Centenario di Alberto Sordi Storia di un italiano che ha raccontato gli italiani
Via San Cosimato a Roma è una strada suggestiva, nel cuore di Trastevere, uno spicchio ancora godibile di quello che era il quartiere tanti anni fa. Al numero civico 7… ops non c’è più, la casa è stata demolita nel 1930 per fare spazio al Palazzo delle Sacre Congregazioni Romane, costruzione di un tale interesse che se lo avessero costruito in piena campagna sarebbe fregato di meno ai romani e che ci vogliamo fare?…
Perché tanto affanno per via San Cosimato? Perché al numero civico citato ebbe i natali Alberto Sordi. Volete che faccio una bella menata sui film che ha diretto o interpretato e su come abbia rappresentato l’Italiano medio? Manco per “gnente”! Quelle cose le leggiamo nella maggioranza degli articoli fotocopia l’uno dell’altro. In questa mia piccola scrittura, invece, vorrei essere meno presente e dare, invece, la parola, proprio a Sordi allo scopo di puntare l’attenzione su quello che lui era veramente. A Roma quando dici “Albertone”, sorridi e pensi con malinconia alla sua immagine, non hai bisogno d’altro, per chi romano non è, bisognerebbe conoscere il suo “spirito” e l’uomo per meglio comprendere l’attore ma è impresa epica in poche righe ci provo? Ma si, vada come vada..
Che Alberto sia stato al di fuori delle righe s’era capito subito quando, da piccolo, cantò come soprano nel coro delle voci bianche nella Cappella Sistina fino a quando il suo timbro si trasformò in quello di basso. La cosa offrirà, successivamente, lo spunto del film “Bravissimo” quando, nei panni di un maestro elementare, tenta di diventare il tutore di un bimbo di sei anni che canta con una stupenda voce baritonale.
Nun se voleva sposà: la cosa non gli andava a genio anche se le donne gli piacevano molto.Raccontò a Biagi: ”facevo il ballerino di fila con 42 ragazze da tutto il mondo. ho bruciato le tappe della sessualità” Pare a voi che nessuno gli abbia mai chiesto perché non avesse preso moglie? Alla domanda rispondeva: “Dubito fortemente di poter essere matrimoniabile!” e a chi gliene chiedeva con più insistenza il motivo: “Non mi sposo perché non mi piace avere della gente estranea in casa!”. Mai cosa fu più vera, era uno spirito indipendente, libero e non voleva avere problemi d’alcuna sorta. Se avesse avuto una moglie ricca, spiegava, si sarebbe dovuto addossare i costi dei suoi capricci, se era povera, questa avrebbe continuamente confrontato il livello di vita di Alberto con quello dei suoi genitori e dei suoi fratelli e lui si sarebbe dovuto accollare tutta la famiglia!
In realtà al matrimonio ci andò molto vicino con una signora austrica, certa Uta Franz. Era stata persino fissata la data dell’evento ma il panico che lo afferrò fu più forte di lui. Affido alle sue parole la narrazione di come la vicenda finì: “ Chiamai allora il mio segretario Bettanini … Gli spiegai qual era la mia volonta e cosa avrebbe dovuto fare. Lui, sia pure con riluttanza, andò da Uta, allungò un po’il discorso per prendere tempo, temendo una reazione violenta, sia da parte di lei che di mamma e papa. Poi facendosi coraggio annunciò: – Mi ha appena telefonato Alberto per dirmi che quest’anno non ci possiamo sposare perché siamo molto occupati-. La reazione di Ute fu piuttosto violenta”.
Fu, invece, catturato dall’attrice che interpretò la moglie di Maigret: Andreina Pagnani. Legato sentimentalmente a lei per nove anni, quando chiese la sua mano ottenne un bel no dopo che l’attrice e soubrette Wanda Osiris, con la quale andò in scena nel teatro di rivista con Gran Baraonda, le svelò che Sordi l’aveva tradita con una delle sue ballerine.
Chi c’era prima di Pippo Baudo? C’era Alberto Sordi che aveva avuto un flirt pure con Katia Ricciarelli, con la quale, di notte duettava brani lirici. Zitto zitto non ne perse una, manco Shirley McLaine.
