pensato…” .
Una curiosità: per contratto, al termine delle riprese dei suoi film, aveva ottenuto di poter portare via gli abiti di scena (dalle giacche ai maglioni, dalle camicie ai cappotti). Quello che ben pochi sanno, però, è che tutti questi capi di abbigliamento non erano destinati a lui per evitare di acquistare il suo guardaroba, come riferito da diverse malelingue, ma li dava in beneficenza per aiutare i poveri.
Un avaro veramente strano che regalò un terreno del valore, all’epoca, di circa 10 miliardi di lire, rendendo possibile la creazione di quello che oggi è il Centro per la Salute dell’Anziano e l’Università Campus Bio-Medico di Roma: un polo di eccellenza specializzato nella terapia riabilitativa, nella fisiopatologia dell’invecchiamento e nella ricerca bio-medica applicata alle patologie dell’età avanzata. Infatti Sordi, all’età di 70 anni, creò una Fondazione dedicata alla cura e all’assistenza qualificata delle persone anziane, orientata anche alla difesa della dignità della persona e del suo diritto alla qualità della vita. La Fondazione Alberto Sordi è un Ente Morale istituito nel 1992. Ad essa donò il lotto di terreno di cui sopra, immerso nel verde della campagna, perché vi sorgesse nel 2002 una struttura d’avanguardia composta da un Centro per la Salute dell’Anziano (CESA) polivalente ed integrato per la cura e l’assistenza qualificata delle persone anziane e da un Centro Diurno Anziani Fragili per aiutare l’anziano a mantenere, recuperare e sviluppare le proprie capacità psico-fisiche. La Fondazione è Ente Sostenitore della Università Campus Bio-Medico di Roma e sullo stesso terreno, ha fatto sorgere nel 2007 il Polo di Ricerca Avanzata in Biomedicina e Bioingegneria (PRABB) e nel 2012, il Polo della Didattica (Trapezio). La Fondazione è impegnata, in particolare, nella raccolta di fondi per le attività di ricerca del Campus Bio-Medico nell’ambito delle patologie dell’invecchiamento.
Era un grande benefattore, ma non amava farlo sapere o mettersi in mostra quando voleva aiutare qualcuno come testimoniano le sue frequenti donazioni ai frati cappuccini. In una intervista con Mike Bongiorno, molti anni fa, così spiegava: “Sono nato con il convento dei cappuccini davanti. Non quelli del bar, intendo proprio i frati. E le donazioni le facevo sì, perché producevano un elisir fantastico. E speravo che con i miei soldi potessero produrre più liquore, e farlo anche meglio”.
Viveva in una splendida villa all’Aventino a Roma (La Palomba), costruita dall’architetto Busiri Vici, quasi davanti alle terme di Caracalla. Chi vi scrive andava a giocare a palla (da ragazzetto) sul piazzaletto antistante la casa e ogni tanto Albertone veniva al cancello strillando che dovevamo “falla finita”. Quella villa bellissima ma non appariscente, come lo stile di vita dell’Attore, aveva una sua storia; Christian De Sica raccontò che l’Attore sosteneva di essere considerato tirchio perché: “I soldi non li sbatto in faccia alla gente, come fanno certi miei colleghi”. In realtà li spendeva, come quando pagò in contanti proprio Villa La Palomba soffiandola al padre Vittorio: “Papà si era giocato i soldi al casinò e Alberto la comprò in contanti“, ricorda Christian. Adesso la grande villa di Sordi diventerà un Museo pubblico e comprenderà una scuola di formazione per i giovani talenti del cinema. A dirla tutta Sordi voleva realizzare nella sua residenza anche un ospizio per anziani in difficoltà, per i poveri e gli emarginati: chissà se la Fondazione realizzerà mai questo suo desiderio?
L’idea della morte non lo atterriva più di tanto. Sono certo che fosse, alla fine, sicuro di essersi ritagliato un posticino nell’Aldilà. Voglio proporvi un brano di un film nel quale, profeticamente, descrive se stesso in un esilarante elogio funebre nel film “I nuovi mostri”.
Come piccolo omaggio al grande Sordi vorrei offrirvi i nomi delle location di alcuni dei suoi più celebri film. Se venite a Roma e avete voglia di fare un piccolo Sordi-Tour eccovi serviti.
Un americano a Roma, Steno (1954) Via del Portico di Ottavia. Dopo aver costeggiato l’Oratorio di Sant’Andrea dei pescivendoli, Nando Mericoni (Alberto Sordi), incontra il “Gatto mammone”, finge un attacco all’animale, per poi nascondersi tra le colonne del Portico di Ottavia.
Bravissimo, Luigi Filippo D’Amico (1955) Parco degli Acquedotti. Ubaldo Impallato (Alberto Sordi) è un maestro di musica che insegna come precario nelle scuole della periferia romana. Una sua lezione si svolge proprio nel, dove, oltre a mostrare agli alunni le vestigia del mondo antico di fronte all’Acquedotto Claudio, approfitta per far raccogliere dai bambini un po’ di verdure per un pasto.
