Borghi fantasma d’Abruzzo. Gli scrigni segreti del teramano

Iniziamo oggi un viaggio attraverso le meraviglie nascoste d’Abruzzo da rivalutare e riqualificare

Gli americani, per quanto popolo giovane essi siano sia rispetto a quello del Vecchio Continente, hanno capito tutto. Faccio un esempio: Ricordate l’epopea del west, le città di frontiera molte delle quali abbandonate? Orbene da quelle quattro cataste di legno marcio gli americani hanno realizzato delle attrazioni turistiche. Sono quattro baracche messe là su un pezzo di terra polveroso ma tanto basta. La gente ci va, compra ricordini nelle bottegucce, soggiorna negli alberghi pure scomodi ma porta soldi e fa macinare il mulino dell’economia locale.

Noi no, noi siamo speciali. L’Abruzzo è una regione meravigliosa da visitare, non passa occasione in cui la sua enorme ricchezza venga ricordata; eppure, altrettanto spesso, ignoriamo che la sua vera, grande ricchezza è quella nascosta e meno nota. Mi riferisco alle cosiddette città fantasma di cui la regione ne è colma. E’ d’uopo una spiegazione: sono considerate come città fantasma tutte quelle località oggi abbandonate e che un tempo erano abitate, in alcuni casi anche strategicamente importanti. Le cause che hanno portato all’abbandono possono essere diverse ma i posti ci sono, stanno ancora lì. Gli edifici sono ormai lasciati a loro stessi e in rovina ma il viaggio per visitarli vale sicuramente la “fatica”. In Sicilia, mica micchi, stanno vendendo i borghi abbandonati a pochi centesimi ad abitazione e già l’iniziativa riscuote interesse: da una parte i media hanno realizzato un serial televisivo sull’argomento, dall’altro si sono mossi anche dall’estero per acquistare case. Che poi non è che ci sia molto da capire, i posti potrebbero essere riqualificati come centri residenziali, centri commerciali, case vacanze, fornire ulteriori occasioni di lavoro e sono tutti luoghi suggestivi, qualcuno è stato anche location di film fornendo un valore aggiunto al paese. Personalmente acquisterei subito una piccola casa in una cittadina fantasma come luogo di vacanze, per ritemprami un po’ dallo stress cittadino.

Vorrei condurvi in una perlustrazione per alcuni borghi disabitati che vergognosamente (a mio dire) versano nell’incuria più totale e che potrebbero essere fonte di lavoro  oltre che testimonianze della cultura regionale. Inizio dal teramano il quale annovera ben ventidue borghi abbandonati (avete capito bene).

Faraone

Faraone  è anche noto come Faraone Vecchio o Faraone Antico. Di fatto è una frazione del comune di Sant’Egidio alla Vibrata, Val Vibrata appunto, in provincia di Teramo.È un piccolo borgo fortificato, praticamente disabitato, fatta eccezione per una sola famiglia che alloggia ancora all’interno delle mura; negli ultimi tempi è stato meta di diverse escursioni, creandogli una certa fama tra i borghi fantasma del centro Italia. Al tempo dei longobardi era un luogo di difesa, poi, come appartenenza, ha avuto una vita ballerina, rimbalzando dal ducato longobardo di Spoleto all’Abbazia di Montecassino, dal Vescovo-conte di Ascoli al Giustizierato di Abruzzo, entrando così a far parte del Regno di Napoli. Per farla breve trovò pace solo  nel 1811, quando l’amministrazione di Faraone verrà incorporata dalla vicina Sant’Egidio. Il suo abbandono iniziò con il terremoto di Castignano del 1943.

Porta Castellana

Per visitarlo si entra  dalla Porta castellana e con molta attenzione è possibile visitarne le vie interne,  la piazzetta e la chiesa di Santa Maria della Misericordia. Naturalmente nulla è protetto e se qualcuno si fa male, lì rimane. Il posto è bello, andrebbe curato, offerto alla curiosità dei turisti, anche perché gli scorci fanno rimanere senza fiato! L’arco posto come ingresso del paese è decorato con un bassorilievo dello scultore Ghino Sassetti raffigurante una Madonna col Bambino alla quale San Giovannino offre il paese.