Nell’estate del 1966, mentre stava girando “Fumo di Londra” e conobbe Elisabeth, una ragazza ventenne; le chiese di poterle fare “un provino”. quindi una particina nel film e poi… che vi devo dire…? Passò con lei un’estate che definì memorabile. Le dedicò la sua celebre canzone Breve amore che poi era la colonna sonora del film
Se proprio di donne importanti nella sua vita ce ne fu una, quella fu la madre che, disse di considerare allo stesso livello della Madonna: senza peccato. Con questo ci siamo levati, se mai ce ne fossero stati, i dubbi su sordi e le donne; andiamo ora a mettere il naso in qualcuna delle sue altre caratteristiche…
Che ne dite della sua tanto decantata tirchieria? In una intervista ebbe a dire: “Sa perché dicono che sono avaro? Perché i soldi non li sbatto in faccia alla gente, come fanno certi miei colleghi”. A dirla tutta, quella della tirchieria era una leggenda metropolitana, maturata negli anni della Dolce Vita in un periodo in cui era, impegnato a girare tre film contemporaneamente (uno al mattino, un altro a metà giornata, il terzo la sera) e non si faceva vedere nei locali alla moda. Alberto era, al contrario, un uomo generosissimo, sempre pronto a far del bene agli altri, dagli anziani disagiati agli orfani, ma non voleva pubblicità. Se proprio lo volete sapere, all’età di 70 anni volle creare una Fondazione dedicata alla cura e all’assistenza qualificata delle persone anziane, orientata anche alla difesa della dignità della persona e del suo diritto alla qualità della vita.
Donò pertanto un terreno dove ora sorge a Roma il Polo di Ricerca Avanzata in Biomedicina e Bioingegneria (PRABB): il Campus Biomedico. Anche l’ospedale pediatrico Bambin Gesù è stato oggetto delle sue elargizioni. In una intervista su Avvenire gli fu chiesto perché sopportava di essere considerato avaro e lui rispose :”Vedi, io sono stato arricchito dalla povera gente che faceva sacrifici per venire a vedere i miei film, per questo mi sarebbe sembrato di offenderli, se avessi ostentato la mia ricchezza”. Ecco perchè non faceva feste faraoniche, anche se Oriana Fallaci racconta in una sua conversazione con Alberto: “…Il caffè è per me, la granita è per lui. – Chiariamo subito, Madame, che la granita la piglio perché mi piace: tirchio non sono. Io la conosco questa voce che circola. Chiariamo subito che se volessi potrei comprarmi il locale. Non lo compro perché non mi va. In questo momento mi va la granita -. Il locale cui allude è la Casina Valadier“.
Penserete che una persona come lui di tutto si occupasse di tutto meno che del trascendente e invece no: era un bigotto di prima grandezza, andava d’accordo con la religione a tal punto che diceva: :”È bello credere, e non si crede facendo tanti ragionamenti: io sono cristiano, la vita mi ha sempre più convinto che il cristianesimo è vero. Che bisogno c’è di ragionarci su?”. Questa frase rappresenta la fede “in nuce”, mai meglio fu descritta, anzi prima di lui la descrisse allo stesso modo Tertulliano: “Credo perché è assurdo“. In una sua intervista l’Attore così spiegò la sua fede: ”Il mio rapporto con il Padreterno si basa proprio sull’educazione che fin da piccolo i miei genitori mi hanno dato così come mi hanno insegnato a camminare e a parlare. Vado a messa, mi confesso, prego ogni giorno, credo nei dogmi e non li discuto.” E ancora sul suo essere credente: “ Certo non mi ritengo un santo, ma per questo c’è la confessione… La nostra pratica religiosa è sempre accompagnata dalla confessione: vieni perdonato dal prete, poi ricadi nello stesso peccato e torni a confessarti facendo il proposito di non ricaderci più. E stai di nuovo come un santo. L’importante è essere sinceri e non barare con il Padreterno. Tanto, dove non arrivo io arriva lui! Questo è quello che mi insegnavano al catechismo, ed erano anni in cui anche se andavi a vedere uno spettacolo di rivista dovevi poi confessarti…” In questo, debbo dire era tipicamente cattolico: pure se faccio i miei peccati, schiaccio due pater ave e gloria e il Padre Eterno mi perdona. Aggiungo io, non solo tipicamente cattolico ma tipicamente cattolico de’ Roma perché come ho avuto modo di dire in altri articoli, noi romani siamo tutti un po’ chierichetti, pensandoci bene, da piccolo lui lo fu nella chiesa di Santa Maria in Trastevere.
Ha scritto recentemente Marcello Veneziani di lui, in un articolo vagamente snob, che Sordi ha rappresentato al meglio il peggio degli italiani, in particolare dei romani. Sordi avrebbe replicato: “E che ce voi fa co’ questi ce vo’ pazzienza…”.
Non tutti sanno, infine che, il presidente americano Truman lo nominò cittadino onorario di Kansas City proprio per il film “Un americano a Roma” e che la voce di Oliver Hardy era la sua. Ho tentato di ricordare qualcosa dell’immenso mondo di Alberto Sordi, spero vi sia stata gradita. Vi saluto da un metro e mezzo.