Il Conte Max, Giorgio Bianchi (1957) Via Vittorio Veneto. Qui si trova l’edicola di Alberto Boccetti (Alberto Sordi), che cercherà di carpire utili consigli dal Conte Max Orsini Varaldo (Vittorio De Sica).
Una vita difficile, Dino Risi (1961) Complesso monumentale di San Michele a Ripa Grande (ex carcere minorile) oggi sede di diversi uffici del MIBACT. Silvio Magnozzi (Alberto Sordi) sconta una condanna per le sommosse avvenute a seguito dell’attentato a Togliatti nel 1948.
Il medico della mutua, Luigi Zampa (1968) Ponte Regina Margherita. Il corteo funebre che accompagna il dottor Bui sfila lungo il ponte che collega Piazza della Libertà a Lungotevere Arnaldo da Brescia. In testa Guido Terzilli (Alberto Sordi
Nell’anno del Signore, Luigi Magni (1969) Piazza del Popolo. In Piazza del Popolo (ricostruita negli studi di De Laurentis) i due carbonari Targhini (e Montanari sono condotti al patibolo. Nella piazza reale, la Basilica di Santa Maria del Popolo, (la chiesa di fronte al patibolo nel film) dove il frate scrive il nome dei suppliziati.
Polvere di stelle, Alberto Sordi (1973) Galleria Alberto Sordi. Mimmo Adami (Alberto Sordi) e sua moglie Dea Dani (Monica Vitti) passeggiano nella Galleria Colonna per farsi notare e trovare un ingaggio.
I nuovi mostri, Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola (1977). Piazzale Ugo La Malfa – Monumento a Giuseppe Mazzini. L’aristocratico Giovan Maria Catalan Belmonte (Alberto Sordi) soccorre un uomo investito da un’automobile di fronte al monumento a Giuseppe Mazzini, nei pressi del Roseto di Roma. Dopo aver tentato invano di trovare ricovero per il ferito in tre ospedali, il cinico protagonista lo riporta al punto di partenza, che nel film è identificato come monumento a Mussolini.
Il Marchese del Grillo, Mario Monicelli (1981) Piazza della Bocca della Verità, Piazza del Grillo, Casa dei Cavalieri di Rodi, Via Sant’Angelo in Pescheria, Parco degli Acquedotti. Sulla splendida Piazza della Bocca della Verità, in realtà ricostruita in studio il marchese (Alberto Sordi) assiste stupito alla decapitazione dell’amico Don Bastiano (Flavio Bucci), condannato per eresia.
Mario Monicelli sceglie il bel loggiato della Casa dei Cavalieri di Rodi per ambientare le scene esterne dell’abitazione del Marchese Onofrio del Grillo (Alberto Sordi). Qui sono lo splendido loggiato dell’edificio e i suoi affacci sui Fori Imperiali e Palazzo Venezia. Via Sant’Angelo in Pescheria, anche se nel film viene chiamata Via dei Banchi Vecchi è la strada dove Onofrio del Grillo fa murare una porta ponendoci davanti, per di più, un orinatoio pubblico. Nel Parco degli Acquedotti durante uno spostamento in carrozza, Onofrio del Grillo (Alberto Sordi) condivide con l’amico francese, il capitano Blanchard (Marc Porel), la meraviglia per la visione del Papa e dei fasti che lo circondano. I due costeggiano le imponenti strutture dell’Acquedotto Claudio.
Il tassinaro, Alberto Sordi (1983) Palazzo Pamphili, Via Margutta, Studi Cinematografici di Cinecittà, Piazza di Monte Citorio. In Via Margutta il tassista Pietro Marchetti (Alberto Sordi) va a prendere un cliente. Ad aspettarlo c’è Federico Fellini, interpretato da se stesso (che nella realtà viveva proprio in Via Margutta 110). Al termine della corsa sul suo taxi “Zara 87”, Alberto Sordi conduce Federico Fellini, alla meta: gli Studi di Cinecittà, “il tempio di tutte le cinematografie del mondo”. In Piazza Montecitorio si conclude il viaggio del tassista Pietro Marchetti (Alberto Sordi) trasportando Giulio Andreotti, interpretato da se stesso. Nello stesso film, nei pressi di Palazzo Pamphilj l’attrice Silvana Pampanini, impersonando se stessa, attende il taxi. Sordi la scambierà per un’altra attrice famosa: Sylva Koscina.
Tutti dentro, Alberto Sordi (1984) Il film si apre con una panoramica che dalla Cupola di San Pietro arriva al conosciutissimo “Palazzaccio”, il vecchio palazzo di giustizia di Roma, in sostanza, simbolo, reso tra l’altro splendidamente come al solito nei suoi film di denuncia, del profetico giudice Annibale Salvemini (Alberto Sordi), solo otto anni prima di Tangentopoli.
Termino qui questo inusuale ricordo di Alberto Sordi e non vi nascondo che rovistando tra il materiale di repertorio una lacrima mi è spuntata all’angolo dell’occhio. Prima di lasciarvi voglio proporvi una delle sue ultime interviste. Un triste saluto da un metro e mezzo.