Alla scoperta della “Roma di Sotto”. Mille meraviglie e sorprese tutte da vedere

Nel corso dei miei articoli su Roma, abbiamo visitato cimiteri, catacombe, scavi abbandonati, opere d’arte, fontane, persino i morti non si sono salvati e sono stati oggetto di chiacchierate sulle loro apparizioni a zonzo per l’Urbe.

Credo sia ora di fare una passeggiata nel sottosuolo, che pure lì c’è roba da vedere.

Non vi romperò le scatole con la Cloaca Massima: se ne è detto e scritto a sufficienza per una fognatura.

Quello che sto per raccontarvi non è proprio conosciutissimo, quindi, parlandone, alla fine lo sapremo solo noi e pochi altri.

AUDITORIUM DI MECENATE

A due passi dalla stazione Termini, al centro dell’Urbe, dove Largo Leopardi incontra via Merulana, c’è una antica costruzione quasi anonima, sotto la sua pavimentazione, però, esiste un sito storico: l’Auditorium di Mecenate. Per ben capire il posto dobbiamo, però, fare un piccolo sforzo mentale e catapultarci nel I sec. A.C. .

A Roma nel I Secolo a.C.

Siamo a Roma, fa un caldo bestia, la polvere della strada ci ricopre i calcei quelle benedette scarpe da passeggio che bisogna calzare obbligatoriamente ogni volta che si esce da casa. L’afa ci affligge e non sappiamo come difenderci dalla calura. Gelati manco a parlarne a meno che qualcuno riesca a conservare e vendere un po’ di neve col miele sopra, ma a Roma è difficile. Cosa fare? Perché non recarsi da Mecenate? Possedeva quella bella sala rinfrescata, che accoglieva quasi tutti e dove, volendo, si scambiavano i propri pensieri con persone dalla mente illuminata.

Averlo in amicizia era una gran bella cosa: uomo ricco, potente, amico dell’imperatore Augusto e soprattutto protettore delle persone colte e degli artisti; magari con un po’ di fortuna si incontravano Virgilio e Orazio oppure Batillo, il liberto intellettualoide di vent’anni più giovane di lui del quale pare ne fosse follemente innamorato! Oè lo dicevano Tacito e Orazio amici suoi… .

Arrivati alla villa di Mecenate, e fatti i debiti scongiuri perché lì una volta c’era un cimitero, appena lo schiavo apre la porta, una ventata d’aria fresca raggiunge il volto. Scesi un po’ di gradini ecco la sala. Sul fondo, da una fontana enorme che occupa tutta la parete, l’acqua saltella su una serie di gradini quasi balze di una cascata. Tutto intorno nicchie con finti balconi e finestre che si affacciano su giardini bellissimi con cieli attraversati da voli d’uccelli mirabilmente dipinti. Vicino al soffitto scene dionisiache innalzano il morale degli ospiti. Tutto è bello, tutto è fresco, la compagnia è buona e soprattutto non c’è caldo.

Rieccoci

Torniamo nel nostro tempo. Siamo nel quartiere Esquilino in un angolo che è l’unico luogo della zona non invaso dai negozietti cinesi. Il sito è impressionante per la bellezza ed è esattamente come descritto nella nostra visita immaginaria (tranne l’acqua che non scorre più). Era probabilmente una sorta di “triclinio estivo” dove la gente andava a godersi un po’ di frescura. Non proprio tutta la gente: era un posto raffinato, un cenacolo di intellettuali. Questi tizi, durante la calura, se ne andavano lì a rinfrescarsi, passeggiavano intorno discutendo amabilmente o si adagiavano mollemente sui loro bravi triclini parlottando di politica, teatro, filosofia, poesia e di tutto quello che faceva tanto “intellettuale” (se non d’altro…). Pure oggi, in certi salotti romani, non è che la cosa sia così diversa… .

MITREO E CHIESA PALEOCRISTIANA DI SAN CLEMENTE

Usciti dall’Auditorium, tornando indietro, incontriamo Via Labicana. Vi propongo di visitare la Basilica di San Clemente: ne vale la pena. Cosa ha di particolare? È una chiesa stratificata su più piani.

Il primo corrisponde alla basilica attuale, medioevale; il secondo alla basilica antica del IV secolo DC, costruita in un edificio già dimora di un patrizio romano; l’ultimo livello, il più basso, databile al I secolo DC, composto da un insieme di costruzioni romane: un magazzino (Horreum), un edificio residenziale (insula) e un annesso luogo di culto (mitreo) che risale al II sec. d.C. . Il luogo di culto del Dio Mitra conserva ancora i banconi di pietra su cui venivano accolti gli iniziati e una nicchia con la raffigurazione del dio che uccide un toro.