Particolari di Santa Maria delle Misericordie

Appena entrati, sulla piazza,  la Chiesa di Santa Maria delle Misericordie, risalente alla metà del quattrocento e restaurata  nell’ ottocento. Al centro dell’abitato il palazzo dei Baroni Farina, che insieme alla famiglia Ranalli e quella dei Faragalli furono tra i più importanti proprietari terrieri della zona. Un tempo fu sede di un convento di suore. Sul soffitto del piano superiore sono ancora visibili alcune splendide decorazioni.

Per continuare il nostro tour in provincia di Teramo, visitiamo il Borgo di Laturo, una frazione del comune di Valle Castellana. Il nome Lu Lature, secondo alcuni,  nel dialetto stretto di Teramo, sta a significare “area ascolana”, secondo altri deriva dalla coltivazione della cicerchia (Lathyrus sativus), molto praticata in loco fino all’abbandono del comune (anni ’70). Ci si arriva a piedi come novelli Indiana Jones, sfidando la vegetazione che ha avuto la meglio sulla mulattiera. Il posto, abitato fino alla metà dello scorso secolo da circa duecento persone è stato uno dei centri più importanti dei Monti della Laga dedito alla pastorizia e alla lavorazione della legna. Dopo la seconda Guerra Mondiale le famiglie ancora presenti se ne sono andate alla spicciolata 

LATURO

L’emigrazione del Borgo di Laturo ha fatto in modo che le costruzioni rimanessero intatte, donando un aspetto molto particolare  a questa località. Qui è possibile trovare costruzioni in pietra forata e i “famosi” muri a secco, costruiti in questo modo per consentire la coltivazione su terreni scoscesi.. Esiste una Associazione “Amici di Laturo” che si sta facendo in quattro per il recupero del borgo abbandonato.

Laturo scorci

Oggi è di moda l’agriturismo e questo è quanto di più unico si possa trovare. Il silenzio, pace e tranquillità la fanno da padroni. C’è chi vuole fare la vacanza in un convento ebbene questo sarebbe il suo posto, oddio, “sarebbe” perché come tanti luoghi stupendi è un tesoro abbandonato. , anche visiva, nella quale immergersi per riconciliarsi con sé stessi. Scrive il giornale “La Stampa” in un articolo che ben descrive il Borgo: “Costruito molti secoli fa su uno sperone di roccia, è particolare perché lo si può raggiungere solo attraverso boschi ed antiche mulattiere. Questo lo rende uno dei luoghi senza strada più affascinanti che si possono trovare nel centro Italia e chi si reca da queste parti può davvero entrare in un mondo a sé.”

Il borgo di Valle Piola, sito nel comune di Torricella al centro dei Monti della Laga, invece, ha una storia particolare e ve la racconto subito: lo volevano vendere nel 2011 per 550.000 euro! Il prezzo comprendeva 15 edifici in pietra per una superficie di 4.400 metri quadrati e 6 ettari di terreno.

Valle Piola

Persino il quotidiano britannico Daily Telegraph, se ne è occupato e una volta visitato il paese ha pubblicato un reportage pubblicizzandolo. Ecco come ne scrive: “Chi è stanco dei prezzi della Gran Bretagna, di proprietà paralizzanti e intemperie, a 485.000 sterline potrà comprare il villaggio storico di Valle Piola, circondato da terreno montuoso e selvaggio, nel cuore di uno dei più grandi parchi naturali del Paese”.   Dista un tiro di schioppo da Teramo (30 km.) e vale la pena andarci a fare una passeggiata. Melchiorre Delfico, una delle figure più importanti del pensiero politico italiano, si nascose qui, per mesi, in una grotta, pare cibandosi solo di erbe. Il paese è stato set di numerosi film e documentari tra cui “Una Storia di Lupi”, realizzato dal regista teramano Cristiano Donzelli con la partecipazione dell’attore Franco Nero.

