“Betafence” di Tortoreto. Cipolletti (Misto Regione Abruzzo): «Iniziative chiare per evitare delocalizzazione e desertificazione»

TORTORETO – Piani industriali chiari, investimenti certi ed iniziative volte a smascherare eventuali ipotesi di chiusura per delocalizzare l’impianto.

Questa l’estrema sintesi dell’intervento del consigliere regionale del Gruppo Misto, ex Cinquestelle, Marco Cipolletti, in relazione all’annosa vertenza dei lavoratori della Betafence di Tortoreto.

Come noto, infatti, ormai da anni i lavoratori della società del Gruppo Carlyle, sono in stato di vertenza per l’ipotesi di chiusura dello stabilimento.

Una chiusura al momento senza prospettive certe e con l’incubo della delocalizzazione e disoccupazione.

Un incubo che poi, chiarisce bene Cipolletti, si tradurrebbe anche nella desertificazione del territorio.

Questo l’intervento del consigliere regionale Cipolletti.

La nota del consigliere regionale del “Misto” Marco Cipolletti

«Con una comunicazione del 21/04/2022 inviata al Comitato di Coordinamento Regionale per la Valutazione D’Impatto Ambientale e recepita dalla Regione Abruzzo, il direttore di stabilimento e gestore della società Betafence Italia S.p.A. sita a Tortoreto ha rinunciato alle autorizzazioni per la plastificazione di fili e pannelli e alla seconda vasca di zincatura.

Marco Cipolletti

Aspetti della produzione, questi, che rappresentano l’elemento qualificante dell’azienda e con autorizzazioni entrambe già approvate.

Una scelta, quindi, che risulta incomprensibile e di rifiuto ad ogni ulteriore sviluppo futuro a meno che le reali intenzioni non siano altre.

Il Gruppo Carlyle, di cui Betafence fa parte, nelle varie operazioni di acquisizioni e cessioni in Europa si è dimostrato interessato solo a ristrutturazioni con riduzioni di personale e delocalizzazioni in Paesi dove il costo del lavoro risulta più basso per poi cedere e realizzare plusvalenze.

Ci auguriamo che non sia così, ma se la volontà della proprietà fosse invece quella di delocalizzare l’attività in Polonia e chiuderla in Italia, la verità deve essere comunicata ai lavoratori.

Finora l’azienda non ha dato un chiaro messaggio di rinuncia al piano di trasferimento delle linee produttive in Polonia, né di chiusura dello stabilimento di Tortoreto.

“L’azienda non ha dato un chiaro messaggio di rinuncia al piano di trasferimento delle linee produttive in Polonia”

Per questo l’auspicio è di non trovarci a dover assistere ad un altro caso, dei molti che si stanno verificando, di delocalizzazione e dumping salariale, perché questo rischierebbe di desertificare un sito produttivo e lasciare a casa centinaia di lavoratori.

Da qui la necessità, quindi, di affrontare il problema delle numerose delocalizzazioni delle multinazionali con fabbriche in Italia che decidono di spostare le produzioni altrove, dove il costo del lavoro impatti in modo minore ma lasciandosi alle spalle i destini dei lavoratori.

In tutto questo, le norme varate dal Governo per arginare il fenomeno non impegnano a mantenere i livelli occupazionali, ma si limitano a gestire la chiusura e i conseguenti esuberi.

Nel caso poi di cessione non vi è in capo al cessionario alcun obbligo di garantire i livelli occupazionali né i trattamenti retributivi e normativi dei dipendenti ceduti e il tutto si può liquidare con il pagamento di sanzioni.

Per questo servono, e con l’urgenza del caso, investimenti e piani industriali che aiutino a mantenere, e a sviluppare, l’occupazione».

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