I fumetti e la parolaccia

Siccome non si può mai stare tranquilli, la Basilica ospita una delle curiosità più uniche che rare del latino volgare: ci troviamo al cospetto della prima “parolaccia” scritta su un muro e datata tra il tra il 1084 e l’inizio del 1100 d.C., meglio nota come “l’iscrizione di San Clemente e Sisinnio”.

Il testo:  “Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!”ce significa “Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate! Carvoncello, spingi da dietro con il palo”. Adesso vi spiego l’arcano significato del testo: L’iscrizione descrive il dialogo di quattro personaggi colà affrescati. L’episodio è tratto dalla Passio Sancti Clementis: il prefetto Sisinnio ordina ai suoi servi di trascinare in prigione San Clemente, il quale nel frattempo si era liberato dalle sue catene per cui i babbei, senza accorgersene,  stavano trascinando al suo posto una pesante colonna.

La conversazione era pressappoco così: SISINNIO: “Figli di puttana, tirate!“; GOSMARIO: “Albertello, tira!”; ALBERTELLO: “Mettiti dietro a lui col palo, Carboncello!”; SAN CLEMENTE: “A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi“.

Vi riporto l’immagine dell’affresco assieme a una versione del testo comprensibile per far meglio intendere la successione delle frasi. Una curiosità: è stato universalmente considerato il primo fumetto della storia.

DOMUS AUREA E LA SALA OTTAGONALE

Dal momento che siamo in Via Labicana, raggiungiamo Colle Oppio, poco distante, per visitare una sala non molto conosciuta che fa parte del complesso della Domus Aurea. Lasciamo la basilica e pian pianino andiamo a visitare l’abitazione di Nerone.

Della sua casa se ne son dette tante soprattutto sulla sua imponenza. Vi fornisco qualche numero: 150 stanze per un’estensione complessiva di 16.000 metri quadrati; 30.000 metri quadri di pareti decorate con affreschi e stucchi e volte alte fino a 12 metri.

La Domus era completamente ricoperta d’oro, pietre preziose, conchiglie e perle, mentre i soffitti delle sale da pranzo erano caratterizzati da tavolette di avorio mobili. Presso la casa era stata costruita una enorme statua di bronzo dorato alta 35 metri e poggiata su un piedistallo di 11 chiamata all’epoca “Colossus”: effigiava l’imperatore in veste di dio Sole. La casa, che nel suo comprensorio di 250 ettari ospitava un lago artificiale, dei giardini ed un bosco, fu progettata dagli architetti Celere e Severo ed edificata in appena 4 anni!

https://youtu.be/WZsaRMxVwiM?t=581

Quello che ci interessa di tutto questo ambaradàm è una sala ottagonale conosciuta col nome di “sala 128”. Semi interrata, il soffitto è formato da una cupola a padiglione. La luce illumina il salone diffondendosi da un oculus centrale che si affaccia alla superficie del terreno soprastante. Una cosa simile al Pantheon con la differenza che la struttura di Agrippa sorgeva sopra al suolo.

La funzione della sala

A che serviva questa stanza? Svolgeva la funzione di sala per banchetti e per questo chiamata “coenatio rotunda”. Era un salone sfarzoso e scenografico. Al suo interno, una struttura di legno, girava lentamente giorno e notte, grazie a dei sistemi idraulici, compiendo una rotazione completa in 24 ore.

Le decorazioni furono affidate al pittore romano Fabullus, un tipo strano di cui Plinio il Giovane fornisce curiosi aneddoti tra i quali l’abitudine dell’artista di dipingere indossando la toga, pure sulle impalcature. Di lui disse “La Domus Aurea fu come la prigione dell’arte sua: fuor di là non esiste gran che di lui.” Morto Nerone, i successori, per oscurare la memoria delle sue nefandezze, spogliarono la Domus Aurea dei marmi e di tutto quello che si poteva “asportare” quindi la interrarono completamente. Si narra che attorno al 1400 un pastore cadde inavvertitamente nell’oculus della sala ottagonale rimanendo sbalordito dai suoi affreschi. Successivamente Pinturicchio prima e Raffaello poi si calarono nel foro e pare abbiano tratto ispirazione dalla vista di quella “grotta affrescata” tanto da riprenderne lo stile e struttura creando quello delle “grottesche”.

IL NUOVO BUNKER DI MUSSOLINI

Un salto a Piazza Venezia lo vogliamo fare? Dài siamo vicini: basta raggiungere il Colosseo (a un tiro di schioppo) e percorrere Via dei Fori Imperiali.

