“Arrivano i nostri” per la sanità in zona Pnalm. Marrelli (Cgil L’Aquila): «La richiesta di intervento dell’Esercito rappresenta un’offesa e l’ennesimo fallimento!»
AVEZZANO – Sarà l’Esercito Italiano a garantire la sanità emergenziale nella zona dei comuni del Parco Nazionale d’Abruzzo, a partire da Pescasseroli, al posto di strutture della Asl1 e della Regione.
Questa sarebbe la soluzione, stando a quanto afferma la Cgil provinciale dell’Aquila, che sarebbe stata adottata dalla dirigenza dell’azienda sanitaria aquilomarsopeligna, e dalla Regione Abruzzo.
Una soluzione che, ovviamente, trova la netta contrarietà del sindacato che parla di manifesta incapacità di affrontare questa situazione oltre che totale volontà politica di dare risposte serie e programmatiche alle aree interne, e non solo in tema id sanità.
Questa la nota, che in realtà è un vero e proprio “jaccuse” del segretario generale della Cgil L’Aquila, Francesco Marrelli.
«Apprendiamo con rabbia e sconcerto della scelta della Direzione Generale della ASL di Avezzano Sulmona L’Aquila di far fronte alle gravi carenze sanitarie nell’area montana dell’Alto Sangro attraverso l’intervento dell’Esercito.
Se tale decisione dovesse trovare conferma – afferma il segretario generale della Cgil provinciale L’Aquila Francesco Marrelli – sarebbe di una gravità inaudita e nel contempo rappresenterebbe una offesa per tutte le popolazioni che vivono nelle aree interne sentendosi trattate in termini emergenziali.
L’intervento militare in un’area che necessita di ben altre scelte ed attenzioni è la manifestazione plastica del totale fallimento della capacità amministrativa e programmatoria della Direzione Strategica della Asl e dell’Assessore Regionale alla Sanità, nonché il fallimento della politica nell’individuazione del Direttore Generale che, com’è noto a tutte e tutti, è di nomina ed appartenenza politica delle maggioranze che si susseguono al governo della Regione Abruzzo.
È ormai palese il disinteresse verso i bisogni della nostra comunità, conta più una tessera di partito del diritto alla salute e alle cure, conta più una carriera personale della dignità delle persone, conta più un conto economico della vita di chi si ammala.
L’utilizzo dell’Esercito – prosegue Marrelli – avviene di norma nelle fasi emergenziali e noi di nuovo ripiombiamo in quella condizione, ma questa volta a causa di scelte sbagliate, parziali e approssimative, a causa di una inammissibile disattenzione e sottovalutazione. Infatti, non siamo in emergenza per eventi eccezionali ed improvvisi o per calamità naturali, ma semplicemente perché chi avrebbe dovuto svolgere il suo dovere non l’ha fatto, mortificando un intero territorio ed una popolazione che continua a vivere una condizione di precarietà ed abbandono.
L’utilizzo delle forze militari è un atto grave, è l’ammissione di responsabilità di un fallimento preannunciato, aggravando quel senso di precarietà e smarrimento che da troppo tempo attanaglia la popolazione del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise.
Le aree interne meritano attenzione e non la dichiarazione dello stato di emergenza attraverso la presenza dell’Esercito.
Si risponde alle necessità dei territori con la capacità di programmare gli interventi, con la consapevolezza dei bisogni e con la conoscenza del territorio, tutti fattori estranei a questa Direzione Strategica della ASL e alla Regione Abruzzo.
Interventi temporanei e sconclusionati – accusa il segretario della Cgil L’Aquila – solo per sbarcare la prossima competizione elettorale non servono a nulla, non riconsegnano dignità alle persone, ma producono ulteriori danni, rischiano di generare un vulnus non più recuperabile.
Adesso basta davvero, si è superato il limite della decenza e per questa ragione il giorno 1 febbraio 2024, ore 11, saremo di nuovo in piazza, sotto la Direzione Generale della ASL dell’Aquila, a manifestare il nostro dissenso verso scelte che non ci appartengono, non condividiamo e che contrasteremo in ogni modo.
Torniamo a ribadire che abbiamo bisogno di attenzione, di programmazione, di investimenti, finisca la narrazione tossica del “va tutto bene” e si affrontino i problemi veri come l’accesso alle cure, il diritto alla salute, il mantenimento del sistema sanitario pubblico, universale e gratuito, si torni a rappresentare i bisogni delle persone, partendo dalle loro condizioni materiali e dalle loro necessità.
Basta disuguaglianze – conclude Marelli -, vivere nelle aree più remote della nostra provincia non può più essere un problema, ma deve essere una opportunità.
Scriveva Walter Benjamin che “la tradizione degli oppressi ci insegna che lo stato di emergenza in cui viviamo è la regola”».