Allarme assistenza sanitaria nell’aquilano lanciato dalla Cgil: «Troppi precari e troppi lavoratori prossimi alla pensione»
L’AQUILA – Sanità pubblica nell’aquilano fortemente a rischio anche sul versante personale. Da una parte il forte ricorso a contratti a tempo determinato, e dall’altro la presenza di personale ultrasessantenne prossimo alla pensione.
Una situazione che, soprattutto in un territorio come quello coperto dalla Asl1, non può certo andare acanti in questo modo.
A lanciare l’allarme è la Cgil provinciale dell’Aquila che sottolinea come, questa situazione, crea precarietà e preoccupazione sia nei lavoratori,sia nelle popolazioni.
Questa la nota diffusa dal segretario provinciale della Cgil L’Aquila, Francesco Marrelli e dal segretario Fp-Cgil provinciale dell’Aquila, Anthony Pasqualone.
«Da una analisi del Conto Annuale pubblicato dalla ASL 1 Avezzano Sulmona L’Aquila, relativo all’anno 2021, continua inesorabilmente ad emergere un aumento del lavoro precario e flessibile ed un diminuzione del personale a tempo indeterminato.
Infatti, tra il 2020 ed il 2021, in continuità con la tendenza dell’ultimo decennio, si riscontra una ulteriore diminuzione dei lavoratori assunti stabilmente dalla ASL di n. 61 unità lavorative, passando da 3264 addetti a 3203 e, nel contempo, si riscontra che circa il 25% del personale del Sistema Sanitario Pubblico provinciale è assunto con contratti di lavoro precari, tra cui tempi determinati, somministrazione e contratti di collaborazione a cui va aggiunto tutto il personale esternalizzato nel corso degli anni dalla ASL.
Questa condizione è generata anche dalla mancata applicazione del turnover al 100%, risultano infatti cessati nell’anno 2021 n. 189 lavoratrici e lavoratori a fronte di 128 assunzioni, con un turnover applicato al 67%.
Desta, inoltre, ulteriore preoccupazione – sempre relativamente alla corretta applicazione del turnover – le uscite di personale che nel corso dei prossimi anni potrebbero comportare una riduzione della forza lavoro; infatti 611 unità lavorative risultano avere una età compresa tra i 60 ed i 64 anni e 139 unità lavorative tra i 65 e 67 anni.
La condizione su descritta, genera precarietà di vita delle persone, continuamente legate ai rinnovi contrattuali senza alcuna garanzia per il futuro e, contestualmente, determina anche instabilità dei servizi erogati e concreta difficoltà nella programmazione delle linee di attività sanitaria.
Dobbiamo, purtroppo, constatare, che in questi anni non sono pervenute le risposte necessarie a rideterminare in maniera strutturale il potenziamento del servizio sanitario pubblico, al contrario gli interventi sin d’ora adottati hanno continuato a frammentare e parcellizzare un sistema già in difficoltà. È mancata una direttiva di sistema che avesse come linea di indirizzo il potenziamento dei servizi sanitari pubblici, l’aumento delle risorse per le assunzioni di personale, l’incremento della medicina territoriale ed il rafforzamento delle attività ospedaliere.
Il fabbisogno di personale legato alla spesa del conto economico annuale non è funzionale all’erogazione dei servizi sanitari, anzi rischia di produrre un duplice danno: la compressione dei diritti dei lavoratori, sottoposti ad un continuo sfruttamento dovuto alla esiguità degli addetti e la precarietà come fattispecie ordinaria di contrattualizzazione del personale. Il tutto a discapito dei reali bisogni delle nostre comunità che riescono ad accedere alle cure ed ai servizi sanitari erogati dal sistema sanitario pubblico con sempre maggiore difficoltà.
La politica e le istituzioni in questa fase storica dovrebbero assumere un impegno concreto ed inderogabile finalizzato al definitivo superamento dei Tetti di Spesa per il personale del sistema sanitario pubblico.
Intervento questo che, mai come oggi, risulta necessario anche in considerazione dei prossimi investimenti per il potenziamento della medicina territoriale attraverso i fondi del PNRR, indirizzati alla costituzione delle case di comunità e degli ospedali di comunità, che in assenza di nuovo personale da assumere rimarrebbero strutture vuote e prive di funzioni essenziali o ancor peggio privatizzate, arrecando di nuovo un pregiudizio all’assistenza sanitaria per le nostre comunità e rendendo inefficace la spesa di ingenti risorse.
Una visione di sistema della sanità pubblica deve tenere dentro diverse questioni essenziali come la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, il superamento della divisione tra ospedale e territorio, l’aumento della spesa per il personale e per gli investimenti in tecnologia, la garanzia di un servizio sanitario universale, uguale e diffuso per tutte e per tutti».