Alessia Pifferi capace di intendere e di volere. Lasciò morire di stenti la figlia di 18 mesi per “tutelare i suoi desideri di donna”
MILANO – Era capace di intendere e di volere Alessia Pifferi, la 38enne che nel luglio 2022 ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni.
Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, depositata oggi e disposta dalla Corte d’Assise di Milano nel processo per omicidio volontario aggravato
“Al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche adottato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse”, scrive il perito Elvezio Pirfo nella perizia spiegando che la donna, che ha lasciato morire la figlia, non ha “disturbi psichiatrici maggiori”, né “gravi disturbi di personalità”.
Conclusioni in linea con quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente. La 38enne rischia la condanna all’ergastolo.
“Il problema è che la mia mente si è spenta, si è proprio distaccata dal ruolo di mamma”. Così Alessia Pifferi, in uno dei numerosi colloqui nell’ambito della perizia psichiatrica depositata oggi, ha tentato di spiegare il suo comportamento, ovvero l’aver lasciato da sola in casa per sei giorni la figlia Diana di meno di 18 mesi, morta per fame e sete. “Oggi mi sento un cattiva madre”, dice ancora, rispondendo alle domande del perito e dei consulenti di parte.
La “spettacolarizzazione mediatica subita da questa drammatica e tristissima vicenda avrebbe potuto costituire un’indiretta pressione psicologica sul Perito e sui Consulenti di Parte”, ma “tale rischio non si è realizzato perché l’attività peritale si è svolta in maniera professionalmente serena grazie all’atteggiamento di collaborazione tenuto dai Consulenti di Parte nei confronti dello scrivente, pur nelle differenze delle proprie valutazioni cliniche e forensi, permettendo così di realizzare l’osservazione peritale nell’assoluta normalità ‘tecnica’”.
Lo scrive lo psichiatra forense Elvezio Pirfo nella perizia depositata oggi sul caso di Alessia Pifferi. Il pericolo di “pressione” sui periti avrebbe potuto esistere, si legge, “soprattutto perché in questo tipo di accadimenti il rischio è che si crei un circolo vizioso tra il tipo di reato e le modalità con cui è stato commesso da una parte e un’automatica o psichiatrizzazione delle motivazioni o valutazione moralistica dall’altra”.
Rischio evitato, conclude il perito.