Il Bunker

Giunti in quella storica piazza memore di tante riunioni in camicia nera sotto a un balconcino, ci ritroviamo vicini al dodicesimo bunker destinato alla sicurezza del Duce. Nessuno sapeva un’acca della sua esistenza tanto era ben nascosto. La scoperta risale al 2010 e si trova nel Palazzetto San Marco al lato di Palazzo Venezia. Si tratta di nove stanze accessibili da una botola di legno poste a una ventina di metri di profondità. Come si arrivò alla scoperta?

Il suo ritrovamento fu dovuto a circostanze fortuite. Durante i lavori di riqualificazione del piano terra del palazzetto, sgomberando alcuni magazzini, fu scoperta, sul pavimento, una botola in legno e ferro. Sollevata si è trovato l’accesso ad una vecchissima scalinata in mattoni. La soprintendente e il direttore dei lavori, torcia elettrica alla mano, si calarono giù per circa sei metri ritrovandosi in una specie di caverna ricavata tra le murature medievali della costruzione.

Interno del bunker

A destra nove piccole stanze disposte a formare un quadrato tutte in cemento armato: indubitabilmente un bunker. Non si hanno documentazioni sulla costruzione di questa struttura blindata che, probabilmente, fu iniziata attorno al 1942. L’opera è incompleta e sulle pareti e sui pavimenti ci sono dei fori destinati, con tutta probabilità, al sistema di aerazione e a quello fognario. I muri perimetrali, raggiungono lo spessore di due metri. Una curiosità: il ricovero è posta nella parte di palazzo dove, all’ultimo piano, c’era l’appartamento privato di Claretta Petacci. Considerando che la esiguità dell’opera possiamo ipotizzare che il buon Benito avesse voluto un rifugio d’emergenza per sé, per Claretta Petacci e per pochi fedelissimi. Non fece in tempo a vederlo finito perché fu arrestato prima.

DOMUS ROMANE DI PALAZZO VALENTINI

Da Piazza Venezia a via IV Novembre son due passi ma vale la pena farli per raggiungere il civico 119/A: Palazzo Valentini, sede della ex provincia di Roma. Questo palazzo rappresenta uno dei paradossi romani più incredibili. Perché? È quasi il simbolo dell’eccesso d’arte e storia a Roma. L’Urbe ne è talmente piena che alle volte dei capolavori assoluti come quello che vado a raccontarvi sono dimenticati e qui ne abbiamo l’esempio. Nascosto all’interno del palazzo un vero e proprio tesoro d’epoca romana attualmente visitato da qualche manipolo di stranieri. Se provate a chiedere ai romani informazioni su Palazzo Valentini e il suo storico contenuto pochissimi vi sapranno rispondere. Diamo uno sguardo a cosa si nasconde nelle sue fondamenta.

Nel sottosuolo di questo palazzo del XVI secolo sono celate delle Domus Romane non solo conservate benissimo ma comprensive di un impianto termale. Appartennero molto probabilmente a dei Senatori dell’età imperiale.

Cosa diavolo è una domus? Era una costruzione signorile, di pianta rettangolare, costruita con mattoni o calcestruzzo. Non aveva finestre verso l’esterno ma era totalmente aperta verso l’interno. Insomma al centro della casa c’era una specie di cortile quadrangolare con un buco sul soffitto, pure quello della stessa forma, dove si affacciavano porte e finestre della casa. Al centro l’impluvium, una sorta di vasca poco profonda che raccoglieva le acque piovane sennò l’acqua entrava in casa.

La visita

Visitare il sito è un’esperienza indimenticabile. Scese le scale che conducono agli scavi, sarete accompagnati dalla voce di Piero Angela che  vi seguirà illustrando il complesso con l’ausilio di ricostruzioni olografiche.

Non solo domus, nel percorso, ma anche alcune curiosità legate al Palazzo stesso quali le fosse usate per smaltire i rifiuti prodotti all’interno del complesso. Al termine del percorso un documentario racconta la conquista della Tracia illustrata nei bassorilievi della colonna Traiana. Potrete osservare la storica colonna dal vivo  attraverso una grata posta all’altezza degli scavi che agevola l’osservazione del monumento da una particolarissima angolazione.

Molte sono le “cose” sotterranee di Roma ancora da descrivere, vi ho citato quelle più a portata di mano e in alcuni casi di più recente ritrovamento; se venite nella Capitale andatele a vedere. Non dimenticate che la visita deve essere prenotata. Vi saluto, accaldato, da un metro e mezzo di distanza.

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