Particolarità del paese sono i gafii che ricordano l’antica presenza longobarda nel territorio dei Monti della Laga. Cosa sono questi affari? Il  Gafio, “lu gafie”, prende il suo nome dal termine “Waifa”, che nella lingua longobarda indica un balconcino in legno con tettoia. Pensate che sebbene abbandonati continuano a sostenere sia i carichi della neve sulla tettoia che sul piano di calpestio.

All’interno della parte più antica del borgo si trova un pozzo luce sotto il quale pare ci fosse un sotterraneo che è franato (che nessuno s’è curato di sgombralo). Nel paese sono ancora presenti due porticati sotto i quali passava la strada. Sulla chiave di volta di uno di questi una pietra scolpita con un volto, ma è stata rubata. Nel paese è attivo un rifugio: Quando si potrà, potreste farvi una bella passeggiata nel paese, una botta di trekking tra i monti e una bella scorpacciata in serenità.

Martese

Eccoci a Martese (anch’esso lasciato alla deriva del tempo) merita un cenno a parte: Il 25 settembre del 1943 i tedeschi salirono fino a qui per stanare con la forza i ribelli e costringerli alla resa. I tedeschi, però, non previdero che ci sarebbe stata forte resistenza che diede l’avvio non solo a una battaglia sanguinosa ma anche alla lotta di Liberazione del teramano durata nove mesi. Lo scontro costò ai crucchi 50 uomini, cinque camion e due autovetture. A nulla valsero i cannoneggiamenti del bosco e le rappresaglie per stanare i partigiani.

Anche se non sempre menzionata quella fu una vittoria e un atto di ribellione all’occupazione nazista ed è commemorata annualmente dall’ANPI e dai comuni dell’area alla presenza di studenti, reduci e famigliari dei caduti. Quella non fu proprio una “scaramuccia”: Ferruccio Parri la definì “la prima battaglia in campo aperto dell’antifascismo italiano a cui tutti i resistenti rendono onore”. Quel giorno comunisti, forze armate, civili, italiani e stranieri (soprattutto jugoslavi) combatterono fianco a fianco contro il nemico. A memoria della battaglia rimane un monumento all’inizio del bosco.

Tracciolino di Annibale

Il luogo fu anche oggetto di un evento storico ben più antico: si ipotizza che proprio tra i sentieri di Martese passasse il percorso che prese il nome di “Tracciolino di Annibale”. Di cosa si tratta? Durante la seconda guerra punica (218 a.C. – 202 a.C) Annibale attraversò prima le Alpi e poi gli Appennini. Si tramanda che il generale, dopo la battaglia sul Trasimeno, avesse scelto proprio il valico tra Pizzo di Sevo e Cima Lepri per raggiungere l’adriatico,. Da qui i toponimi: Tracciolino e Guado di Annibale. La verità quasi sicuramente non la sapremo mai ma è suggestivo pensare che il condottiero cartaginese, armi, bagagli ed elefanti, sia passato da queste parti per aggirare le truppe romane.

Ho citato alcuni borghi abbandonati o quasi nella zona di Teramo ma in giro per Rocca Santa Maria ce ne sono a iosa: Acquaratola, Forno, Pomarolo, Tavolero, San Biagio, Serra, Martese.. Una annotazione: Martese, Serra e Tavolero dal 2005 sono stati inseriti nel progetto “Borghi”, promosso dall’amministrazione provinciale di Teramo per essere recuperati a fini turistici. Termino qui la prima puntata di quella che vorrebbe essere una gita lungo l’Abruzzo per visitare questi gioielli abbandonati. A risentirci presto. Un saluto da un metro e mezzo di distanza (che pare non avere mai fine!).

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