Amianto nell’Esercito Italiano: il TAR del Lazio condanna il Ministero della Difesa al risarcimento eredi per la morte del Maresciallo Giuseppe Lazzari
Dimostrato il nesso di causalità di esposizione ad amianto e ad uranio impoverito e mesotelioma
ROMA – Allievo infermiere specializzato, prima nell’ospedale militare di Chieti, poi sui terreni di guerra, fino a spegnersi prematuramente a 46 anni.
Il TAR del Lazio ha condannato il Ministero della Difesa al risarcimento del danno subito dal Maresciallo capo Giuseppe Lazzari di Torre Annunziata che, all’età di 46 anni, è deceduto per mesotelioma nel servizio nell’Esercito Italiano dal 1992 al 2010, con missioni anche all’estero in territori contaminati da fibre di amianto e con radiazioni per l’uso di proiettili all’uranio impoverito.
Il Ministero aveva rigettato le domande della vedova e degli orfani, ancora minorenni all’epoca della morte del papà (la figlia Roberta aveva 17 anni e il figlio Armando 13).
La loro vicenda era giunta all’Osservatorio Nazionale Amianto e all’Avv. Ezio Bonanni, che non si sono dati per vinti e hanno sostenuto la famiglia nella lunga vicenda giudiziaria, dieci anni di battaglie legali, prima presso il Tribunale di Pescara per il riconoscimento dello status di vittima del dovere, e successivamente al TAR del Lazio con la pronuncia di riconoscimento della causa di servizio, passata in giudicato il 26 gennaio 2022, e l’altra, decisione, di questi giorni, che condanna anche al risarcimento del danno.
E’ stato finalmente sancito il fatto che, oltre alle fibre di amianto, anche le radiazioni e le nanoparticelle di uranio impoverito legate ai proiettili e alla loro esplosione sono dannose per la salute e provocano il mesotelioma.
Non è finita qui, perché la causa prosegue per l’opposizione del Ministero a risarcire e perché bisogna determinare l’importo del danno.
Oltre all’Uranio impoverito nel corso della sua vita lavorativa Lazzari era stato esposto all’asbesto presente nelle cucine da campo utilizzate nelle missioni all’estero, nei mezzi corazzati usati negli spostamenti.
La presenza di amianto è stata accertata, inoltre, negli elicotteri impiegati dall’esercito italiano. “In tutte queste situazioni – è stato più volte ribadito in sentenza – il militare avrebbe operato privo di dispositivi di protezione e non sarebbe mai stato informato della presenza di agenti patogeni […]”.
Ora il Tar del Lazio oltre a richiamare il principio per cui “l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure necessarie che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”, ribadisce il “dovere dell’Amministrazione della Difesa di proteggere il cittadino-soldato da altre forme prevedibili e prevenibili di pericoli non strettamente dipendenti da azioni belliche, … dotandolo di equipaggiamento adeguato”.
“Questo processo è stato anche un motivo per ricordare di mio marito– ha commentato sollevata la vedova, Anna Odore, che sottolinea– “ho voluto portare avanti la sua volontà di abbattere un sistema che negava gli effetti derivanti dall’amianto e dall’uranio impoverito”.